XL Capitolo - "La mia vita" di Antonio Saccà

Inoltro le date degli avvenimenti diversamente frantumerei all'eccesso le vicende passando da una situazione ad altre, altre, nella loro contemporaneità; e continuo  la storia i del mio matrimonio ormai finito con  Stefania . Mi disse in una serata di  incontri culturali nel salone di casa che il “fidanzato” preferiva non continuassero gli incontri. “Fidanzato”? Stefania era  una donna matura, il termine “fidanzato”lo attribuivo ai giovani, ma  stupiva che si fosse fidanzata com'era, ridotta una massa corporea  più che una persona,  fumava ,come ho detto, una sigaretta con l'altra, anche due insieme, rischiava di bruciarsi, giacchè dimostrava mancanza mentale presente, stordita,

stordita, in aria, intontita, una che non sente e non capisce, vagolante. Il Centro ARTE-SPAZIO nei Parioli, luogo di alta borghesia,  chiuse ,il mese di giugno, l’anno non l’ho preciso, credo sul finire del millennio o agli inizi  del nuovo millennio , a volere del “fidanzato” di Stefania. Per lungo tempo anche disuniti mi recavo agli incontri di Stefania, le stavo accanto, le tenevo la mano, vedendola trasformarsi in quell’ammasso torposo innaturale. Da quella sera non vidi Stefania ancora  vivente.

Gli anni di tali complicazioni personali, ebbero anche diversa animazione , giornalismo, insegnamento, convegni,  viaggi ,e specialmente libri . Pubblicavo con Salvatore Dino, con Spirali, con Newton Compton ,  con Lucarini. Tutto scorreva, ma in una occasione tutto drammaticissimo, l'arresto di Armando Verdiglione ,improvviso, imprevisto, da me. Verdiglione, editore di Spirali, direttore di riviste, organizzatore di convegni internazionali e nel mondo, ripropositore di testi  inconsueti, di esponenti critici,antichi e odierni, irregolari, disturbava, soprattutto i comunisti,che Egli  giudicava nemici della progettualità, del rischio, dell’impresa individuale. Senza dubbio lo scontro avverso la mentalità comunista, come la intendeva Armando Verdiglione,  fu presente nella vicenda,tuttavia il processo, le accuse esibivano altre ragioni,  profittare, Verdiglione, di “pazienti”, quale psicanalista, traendone vantaggio , presso che plagiandoli. Mi pare tale la causa dell’incriminazione. Un arresto clamoroso . Verdiglione aveva assunto un posto  evidenziato nella società culturale italiana, e questa voglia di una rinascenza del progetto individuale in tempi collettivistici  egualitari scuoteva. Al dunque, ne fui coinvolto. Ero a Milano, da Verdiglione, un mio libro, da firmare per gli invii, la presentazione a Roma, due giorni dopo, torno a Roma, il giorno dopo arresto di Verdiglione, il giorno successivo presentazione. Che avverrà?Chi sarà a parlarne?Il luogo è l’Excelsior, albergo regale di via Veneto, il mio testo, La Parola, con Prefazione di Mario Luzi e Postfazione di Giuliano Manacorda, chi lo presenterà se Verdiglione è recluso? Niente da temere, giungono i collaboratori fedelissimi di Verdiglione, e soprattutto l’impavida compagna e poi consorte Cristina Frua De Angeli. Una folla, una folla migliaia di persone . Mi recai a incontrare Verdiglione, Carcere di San Vittore, credo, era sereno, fermo in sè,mi chiese di sostenerlo giornalisticamente, cercai di farlo, come accade  quando si è in disgrazia molti hanno  pronto  il calcio dell'asino . Successivamente altre vicende , devastanti, ma l’amico Armando Verdiglione resta in sé, libri enormi,ancora, e non posso né voglio smemorare anni di fervore in mezzo pianeta per l’affermazione dell’arte, della cultura, della soggettività creativa.

