“Dopo Lepanto, sulle tracce di Cervantes” di Domenico Bonvegna

Quando ho visto sullo scaffale un libro col titolo "L'amore perduto di Cervantes. La vera storia di Don Chisciotte e Dulcinea”, edizioni “Quattro D. Centuria S.r.L.” (Milano, 2016), sono stato conquistato dall’argomento, che per la verità, conosco poco. La mia curiosità si è rafforzata perché Cervantes,  il grande romanziere spagnolo, conosciuto per il “Don Chisciotte”, è stato un combattente che ha partecipato alla grande battaglia epocale del 7 ottobre 1571 a Lepanto.

Il testo è scritto da una giornalista spagnola, Angela Rodicio, reporter della televisione pubblica spagnola (TVE). La giornalista, esperta di Medio Oriente e politica balcanica, si è messa a caccia di una leggenda che riguarda Cervantes, prigioniero dopo la battaglia di Lepanto, rinchiuso in una fortezza, nel porto di Dulcinea, l’odierna Ulcinj, sulla costa del Montenegro.

Angela Rodicio ci conduce in un doppio viaggio attraverso i Balcani, con i loro pericoli e i loro misteri e poi soprattutto ci offre un viaggio nella memoria di un’Europa cinquecentesca dove si fronteggiano due imperi, quello spagnolo e quello ottomano.

Il libro si legge piacevolmente, perché la giornalista è riuscita a raccontarci la storia di un uomo, di un combattente, di un letterato, una storia sospesa tra realtà e finzione, tra passato e presente, una storia che ci fa riscoprire il fascino di un secolo d’oro popolato da re, pirati e cavalieri.

La storia del libro si sviluppa nella costa del Montenegro, intorno alla città di Dulcinium, in particolare alla sua fortezza millenaria. Qui la nostra giornalista va a caccia di notizie su Cervantes, si fa aiutare da un negoziante di gioielli, un certo AmikSpaho, e dalla bibliotecaria di nome Edith Evrenos. Unico neo del racconto della scrittrice spagnola è la mancanza di una cartina per individuare il luogo geografico dove si sono svolti gli avvenimenti.

La nostra autrice conosce abbastanza la Storia, fa riferimento a innumerevoli fatti storici, con i nomi dei protagonisti.

Il porto-fortezza è stato crocevia di diversi traffici nel passato, ma anche nel presente, peraltro, la nostra giornalista è stata protagonista di uno spiacevole incidente criminoso, proprio perché aveva collaborato con la bibliotecaria che a sua volta era sposata con un contrabbandiere. Le due donne vengono catturate e fatte prigioniere in una grotta. Il tutto viene raccontato nella parte finale del libro.

Naturalmente la Rodicio inquadra il suo racconto nell’epoca storica che ha visto la sua Spagna contendere il primato nel Mediterraneo alla potenza ottomana. Il riferimento è d’obbligo ai re spagnoli Ferdinando il Cattolico, la sua consorte Isabella e poi Carlo V d’Asburgo, Filippo II, il suo fratellastro Giovanni d’Austria, il comandante della battaglia di Lepanto. Un altro re citato è Kastrioti, conosciuto in Occidente come Skanderbeg, l’eroico combattente per l’indipendenza dell’Albania. E poi i re ottomani, Solimano il Magnifico, Mehmet II, Mustafà Pascià. Non solo i re, sono citati anche i corsari, i pirati dell'epoca, Uluj Ali (Uccialì), Aruj Barbarossa, Khayr al-Din, Dragut. E poi i guerrieri speciali dei giannizzeri, i bambini rapiti ai cristiani, tra i 7 e i 14 anni, separati con la forza dalle loro famiglie, venivano istruiti secondo i principi dell’Islam. Un diplomatico francese così li descrive: “I bambini cristiani educati alla fede e tradizione islamiche odiano i propri famigliari e non ne parlano mai. Accettano il sultano come protettore e padre e hanno come scopo la lealtà verso di lui. Chiamano se stessi servi di Allah. Sono fedeli all’Islam e ostili alla Cristianità”.

