L’opera del grande scultore non vedente Gaetano Ribaudo - di Gery Scalzo
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- Category: Arte e spettacolo
- Creato: 01 Settembre 2025
- Scritto da Redazione Culturelite
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Vi siete mai chiesti chi sono gli autori delle sculture che si ammirano nei musei al posto degli originali? Ebbene uno di questi è stato Gaetano Ribaudo.
Ricordo la sua maestria nel realizzare in pochissimo tempo ritratti a tutto tondo con la perizia di particolari che ti facevano esclamare come diceva Michelangelo alle sue opere: “Perché non parli?”. Era il tempo della gioia e della giovinezza, noi compagni di scuola ed artisti alle prime esperienze, ma carichi di una immaginazione che fioriva in modo straordinario.
Fin dalla giovane età Tanino aveva mostrato nel laboratorio di suo padre un talento innato per le arti, un dono che si manifestava in ogni sua creazione; la sua mente era un giardino rigoglioso di idee, il seme della creazione già abitava i meandri neuronali declinandosi attraverso una sapiente manipolazione dei materiali in forme bellissime.
L’arte aveva messo radici stabili nella sua voglia di esprimersi e nella sua abilità di manipolare la creta (il materiale usato dal padre ceramista) trasformando la materia inerme in autentiche opere d’arte, coinvolgenti per la loro bellezza e la raffinata esecuzione.
La pietra, la creta, il bronzo erano i suoi compagni fidati, materiali che ben sapeva plasmare con una competenza ed una delicatezza che andavano oltre la sua giovane età.
Ogni opera di Tanino era una celebrazione della bellezza, le sue sculture non erano semplicemente oggetti inanimati, ma storie eseguite con la precisione e una grazia che pochi potevano eguagliare, i suoi lavori erano il riflesso della sua visione del mondo, un’unica interpretazione di creatività plastica che con il passare del tempo, non fece che crescere. Ogni nuova creazione testimoniava la sua evoluzione e la sua capacità di vedere il mondo attraverso una lente di straordinaria bellezza.
Tanino era destinato a lasciare un’ impronta indelebile nel mondo dell’arte, una promessa di grandezza che aveva cominciato a realizzare.
Ma un fato beffardo ha rallentato il suo cammino e si è ritrovato dalla luce al buio della cecità, nel vuoto, nella disperazione dell’ uomo e dell’artista, ma l’arte è stata sempre compagna fedele, una guida in un viaggio che non è stato privo di ostacoli.
Egli era solito accarezzare le sue opere delicatamente, e le sensazioni tattili gli comunicavano i percorsi della forma, facendogli rivivere le emozioni profonde e la gioia della sconosciuta, nuova manipolazione della materia; al buio della sua cecità, la bellezza ritrovava la luce, un faro nei momenti più bui, perché affrontare la cecità richiede un coraggio straordinario.
Ammirando le sue precedenti opere realistiche, vengono alla mia mente le parole del padre della scultura, Michelangelo, nella sua riflessione e preghiera sull’esistenza di un artista: “Desti a me quest’anima divina e poi l’imprigionasti in un corpo fragile… come è difficile viverci dentro…”
Ma Tanino, malgrado le sofferenze ed i disagi, ha vinto in parte tutte le difficoltà della sua condizione; la luce donata dall’amore infinito per l’arte, il suo coraggio, il suo sorriso sempre presente, hanno segnato i passi del suo cammino senza scoraggiarsi, anche sull’ orlo dell’ abisso senza mai cadere, perché solo con l’amore, il coraggio e la sincerità del cuore si può creare quell’equilibrio che ci tiene sospesi, lontani dal baratro. Nelle sue opere i messaggi subliminali si perdono tra i raccordi delle curvature della materia plasmata, alla ricerca della propria congiunzione e della bellezza che non accettano la separazione tra passato e presente, ma ci indicano l’unica via, il tempo della memoria, dove convergono tutte le immagini della storia dell’uomo. Emozioni positive che ci portano ad una visione più umana della vita grazie alla sublimazione della bellezza.
Tra le dita dell’artista si mostra la forza dell’essere che con la tenacia e l’amore plasma le forme corrispondenti all’emozione, al suo immaginario. Le opere prodotte vivono nello spazio contenendo spazio che si compiace del sapiente equilibrio tra pieni e vuoti.