Vittorio Avanzini  era l’inventore della Casa Editrice  Newton, la quale utilizzava immensamente il  mercato librario al di là delle librerie, in chioschi, edicole, e nei più reconditi paesini. Pubblicava testi a costo infimo,opere complete di autori famosi, testi  non sempre da altri editi. Aveva però suscitato una sezione  originaria nella collana SAPERE, retta da un civilissimo personaggio, Roberto Bonchio,mio buon conoscente.  Avanzini  , un signore snello, rapido, fattivo pubblicò di mio STORIA DELLA SOCIOLOGIA, DIZIONARIO DI SOCIOLOGIA, nella collana SAPERE, cento pagine obbligate, mille lire il prezzo. Se ne smerciavano a milioni di copie, ogni edizione a migliaia, dovevo comporre anche un testo di SOCIOLOGIA GENERALE, ma, non ricordo  il motivo, senza risultato. E fu senza risultato, dopo l’approvazione del redattore , la pubblicazione del mio romanzo: IL PROFESSORE, LA MORTE E LA RAGAZZA,che venne successivamente pubblicato da Armando, Casa Editoriale qualificata, retta dall’amico Enrico Iacometti.Vittorio Avanzini aveva lasciato al figlio l’attività, e se ne coglievano  risultati deludenti.

Libri a parte, collaboravo a IL TEMPO,allora rilevante quotidiano, con  Gianni Letta, personaggio, personalità nella politica italiana, signorile, cortesissimo,redattori Antonio Altomonte , Fausto Gianfranceschi, scrittori entrambi, Gianfranceschi controllava la pagina culturale, la Terza Pagina, Altomonte la pagina dei libri, collaborazione con qualche difficoltà , tra di loro rapporti competitivi. Altomonte insospettabilmente, rapidissimamente, confuse parola e pensiero, gonfiato di volto a scoppiare, disperatamente osava la voce che usciva cavernosa, buia, animalesca, morì in fretta, e , davvero mi parve un fato astrale, dopo giorni morì il mio caro amico Massimo Grillandi, odiatissimo da Altomonte! Gianfranceschi continuò al culmine degli anni, Gianni Letta si vincolò a Silvio Berlusconi, i direttori successivi de Il Tempo non lo pareggiarono, io continuai a scrivere e con Gian Paolo Cresci e Giuseppe Sanzotta ebbi rapporti personali  di rilievo, Cresci fondò l’Università della Terza età, nella quale fui docente, preside,  presidente;con Sanzotta dopo gli anni della sua direzione a Il Tempo ci ritrovammo quando Egli assunse la direzione de Il Borghese, a tutt’oggi. In quegli anni collaboravo anche alla Gazzetta del Sud, il giornale della mia città elettiva, Messina, con l’eterno direttore Nino Calarco,e un redattore culturale garbato, affettuoso, saggista amorevole di roba siciliana , Domenico Cicciò, sventuratamente insano.lo sostituì un redattore anch’Egli di amorevole saggistica siciliana, e critico teatrale, Vincenzo Bonaventura, amico millenario ormai. Spiace annotare che talvolta collaborazioni di decenni si incrinano per minor qualità dei responsabili, questa la mia esperienza, dopo i nomi riferiti chi sopraggiunse non li pareggiò.

