Paolo Emilio Taormina, “Ore piccole” (Giuliano Landolfi Editore) - di Guglielmo Peralta

      Per Taormina, Poesia è avventura(rsi), consegnarsi, anche parzialmente, al lettore e, tramite i versi, andare peregrino “per le strade del mondo” alla ricerca di quella verità che urge dentro, che dà candore e leggerezza all’anima e che, in quanto poeta e amante del bello e del vero, egli desidera partecipare e donare e, soprattutto, ritrovare nel mondo, dove vigono e regnano la superficialità, la menzogna, l’indifferenza, il disamore, l’inganno: insomma, tutto ciò che di negativo si è affermato e si continua a praticare tra gli uomini.  Le “ore piccole” sono quelle della creazione, o del “sogno”, che, se pure resta “impigliato / ai rami dell’alba”, non abbandona il Poeta ma, anzi, rafforza in lui la speranza che gli umani occhi si aprano alla meraviglia; che venga meno la cecità, di cui è segno la caduta degli uomini in quel vuoto che è assenza persistente e profonda di spiritualità, e dunque, della divina pienezza dell’essere, della incapacità di sentirsi parte del Tutto. Confortante, allora, è il tempo sottratto alla quotidianità rumorosa e che si raccoglie nel silenzio delle ore tarde, nel cuore della notte, fecondatrice di sogni e di alati pensieri, quando nella pace sovviene tanta bellezza a confrontarsi e a misurarsi col mondo in rovina, al quale il Poeta non si sente di appartenere e perciò la sua coscienza soffre per mancanza di poesia e d’amore. Da qui, quello slancio a farsi ‘pellegrino’, messaggero dell’amorosa virtù poetica che può sollevare gli uomini dal ‘male di vivere’, cioè, dal non sapere loro scegliere il bene per vivere secondo sentimento e ragione. Ma non bastano le parole; sono “lingua morta”, se non le veste la poesia, se non suonano come “le note di un violino”, se la musica non corrisponde alla bellezza della natura con la quale egli spesso identifica la donna amata,  “naturificandosi”, a sua volta, riuscendo così ad esprimere al meglio la profondità di quel sentimento, che è ‘sentirsi’ parte dell’armonia cosmica. La poesia del Nostro è questo infinito intrattenimento con la Bellezza; è la possibilità di ‘comunicare’, di mettersi in comunione con tutto ciò che cor-risponde alle sue ‘esigenze’ spirituali, all’universalità dei valori e degli ideali ai quali egli conferma la sua fedeltà e che gli consentono di rappacificarsi con sé stesso e col mondo accogliendo di esso ciò che resta di buono e che è ancora possibile conservare, salvare: scampoli di sentimenti, lacerti di coscienza e guizzi di luce che alimentano la speranza.
     Tema centrale e trasversale di questa silloge, ma già caratterizzante l’intera produzione poetica di Taormina, è soprattutto l’amore che, nell’età della senilità, si lega al tempo sempre più in fuga e, dunque, alla memoria come recupero nostalgico del dolce ‘vissuto’ e alla morte, che con l’amore qui è in un rapporto indirettamente proporzionale. Quanto più la vita è vicina al tramonto ed è, perciò, più grave al Nostro l’appressamento alla morte, tanto più immortale è l’amore che lo accompagna e vince il tempo, che se “forse” anche alla sua donna  ha imbiancato i capelli non ha lasciato, tuttavia, che quel sentimento ‘gentile’ appassisse nei loro cuori, “come un filo d’erba / tra le pagine di un libro”. Le ore piccole sono anche l’assenza dell’amata, che “toglie il sonno”  al Poeta e ravviva “la ferita”, lenita dalla ‘presenza’ della donna a lui ‘restituita’ dal sogno memoriale. Ella è presente nella sua intatta bellezza, riflessa nella natura; il suo volto amato gli appare “dalla superficie / del torrente” o in “un raggio / di sole” . Ed è subito poesia! la quale illumina la notte e rende creative le ore piccole. Nel silenzio si apre “il sipario / per la recita dei sogni” che lasciano fuori il mondo, che celebrano la vita e la rendono meno precaria, meno fugace, rispetto all’improvviso  calar della sera quasimodiano. Ma l’alba restituisce “il dramma”, il ‘male di vivere’ che invade ogni cosa, che getta il Poeta nello sconforto e nel ‘timore’ esistenziale dopo le ore vissute “chiuso nel (suo) guscio” in solitudine ma con tanto ‘tremore’, con tanta bellezza nel cuore. Così procede la sua vita, tra alti e bassi, tra poesia e prosa, tra il fecondo lucore notturno e le aride ombre diurne, durante le quali mutano i sentimenti, gli occhi perdono la purezza del sogno, cala “una nebbia” nel suo cuore impedendogli di dare forma a “una poesia” e di trarla alla luce. A compensare questa difficoltà creativa, a fare fronte allo smarrimento per