Naturalmente lo scenario strategico dove questi uomini si muovevano per le loro imprese era il Mediterraneo, scrive la Rodicio, “i corsari si spostavano in completa autonomia, come repubbliche indipendenti galleggianti, partendo e tornando da una serie di rifugi tra i quali Dulcinium. Il loro obiettivo primario era conservare, se non tutto, almeno gran parte del bottino proveniente dagli assalti e dalle rapine, nonché i proventi della vendita e rivendita di prigionieri, schiavi e ostaggi”. Naturalmente l’esistenza di questi personaggi era pericolosa e lavoravano per chi gli prometteva maggiori guadagni.

Questi pirati oltre a Dulcinium, le loro basi erano principalmente Algeri, la capitale della pirateria, poi Tunisi, Tripoli. Città, porti dove attraccano le loro navi piene di bottino, di uomini e donne, schiavi da vendere al migliore offerente. La giornalista spagnola descrive nei particolari la sorte di questi poveri disgraziati, a chi osava protestare o ribellarsi, venivano inflitte le peggiori punizioni, come monito per gli altri condannati. “Non deve quindi meravigliare che molti prigionieri cristiani abiurassero la loro fede pur di salvare la pelle”. Alcuni di loro giunsero a ricoprire cariche importanti nel governo della Sublime Porta.

L’impero ottomano era il loro protettore, per questo alla fine, le potenze occidentali furono costrette ad allearsi e fare la guerra ai turchi. Una guerra per la scrittrice spagnola che si presentava come un conflitto di civiltà, che prima o poi si doveva risolvere. Erano di fronte due sovrani potenti, Carlo V e Solimano il Magnifico. “Era la lotta tra due sovrani per il potere universale.Ognuno di loro intendeva mostrare chiaramente chi fosse il vero padrone del mondo [...]”. Tutti e due si consideravano difensori della fede. La morte di entrambi, segnarono la fine di un’epoca, furono i due protagonisti del XVI secolo, di una guerra religiosa tra cristianesimo e islam, tra crociati e ghazi.

Il figlio di Carlo V dovette affrontare diversi problemi, a cominciare quello più grosso del pericolo turco. Il 12° capitolo viene dedicato alle battaglie di Malta, di Cipro, dove nel luglio del 1570, le truppe del sultano conquistano Famagosta e il suo governatore Antonio Bragadin subisce un atroce supplizio, i sopravvissuti venduti come schiavi.

A questo punto prende piede l’organizzazione della Lega Santa, proposta dal Papa di allora Pio V. Tutte le potenze cristiane vi partecipano, tranne la Francia di Francesco I che aveva stretto alleanza con gli ottomani.

Non sto qui a raccontare gli avvenimenti successivi e gli sviluppi politici della vittoria cristiana, che sarebbe interessante proporre, mi limito a fare una estrema sintesi. La flotta navale col suo equipaggio, al comando di don Giovanni d’Austria si riunisce a Messina e poi parte per attaccare la potente flotta ottomana nel golfo di Lepanto. Il 7 ottobre 1571 la flotta cristiana nonostante l’inferiorità numerica riesce a sconfiggere quella turca.

Durante la battaglia il nostro Cervantes, ferito ad un braccio, sfortunatamente viene catturato e trasferito nella spiaggia di Dulcinuim nel piazzale antistante la fortezza che brulicava di prigionieri.

La Rodicio descrive quello che è successo in quei frenetici giorni: i corsari col loro bottino di uomini e di cose, che conferiscono con il Bey, la massima autorità del luogo. Questo Bey aveva una figlia bellissima e pare che col tempo si sia innamorata del prigioniero spagnolo, Miguel Cervantes, che poi descrive nelle sue opere letterarie come la bella Dulcinea. La Rodicio occupa la restante parte del libro raccontando le sue ricerche tra i documenti, i libri della biblioteca di Ulcinj. Una ricerca spasmodica per arrivare alla verità su Miguel Cervantes, in particolare sapere quanti anni è rimasto prigioniero nella fortezza della perla veneziana di Dulcinium, ma anche quanto tempo ha trascorso a Messina e a Napoli. Nello stesso tempo la scrittrice ci fa dei quadretti di vita contemporanea della città balneare montenegrina.

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