Le Madonie scoperte dagli stranieri. Una francese divenuta scienziata e scrittrice in Sicilia – di Ida Rampolla del Tindaro

Il mondo letterario francese fu messo a rumore anni fa dal romanzo La Dame de l’Argonaute di un noto scrittore francese, Claude Duneton, narratore, linguista e filologo, che con quest’opera ebbe il merito di far conoscere al grande pubblico una donna straordinaria particolarmente legata alla Sicilia. La protagonista è infatti una donna realmente vissuta, Jeannette Villepreux, nata nel 1794 nella stessa regione dello scrittore, la Corrèze: un dipartimento della Francia sud-occidentale, rude e boscoso, dai verdi pascoli e dalla natura intatta, che fa parte dell’antica Aquitania e in cui si parla ancora un dialetto di origine occitana, derivante dunque dall’antica lingua d’oc. Per comprendere la personalità della Villepreux è necessario parlare anche di Duneton, grande studioso dei rapporti tra la regione occitana e la Sicilia, in cui la letteratura provenzale in lingua d’oc, al tempo della famosa scuola poetica siciliana, era particolarmente diffusa. Il legame fra le due lingue e le due culture , come sappiamo, fu ripreso tra la fine del XIX secolo e i primi decenni del XX secolo dal Mistral, che incoraggiò alcuni poeti siciliani, tra cui Tommaso Cannizzaro e Alessio Di Giovanni, a fare col dialetto siciliano ciò che egli aveva fatto in Provenza, dove aveva ridato alla lingua d’oc, ormai iridotta a dialetto e parlata solo dal popolo, la sua dignità letteraria, rivalutando anche le antiche tradizioni popolari e tutto il patrimonio culturale della regione[1]. Per la sua opera Mistral, come è noto, ebbe il premio Nobel.

  Duneton, autore di interessanti studi linguistici, aveva una personalità eclettica e poliedrica, ricca di interessi, come la sua eroina: era, come lei, molto attaccato al paese d’origine ma aperto al nuovo, con il gusto della ricerca e della scoperta. Era naturale quindi che si sentisse attratto dalla personalità della Villepreux, che era, come lui, di umili origini, ma che aveva saputo imporsi nel mondo culturale. Il romanzo narra infatti la vita oltremodo avventurosa di una donna che,rimasta assai presto orfana di madre, per trovare lavoro aveva dovuto recarsi a Parigi, dove, dopo un susseguirsi di avventure e s, affrontate sempre con grande coraggio e dignità, era riuscita ad affermarsi come disegnatrice. Le era stato addirittura affidato il compito di disegnare e ricamare l’abito da sposa di Maria Carolina di Borbone, figlia di Francesco I re delle due Sicilie, giunta da Palermo a Parigi per sposare il Duca di Berry, figlio del futuro re Carlo X. Fu questa l’occasione in cui Jeannette sentì per la prima volta il nome di quell’isola lontana, la Sicilia, di cui non sapeva nulla. 

  L’abito di Maria Carolina, risultato un autentico capolavoro, le procurò la stima e l’amicizia della giovane duchessa, che la introdusse nel bel mondo, dove Jeannette incontrò un imprenditore d’origine irlandese, James Power, che aveva interessi d’affari a Messina, una città in cui , nell’Ottocento, viveva una fiorente colonia di cittadini inglesi.

  I due si innamorano e decidono di sposarsi proprio a Messina, dove stabiliscono la loro residenza in una villa con vista sullo stretto. Nella città siciliana Jeannette scopre il mare, che non aveva mai visto, e scopre il lussureggiante paesaggio mediterraneo. Si dedica così a lunghe passeggiate per tutta la Sicilia, la cui natura alimenta e sollecita il suo innato spirito di osservazione. Raccoglie in tal modo reperti d’ogni genere, da quelli archeologici a quelli naturalistici. La sua casa, frequentata dalla migliore società locale, diventa ben presto un vero e proprio piccolo museo. Ma le curiosità naturali da lei trovate le ispirano anche squisiti disegni e pitture, alcune delle quali sono oggi conservate nel Museo di storia naturale di Parigi.