Dal 1990 ,presso a poco, collaborai pure al Secolo d’Italia, il quotidiano di Alleanza Nazionale, mi chiese l’impegno Giano Accame, persona distinta fisicamente e mentalmente e nei modi. Accame teorizzava il Presidenzialismo, la repubblica sociale in economia sul modello tedesco della Cogestione(Mitbestimmung) , quando Alleanza Nazionale fu meno “sociale” o non saprei Accame fu sostituito da Maurizio Gasparri, poi Gennaro Malgieri, poi Flavia Perina, ottimi rapporti, libertà , scrivevo paginoni,Accame pubblicò in periodo estivo un mio lungo racconto, vi fu da tutti amore per la cultura, e Gianfranco Fini era attento e partecipe. Particolare la collaborazione con Aldo Di Lello, redattore culturale. Se qualcuno riesaminerà quegli anni coglierà che antivedemmo  quel che ne venne e ne viene. Vi era una rivista sindacale, Pagine Libere, diretta da Ivo Laghi, passato Segretario della CISNAL, devotissimo alla classe operaia, in stretta condivisione con Giano Accame, a sua volta legatissimo a Gianni Alemanno. Come ho accennato , pur addentrato nell’idea “partecipativa” io supponevo già l’automazione, la disoccupazione di massa, l’impresa dei lavoratori o del tutto sociale, ne dirò successivamente: quando la produzione non sorgerà dal lavoro. E’ una prospettiva  crucialissima. Della mia presenza universitaria qualche persona, io avevo esistenza oltre l’Università.  Vittorio Castellano, Preside di Statistica , appassionato di cultura umanistica, a tale scopo suscitò il mio insegnamento di Sociologia delle Forme Espressive(Arte). Piccolissimo ,scialbo come fisico, occhi di un azzurro acquoso, esistenza familiare franosa, la consorte agitata, molto nervosa , molto ,non credo volesse sparire a confronto del coniuge, legatissima al figlio, Lucio Castellano, avverso al padre, avverso alla società, si gettò nel terrorismo, processato, condannato, e se mantengo verace memoria fu ucciso o si uccise. La figlia Marina, chiusa, reclusa in sé, strimpellava perennemente la tastiera. Castellano abitava prossimo all’Università, quando cessò l’insegnamento lasciò la casa e visse a Zagarolo, un paesone  nella sfera laziale romana. Un crollo. La consorte disperata e agitata, la figlia offuscata, e Lui ridotto un cadaverino. Mi chiese di incontrarlo, mi recai a Zagarolo, ormai senza potere non aveva neanche amici. E’ la sorte di chi  vuole potere non con l’opera ma con la gerarchia accademica, dico nelle Università, ma  similmente in altre associazioni.

Ancora una persona voglio, devo ricordare,  Bruno Grazia Resi, docente di Statistica Sociale, un uomo  per bene, correttissimo, altrettanto la consorte, appassionatissimo di letture romanzesche, mi fece collaborare alla rivista Lo Spettacolo, della SIAE. Vi pubblicai molto,  annoto soltanto un testo su Eugenio Montale, ed un testo teatrale(Ho scritto e rappresentato varie opere teatrali). Mi limito, necessariamente, ebbi rapporti con Franco Ferrarotti, che però insegnava a Sociologia, dove pervenni anch’io, con Alberto Izzo, storico della Sociologia. Con Ferrarotti, dopo un periodo piuttosto turbolento, colloquiai spesso, scrissi sulla sua rivista, La critica sociologica, evidenziavo che la classe operaia non esprimeva cultura e non mi sembrava  una sostituzione superiore alla borghesia, e gli scrittori, i teorici che avevano stimato  certa e positiva la sostituzione si ingannavano. Semplifico, tornerò. Accenno che Luigi Pintor mi diceva che argomentando io in tal modo scalzavo la letteratura progressista. In Sicilia al contempo Alfredo Fallica e Tommaso Romano immettevano nella scena un Autore maledettissimo, Friedrich Nietzsche, del quale avevo scritto la biografia. Per dire di Ferrarotti, animoso, fluente, amava la memorialistica, immise la metodologia delle “storie di vita”, percepì il rischio della comunicazione di massa abbassata ai livelli delle masse. Da parte mia ormai avevo chiarito  la valutazione, siamo soggetti storico-sociali in un insieme conflittuale o collaborativo, e siamo radicalmente solitari, individui, unici, mortalissimi. Il solo scopo che possiamo  raggiungere è vivere intensissimamente ,esprimerci con forme apprezzabili, superare noi stessi in noi stessi invece che avversare, abbassare. Porre domande anche senza risposta:come mai esiste l’esistenza. LA METAFISICA DEL NULLA, il titolo di un mio libro, dove “nulla” intende nulla sapere dell’esistenza, della presenza dell’essere. L’uomo storico, l’uomo esistenziale, ed infine la conquista propriamente umana, l’arte.L’uomo storico naturalistico che non chiede a se stesso come mai esiste l’essere non  basta a quanto io intendo capire.

 Alla fine venni a conoscenza di due eventi uno più assurdo dell'altro- Stefania si era sposata; e dopo mesi :Stefania era morta.

 

 

 

 

 

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