Josè Russotti, “Arreri ô scuru” (Ed. Controluna)

di Francesca Luzzio
 
La poesia è esplicazione dell’io nella pluralità del suo sentire e trova nelle parole lo strumento del suo essere.
José Russotti esprime la sua essenza esistenziale con parole in dialetto siciliano e in italiano, comunque, in entrambe le versioni linguistiche, le poesie riescono sempre a raggiungere un’adeguata pregnanza semantica che esprime appieno i sentimenti, i palpiti interiori del poeta, sia che ad ispirarlo siano gli affetti familiari o il suo amato paese, sia che allarghi la prospettiva esistenziale-affettiva ad eventi e problematiche sociali. In ogni caso, c’è un’espressione appropriata che coinvolge il lettore se non in una corrispondenza, almeno in una comprensione del suo variegato ed intenso sentire. Questo nel processo memoriale, assume un andamento nello stesso tempo dinamico e regressivo in quanto ha per oggetto la “durata” della vita, nel senso bergsoniano del termine, infatti il passato si mescola al presente e lo condiziona: “Io sono solo e dannato \ a scontare i giorni che mi rimangono, \ solo e perso, lontano da te, \ a contare le mille parole \ che non ti ho detto mai.” ( Suru-Solo, pagine: 120, 121).
Non solo il tempo, ma anche lo spazio spesso si compenetra d’interiorità umana, diventa insomma ambiente condivisore del sentire del poeta: “Incollata all’angolo spesso ascoltavi \....\ e tra stanze chiuse e crepe di lava spingevi \ i rumori dell’anima verso la bocca del forno (Cetti voti- Certe volte, pagine: 46 e 47). In questo contesto spazio-temporale, José Russotti rivela dolore, sofferenza, tormento, ma anche amore e speranza, anzi la sofferenza è generata proprio dall’amore che nella sua persistenza diventa dolore, soprattutto di fronte alla morte: “… la morte non concede ritorno. \ Mi è rimasta la tua giacca appesa al gancio, \ e la tela scarabocchiata di tanti pensieri.” (E campu ‘itia …- E vivo di te…, pagine: 60, 61). Ma il poeta si guarda anche intorno e non può non accorgersi dei delitti di mafia, quale quello d’Impastato e di Portella della Ginestra o non soffrire di fronte all’epilettica Maria Catena: “Quante volte …,\ …\  cadesti a terra a peso morto,\ con la lingua serrata tra i denti \ e una bava di sangue al lato della bocca. ” (Suru u jancu di ll’occhi-Solo il bianco degli occhi, pagine: 122,123).
Si potrebbe scrivere  a lungo sulla pluralità tematica presente nella silloge, ma sempre si rivela un’anima sensibile e piena d’intuito nel cogliere in versi liberi, con un frequente uso metaforico del linguaggio e con un ritmo correlato all’essenza del sentire, la variegata  realtà della sua vita e del mondo che lo circonda, insomma José Russotti manifesta una vis creativa che fa del poeta una sorta di demiurgo platonico che vivifica la parola, dandole un ordine rivelatore della sua “anima mundi.”
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