  Il soprannome con cui Jeannette passa alla storia, quello di “Dame de l’Argonaute”, è dovuto a uno uno strano mollusco da lei studiato, una specie di polpo presente in abbondanza nello stretto di Messina, caratterizzato da una bella conchiglia in cui la femmina depone le uova fecondate. Quando i cefalopodi nuotano tutti insieme in superficie, le conchiglie sembrano delle barchette in cui le membrane finali dei tentacoli , spinte dal vento, svolgono il ruolo delle vele: proprio per questo aspetto, che fa pensare a una piccola flotta in navigazione, era stato dato a questi molluschi il nome dei mitici Argonauti che avevano accompagnato Giasone alla ricerca del vello d’oro. Gli scienziati erano convinti che si trattasse di una specie ermafrodita, anche perché nessuno aveva mai visto l’esemplare maschio. Ci si chiedeva anche se la conchiglia fosse un nido o una corazza e se fosse creata dallo stesso mollusco o prelevata da un'altra specie. Molti illustri naturalisti sostenevano appunto questa tesi ; ma non potevano portarne le prove, perché i loro studi si svolgevano nei laboratori, su esemplari non più in vita. La Villepreux, partendo dal presupposto che “la mancanza d’esperienza era la causa della divergenza d’opinioni” ideò e fece costruire da artigiani locali delle gabbie che da lei presero il nome , da immergere nel mare e nelle quali osservare la fauna marina nel suo habitat naturale. Poté così constatare direttamente che era lo stesso argonauta femmina a secernere la conchiglia e che esisteva anche l’esemplare maschio. Queste scoperte misero a rumore il mondo scientifico anche perché dimostravano l’importanza di un nuovo metodo di studio basato sull’osservazione diretta. La Villepreux fu così la prima donna ammessa come membro corrispondente alla celebre Zoological Society di Londra. E uno studioso moderno, Rosario Moscheo, l’ha defiinita “Ipazia in Sicilia” [2], dal nome della famosa scienziata alessandrina, fieramente avversata per le sue idee e la sua preparazione. Anche Jeannette ebbe, in questo campo, le sue amarezze, ma non da parte dei Siciliani. Il marito aveva deciso di trasferire le preziose collezioni naturalistiche da lei raccolte in un museo di Londra e aveva imbarcato ben quaranta casse in un battello , che era però naufragato . Un autentico e raro patrimonio naturalistico era andato perduto. La compagnia d’assicurazione inglese aveva rifiutato qualsiasi risarcimento, affermando che si trattava di “passatempi per signore”, senza alcun valore economico. Un altro dispiacere le era venuto da un ufficiale francese al quale lei aveva parlato delle sue scoperte , consegnandogli dei documenti perché li facesse avere all’Accademia delle Scienze di Parigi. L’ufficiale li aveva presentati, ma a nome proprio, come se si trattasse di scoperte fatte da lui. Per fortuna la verità fu poi ristabilita: ma Jeannette, che operava in modo del tutto disinteressato e solo per amore della scienza pura, ricevette certo un duro colpo. Non le mancarono nemmeno le opposizioni di illustri scienziati, che non amavano vedere scosse le loro certezze da parte di una sconosciuta signora, per di più autodidatta. Ma il suo valore a poco a poco riuscì ad essere riconosciuto.  Oggi la Villepreux Power viene infatti considerata una grande scienziata e una pioniera delle biologia marina. Inoltre, le gabbie da lei ideate sono all’origine dei moderni acquari, che fino ad allora non esistevano. Fu infatti proprio Jeannette a coniare il termine aquarium, alla latina. Il suo nome, inoltre, figura ufficialmente nell’elenco delle 40 scienziate selezionate oggi dalla Commissione europea per i loro meriti e per le loro scoperte. In Francia è stata anche creata un’Associazione a lei intitolata ed è stato bandito un premio regionale a suo nome per studentesse di scienze. Ha avuto anche un significativo riconoscimento postumo: a lei è stato intitolato, nel 1977, un cratere del pianeta Venere.

  Alla sua fama di biologa marina,bisogna aggiungere, negli ultimi anni, l’interesse per le sue descrizioni della Sicilia. [3]  Girando per l’isola ( e facendo lunghe passeggiate a piedi, cosa a quei tempi insolita per una donna) aveva scoperto una natura affascinante e varia che aveva alimentato e sollecitato la sua innata curiosità scientifica. Da questo era nato il suo Itinerario della Sicilia riguardante tutti i rami di storia naturale e parecchi di antichità che essa contiene (Messina, 1839) e la sua interessantissima Guida della Sicilia, (Napoli, 1842)[4] . Non si trattava di una semplice guida turistica, ma di un’ attenta, minuziosa rassegna della storia, dei costumi, dell’arte e, naturalmente, della fauna e della flora, con un ricchissimo inventario di centinaia e centinaia di specie da lei osservate e descritte anche con i nomi usati nel dialetto locale: risultato notevole per chi, come lei, quando era giunta in Sicilia non sapeva una parola d’italiano e meno che mai di siciliano.