la ri-caduta nel tempo della vacuità e nel pensiero dominante della morte, inter-viene la poesia dell’infanzia, destata dai ricordi, dalla memoria volontaria che consente al Nostro di ritrovare le “antiche primavere”, il caldo abbraccio della casa, animata dalla presenza della madre e della nonna affaccendate tra i fornelli, dagli “odori della cucina / il rame stagnato / delle pentole”, e dall’impasto con “la farina bianca” per il pane: percezioni sensoriali che acquistano un significato, una funzione psicologica ed epifanica ricostituendo il legame col tempo perduto e ritrovato, con un mondo accogliente, domestico, custode dei valori tradizionali, del sentimento della vita e della convivenza civile. La notte, dunque, è lo spazio, prevalentemente, della memoria; è l’alcova, il ritrovo nostalgico dell’intimità perduta, il luogo ‘biografico’ dove emerge il vissuto del Poeta, riferito, abbondantemente, al tempo dell’amore e dell’infanzia. La notte, che così si popola di suoni, odori, visioni, sapori e anche di sensazioni tattili, è la grande ispiratrice della poesia di Taormina, di questa silloge in particolare, dove l’ars combinatoria dei ricordi, dei sentimenti contrastanti e delle percezioni sinestetiche genera una grande e armonica sintonia tra forma e contenuto, tra il ‘corpo’ musico e l’ ‘anima’ semantica dell’opera. Un suggestivo, vario e sonoro paesaggio si offre, allora, al lettore, pur dominato dalla malinconia, dalla solitudine e dal dolore generati dalle ‘ricordanze’ e dal pensiero della morte. E un paesaggio è la natura che “circonda” il Poeta e aderisce alla sua “pelle” e che egli indossa come le “scarpe / la camicia”. Sì che con lui soffre la natura, ha gli stessi suoi umori. Ad essa egli si ‘avviluppa’ per essere più vicino all’amata, ‘naturificata’ a sua volta. ma anche ‘reificata’, non ridotta a cosa materiale, ma fortemente spiritualizzata, presente e viva negli oggetti che ne assumono il volto, il respiro, e si animano della sua essenza, trasmigrata in loro in “volo di farfalla”. In virtù della sua presenza, dunque, le cose sono ‘personificate’, acquistano leggerezza, e il nostro Poeta, che vive con l’immagine onnipresente della sua donna, si sente pronto a trasmigrare libero e leggero, reso tale dall’amata, penetrata in lui “come una vela”.
dovunque io vada / tu sei in me / sei nella chiave dell’auto / nella bustina di zucchero / del caffè / tra le righe del giornale /tu sei libera / non posso fermare / il tuo volo di farfalla / sei la nota fuggita / da uno spartito / sei l’onda che corre / e saltella come una bambina / verso la spiaggia / tu sei la mia trincea / dove io voglio morire /per essere libero come te / silenziosa / come un bruco / che divora la polpa / di un frutto / tu sei penetrata / dentro di me / scivoli /nelle mie vene /come una vela
      Anche il Poeta, per stare vicino alla sua donna, s’inventa canzone, farfalla, brezza; si fa sua guida, sente di doverla confortare e proteggere quando “tra le ombre della notte” prende forma col ricordo di lei il fantasma della morte e cresce allora l’ “attesa del ritorno”, il desiderio di rivederla, di ritrovarsi insieme a contemplare la loro immagine “indelebile nel tempo”, nel fluire inarrestabile del ‘liquido’ “specchio”.  In questo processo di ‘naturificazione’ e di trasformazione, presente e passato si alternano, s’intrecciano, si scambiano i ruoli come attori nel teatro degli elementi e delle ‘ricordanze’. Con la natura ritorna il tempo migliore, tutto rivive, diviene immortale, artefice anche l’amore con la complicità della memoria. Ma è la poesia che compie il miracolo, che consente al Nostro di arrestare o rallentare la fuga del tempo concentrandolo, confinandolo nelle piccole ore e di godere così della grande illusione dell’eternità contrastando, altresì, il dolore, la sofferenza, fino al punto che questi sentimenti finiscono per sublimarlo, per elevarlo alla superiore altezza spirituale e morale.  E la poesia è la grande purificatrice, che con la memoria apre immagini di straordinaria e struggente bellezza[1] illuminando e volgendo il faticoso, doloroso cammino là dove tutto sembra annullarsi, non avere “inizio” né “fine”; dove solo regna la “speranza” che tutto possa ricominciare: nella notte feconda, d’amore e di com-passione per il mondo che con l’infanzia ha smarrito le “rotte”; che ha sospeso le relazioni umane, oppresso dalla pandemia, che è anche malattia spirituale. Per cui il Poeta chiama in causa il nostro essere e il nostro esserci – unica nota, questa, pregna di filosofia.      
