Elite e Distinzione/ 47 - Silvano Panunzio

La presenza cristiana dell’Aristocrazia, della Sacra Tradizione e del Simbolo nella realtà contemporanea non è così generica e vaga, ma si esplica in un possente richiamo e in un «grande ritorno» agli esempi e alle dottrine delle maggiori scuole monastiche della Cristiana spiritualità e delle maggiori palestre cavalleresche del cristiano eroismo.
 
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Non può la Chiesa essere aristocratica nella sua struttura e predicare fuori dal suo ambito la democrazia, senza ammettere, o che la sua verità è parziale, o che vi sono due verità.

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Quello che impedisce il dispotismo è l’esistenza di una aristocrazia e di una concezione aristocratica della vita, della società e dell’essere.
 
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Quello che qui vogliamo mettere bene in chiaro è che l’aristocrazia - la quale naturalmente non si riduce al sangue e alla ricchezza o alle potenze acquisite - per noi non si limita affatto alla sfera della politica. Il primo pregio, anzi, delle artistocrazie è proprio questo. (...) L’aristocrazia, invece, è effettivamente una concezione della vita non solo politica, ma morale, culturale, spirituale. Una concezione, insomma, che investe tutto l’uomo senza ricorso alla doppia verità. (...) L’aristocrazia non è affatto chiusa perchè non è certo il sangue che la determina.
 
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Quello che si deve restaurare non è tanto l’assoluta (e irrealizzabile) uguaglianza sociale, quanto l’effettiva e disinteressata superiorità della élites, delle guide intellettuali e morali dei popoli. Cristo non fu l’incausatore delle masse, ma il rovesciatore dei farisei, per mezzo di una nuova, suprema, e totale divisa di sacrificio e disinteresse.
 
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