L’invisibile prende corpo sotto le sue dita ed il suo sogno diventa materia tattile, raffinata nella sua esecuzione, dal contenuto che blocca il tempo e si fa materia tangibile, immagine della realtà con tutte le sue implicazioni simboliche.
Nelle opere di Tanino Ribaudo, la forma cerca il suo raccordo lasciandosi accarezzare dolcemente dalle sue mani e offrendosi ai fruitori attenti. Un atto d’amore, puro senza trucchi, senza forzature, forte come le passioni, come il fuoco che brucia dentro, per comunicare al mondo che la bellezza sta nella forma e nel contenuto dell’ uomo che cerca la verità, l’equilibrio, per potere esistere, gareggiando con la natura e a volte anche superandola, grazie alle emozioni sempre nuove e molteplici che solo una opera d’arte può suscitare. In fondo l’artista va alla ricerca del bene attraverso i suggerimenti delle forme che lo circondano, da quelle più grandi alle più piccole molecole, ricalcando inconsciamente il gesto ancestrale della creazione per creare, ad immagine e somiglianza, frammenti, piccoli lembi, l’anima che appartiene alla dimensione della bellezza, attingendo dal grande crogiolo delle idee dove solo l’uomo sensibile può accedere. Nelle opere di Ribaudo la storia dell’uomo ci riporta ad una reinterpretazione della commedia umana. La lezione di Dante ha influenzato inizialmente il suo estro d’artista: i messaggi subliminali insiti nelle forme delle sue opere, a volte ci danno una chiave di lettura nuova, di un mondo aperto alla bellezza, accanto alla cruda realtà e cioè dell’uomo, che, per dirla con Quasimodo, è “ancora quello della pietra e della fionda”, malgrado la sua evoluzione scientifica. Tanino indaga l’ ambivalenza presente nell’uomo, l’eterno conflitto, i suoi vizi, le angosce, le sue paure. Spesso le sue opere danno la sensazione di essere divise e suggeriscono con la fusione plastica delle immagini riflesse l’eterno conflitto tra il bene ed il male. L’artista ha sempre continuato ad auspicare una pandemia della bellezza che possa produrre quella interiore, perché convinto che essa racchiuda l’amore ed il rispetto per il creato, quindi la gioia di esistere.
Nelle opere della maturità la forma perde il suo potere magico di riesumare gli eventi per mostrarsi in tutta la sua bellezza, fuori dal contenuto talvolta sviante, raggiungendo la soglia della purezza, la luce che apre il varco all’interiorità.
Questa è la lezione che lascia l’artista al mondo affermando che la luce interiore può superare quella dei nostri occhi e ci deve fare riflettere sugli avvenimenti del nostro tempo: le guerre, l’ignoranza, il bigottismo religioso, l’avidità, le vere cause della cecità del mondo.
Svegliamoci con la voglia di amare: Tanino ci riusciva con la naturalezza di un cuore puro che solo i grandi artisti si possono permettere. Nell’opera in bronzo che rappresenta la danza, la forma sembra compiacersi del suo movimento e della sua bellezza. Una materia quasi filiforme suggerisce al fruitore il piacevole raccordo del movimento, difficilissimo da realizzare nel buio della sua cecità. Un inno alla grazia e al dolce raccordo delle parti che solo la bellezza di un corpo femminile può evocare. Una delle ultime opere, la figura del volto di Cristo, ci riporta ai messaggi subliminali, forse per suggerire a se stesso la chiusura del cerchio, in silenzio in punta di piedi, senza disturbare la sensibilità dei suoi cari e degli amici. Il Cristo con lo sguardo rassegnato e con i suoi lunghi capelli, accoglie il grande vuoto al suo interno. L’opera mi ha trasmesso un senso di angoscia, ho interpretato l’immagine del Cristo come un presagio non piacevole, con la paura di quel grande vuoto, forse l’ultimo vuoto che l’artista aveva creato per rientrare nel varco e ritornare all’infinito. Rimangono alla nostra vista le sue opere che continuano e continueranno a parlare di lui, della sua arte, del suo sorriso e del suo grande cuore di uomo ed artista.