 Il contributo da lei dato alla conoscenza del patrimonio naturalistico e paesaggistico della Sicilia dell’Ottocento è stato solo negli ultimi anni studiato e approfondito [5] : ma, a parte gli aspetti scientifici, bisogna sottolineare che proprio Duneton, nella Dame de l’Argonaute, ha dato il dovuto rilievo anche alle sue qualità di scrittrice , riportando alcuni scritti deliziosi di Jeannette, veri e propri quadretti narrativi riguardanti le abitudini di varie specie animali. Il romanziere fa anche significative considerazioni a proposito della sorpresa della sua protagonista nello scoprire le somiglianze tra il suo dialetto occitanico e la lingua italiana : e, da esperto conoscitore della psicologia del linguaggio, collega questa scoperta alle emozioni provate da chi credeva che il proprio dialetto fosse rivelatore di umili origini mentre invece si accorgeva che era strettamente imparentato con un’antica e illustre lingua con la quale aveva una comune grande matrice, il latino.

  Ma la Guida della Sicilia, che parla dell’intera isola, ha ancora un altro merito: è la prima volta che uno scrittore straniero, e per di più donna, descrive in tutti i particolari naturalistici, storici e folkloristici i paesi delle Madonie, con le loro bellezze paesaggistiche e i loro tesori d’arte. Erano paesi, a quei tempi, difficilmente raggiungibili a causa della scarsità dei mezzi di trasporto e delle strade impervie. Ma la Villepreux, che camminava molto a piedi e che sapeva osservare e documentarsi, riesce a rintracciare e a descrivere con precisione , di tutti i paesi madoniti, attraverso anche le etimologie dei nomi, le antichissime origini legate spesso alla mitologia, più tutte le vicende storiche, i tesori inaspettati e gli uomini illustri. La scrittrice è la prima, ad esempio, a parlare del famoso Trittico fiammingo di Polizzi, il cui arrivo in paese è avvolto nella leggenda e che, ai tempi della Villepreux, ben pochi conoscevano. E non a caso la pagina in cui ne parla è inclusa nella bellissima opera in due volumi curata da Luciano Schimmenti su Il Trittico di Rogier de la Pasture Van der Weyden in Polizzi Generosa (Palermo, 2017).

Jeannette Villepreux Power ha saputo dunque abbinare l’amore per la scienza a quello per la storia, l’arte, la letteratura e la lingua: e questo le è stato possibile proprio grazie al soggiorno in Sicilia, che ha offerto ,al suo naturale amore per la cultura nelle sue diverse espressioni , il suo straordinario patrimonio di bellezze naturalistiche e artistiche , spesso nascoste in paesi di montagna ignorati e dimenticati, mai visitati dagli scrittori stranieri del Grand Tour e mai citati in opere letterarie . Ma quei paesi erano stati invece fonte, per lei, di straordinarie scoperte che avevano ispirato e arricchito la sua vena di studiosa e di scrittrice: per questo possiamo a pieno titolo aggiungere, ai suoi tanti meriti, quello, che ancora non le è stato riconosciuto, di scopritrice delle Madonie.

 

[1] Sull’argomento, cfr. il nostro Felibri di Provenza e di Sicilia, Bollettino di studi filologici e linguistici siciliani, Palermo, 1969

[2] Titolo della Prefazione di Rosario Moscheo alla ristampa anastatica della Guida per la Sicilia, di J.Power

[3] Cfr.. Diletta D’Andrea – La Guida per la Sicilia di Giovanna Power in Naturalista sicil. , S., IV, XXXVI, 2012, pp.279-291

 L’A. così sintetizza il significato e il valore dell’opera : “Nel vasto ambito dell’editoria italiana e straniera sul viaggio nell’isola, la Guida per la Sicilia di Jeannette Power talmente innovativa nelle sue intenzioni e nella sua struttura, segnò una svolta tra un “prima” e un “dopo” nella lenta evoluzione dal libro di viaggio alla guida in senso moderno, che giunse a compimento nella seconda metà dell’Ottocento”. V. anche A.R.Granata in Una Sicilia al femminile, in Il paesaggio siciliano nella rappresentazione dei viaggiatori stranieri, Catania, C.U.E.C.M., 1999

[4] L’opera è stata ripubblicata in ristampa anastatica dall’Istituto di Studi Storici Gaetano Salvemini a Messina, 1995. L’Istituto , insieme ad altre importanti istituzioni scientifiche, ha organizzato sulla Villepreux Power un convegno internazionale nel 2010, mettendo finalmente in luce i suoi meriti nel campo delle scienze naturali, della botanica, dell’astrologia ecc.

[5] Tommaso La Mantia &Bruno Massa – Il contributo di Jeannette Villepreux Power alla conoscenza e agli aspetti zoologici e del paesaggio della Sicilia dell’Ottocento – Naturalista sicil. S.IV, XXXVI 82), 2012, pp.339-349

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