"VERRANNO GIORNI MIGLIORI. Lettere a Vincent van Gogh", a cura di Daniele Moretto, (Ed. Torri del Vento)
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- Category: Scritture
- Creato: 17 Settembre 2020
- Scritto da Redazione Culturelite
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di Anna Maria Esposito
“Il vento soffia a S. Remy come ad Arles?”.
Theo, struggentesi di nostalgia, rivolge questa domanda retorica a Vincent van Gogh, in una delle innumerevoli missive (più di 1500) che nell’arco di un quindicennio scambia con il fratello.
Il vento è come un soffio, unisce il pensiero di chi è distante. Fu infatti fortissimo e colmo di stima il legame fra i due. Questa raccolta epistolare si arricchisce dell’apporto delle lettere della moglie di lui, e di alcune dell’altro artista legato a Vincent da un rapporto fortemente emotivo, oltre che di comune interesse e ricerca artistica, Paul Gauguin.
“Verranno giorni migliori …” una sconsolante consolazione, forse non empatica, è contenuta in questa frase. Sembra soltanto una frase di circostanza. Quando la rivolgiamo a noi stessi, è forse un modo per sollevarci, ma la proposizione implicita è che i tempi che stiamo vivendo siano inesorabilmente pessimi… interessante e intrigante quest’intreccio di scritti, che testimoniano la relazione di affetti che intercorre fra queste tre personalità. E’ come un coro di voci dissonanti, melodia di sottofondo di una vita geniale e passionale che è quella di un uomo che è Artista (A maiuscola) ovvero “prigioniero” dell’Arte.
Contrariamente all’opinione comune, la vita di Vincent van Gogh non è stata così 'romanticamente" sregolata... invece egli fece del suo meglio per perseguire un ordine interiore preminente, che gli urlava dentro: ricercava la giustizia sociale. Fece il possibile per perseguirla, mettendo al servizio di essa le sovrabbondanti qualità e la immensa ricchezza interiore che lo caratterizzavano. Artista, dicevo. E cosa vuol dire essere un “artista”? L’arte, questa sovrana tiranna ti domina e comanda dispoticamente, mentre la povera logica razionale dell’uomo che ne è vittima si arrabatta e si aggrappa al filo logico degli eventi, almeno a quelli governati, per quanto è possibile, del pensiero umano. Ma infine ogni artista vero cede, e si abbandona all’irrazionale, vivendo, in questa rinuncia, il senso di sollievo che si prova quando ci si abbandona vittime nelle mani di ciò che è invincibilmente più potente di noi. Questo è il motivo che ha fatto nascere l’idea comune che l’artista sia “folle”. Invece semplicemente egli soccombe, cede, talvolta impazzisce. Nel caso dei Van Gogh, Theo, che non è preda di questo sacro fuoco, si sforza come può, di dare una mano: cerca di entrare nel labirinto della mente di chi giace preda di queste sovrabbondanti emozioni. Ma riesce, il povero Theo, a dare appena un’occhiata oltre l’uscio. Il grande appartamento, pieno di stanze, rimane misterioso. L’interno di esse è abitato da una vasta scelta di spiriti, divinità e fantasmi; il pittore invano cerca un angolino dove giacere nel silenzio. Ma raramente si riposa: esse, le muse, posseggono le chiavi di ogni ambiente, e può nascondersi finché non viene scoperto. Una tranquillità labile, dunque, piena di angosce, che sempre incombono. Come può dunque l’incoraggiamento “verranno giorni migliori”, dare sollievo, quando suona, a seconda dei punti di vista, falsa o insufficiente? Le poche epistole che costituiscono questo libro ci rivelano, per grandi linee, il mondo interiore dei protagonisti. Sono sufficienti comunque per rivelarci la tenerezza ed il rispetto del fratello Theo che, oltre all’affetto fraterno, riconosce in Vincent una grandezza difficilmente controllabile. Ne temeva la sconfitta, Theo. Ed infatti fu così. Un suicidio è una resa, la sconfitta è sonora, la conclusione peggiore di ogni lotta. L’Arte, in questi casi, esce sconfitta: ella stessa vittima della sua eccessiva tirannìa. Quando il suo strumento giace, dilaniato dai suoi ossessivi comandi ed imperativi, si rende conto, ormai tardi, che quel particolare aspetto del suo racconto non avrà mai più voce, nessuno più sarà in grado di esporlo. Invano regge il capo della sua vittima, sfiorandogli il viso mentre cerca, negli occhi spenti, un barlume di vita … giace, distrutto il grande Vincent, colui che, colmo di terrore titanicamente controllato, si è addentrato per primo all’interno dell’animo umano, che di li a poco Freud avrebbe iniziato ad esplorare.
Bella e meticolosa questa edizione del 2013 di “Torri del vento”. L’imponente e completo apparato esplora non soltanto ogni aspetto della relazione fra i due fratelli, ma ci espone anche un panorama completo dell’ambiente artistico più avanzato della seconda metà del XIX secolo. I curatori si sono prodigati con grande competenza: e l’esito è un volume impeccabile, profondo e necessario per conoscere l’ambiente artistico dal quale nasce l’Arte contemporanea. Ed insieme utilissimo per comprendere la formazione della società mass-mediatica.