si è raggrinzito / il cielo / come la pergamena / di una mappa /  in cui si sono / sbiadite le rotte
il mappamondo / sogna / che nel mondo / non ci sono dittatori / e pandemie
siamo il tempo / che non ha inizio / e non ha fine / l’eterna speranza / l’albero / che in primavera / si carica di gemme /che saranno frutti
E il frutto più bello, immarcescibile è, ovviamente, l’amore, che il Poeta ha sempre custodito dentro di sé, sì che l’assenza della donna è colmata dalla sua immagine, che il sentimento ha impresso nell’anima del Nostro, compensando, allontanando da lui la paura che ella non esista, che sia morta.
tu non mi vedi /perché sei dentro di me (…) ho paura che non esisti
(…) forse tu sei morta
Sono versi, questi, di due poesie distinte, che potrebbero figurare insieme in uno dei testi, e che svelano l’assenza  della donna. E il Poeta che si è sempre rivolto a lei come se fosse una presenza reale, che tale l’ha immaginata, ora sembra acquistare coscienza della triste verità, che non esita ad adombrare, a mettere in dubbio. Siamo alla fine di quest’opera che possiamo considerare come un unico componimento per la coesione e la coerenza  formale, contenutistica, semantica dei testi. Non ci sono titoli nelle poesie né punteggiatura e anche l’ultimo verso è senza il punto finale, perché non vi è cesura, soluzione di continuità in questo canto dell’anima, che scorre come un flusso inarrestabile. Quasi uno stream of consciousness, ma di comprensibile lettura perché tutto si lega, tutto si tiene col filo delle immagini, delle percezioni sensoriali e dei sentimenti, che insieme costituiscono la grande ‘sinestesia’ della memoria e dell’amore. Da notare, infine, che l’indice è costituito dal primo verso di ciascuna poesia. L’insieme di tali versi compone un testo unico, dove la discontinuità logica e le relazioni mancanti tra le parti del ‘testo’ sono giustificate e ricondotte sul piano del significato dal medesimo ‘flusso di coscienza’, nonché dagli stessi temi e dall’impulso creativo che compongono e caratterizzano il corpo e l’anima dell’intera opera. Riportiamo in nota l’intero indice. [2]
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      
 

[1]Qui, un esempio di grande impatto emotivo:  ci conoscemmo di sfuggita / nel cortile del ginnasio / ci chiamavamo per nome / t’incontrai che gettonavi / “only you” / mi fermai con te / con “passion flowers”/ e “diana”/ eri abbronzata / passeggiammo per /corso vittorio con un cono / di cioccolata e nocciola / il frastuono del traffico /aveva un ritmo di cha cha cha / le colombe nel tramonto / erano d’oro / per molti giorni / come un malato / di notte alla finestra / cercai i tuoi occhi / in un cielo blu reale / non t’incontrai / né al juke box né sulla spiaggia / a luglio la luna / è una lampada immensa / le falene e gli amori / girandovi intorno / si bruciano le ali 
[2] un verso / tutta la notte / ho legato / una stella naufragata / seduti sulla rena / gli aranci che crescono / passeggiammo / guardo allo specchio / che nessuno svegli / tu ci sei / la città dorme / scivola come / tu hai raccolto / paesaggi dimenticati / nel mio petto / due trecce d’aglio / il mezzogiorno / talvolta nella notte / sono tristi / vagola una stella / talvolta nella notte / io sono presente / tu sei la notte / nella casa / i cavalli di bronzo / sei / dormo / un treno merci / puntuale / sotto la cenere / dovunque io vada / silenziosa / sono il reduce / gli attimi / tu sei quella / le zagare degli aranci / quando aprirai / ho nell’orecchio / quando ti regalai la spiga / sono io quello / gli ulivi hanno / i campi di grano / chi lo sa se nel vicolo / com’è lungo / sui tetti i gridi / la rosa sul palmo / siamo il tempo / la notte era densa / una stella tremola / sono d’oro / ci conoscemmo di sfuggita / annego / da una terrazza / non provare / piove senza rumore / da molte estati il ruscello / non voglio perdere /ho nascosto il mio segreto / un’ancora arrugginisce / l’estate ha gli abiti / la pioggia ha strade / agli antipodi è primavera / piove / pomeriggio alto
 
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