Recuperi/13 - "“Per Mario Luzi. Con una intervista inedita del 1989” di Tommaso Romano " di Tommaso Romano

I miei numerosi incontri-dialoghi, non solo palermitani, con Mario Luzi (Castello di Firenze, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005, poeta e letterato fra i maggiori del Novecento che non ha certo bisogno di presentazioni) li debbo al poeta Elio Giunta e alla sua guida, con Mimmo Bruno e Piero Longo, del prestigioso Centro di Cultura “Giuseppe Pitrè”, che operò a Palermo intensamente nell’ultimo scorcio del secolo scorso, e di cui lo stesso Giunta, per la La Palma, scrisse un saggio rievocativo di gran pregio dal titolo Romanzo letterario palermitano (2011).
Conobbi Luzi alla fine degli anni settanta, ebbi corrispondenza partecipe con il grande Maestro, con cui era uso intrattenersi anche in affettuosi incontri conviviali, indimenticabili, oltre che in occasione di recitals, premi, incontri culturali, convegni, mostre (come quella dedicata a Luigi Di Giovanni dalla Elle Arte). Già con la mia prima rivistina letteraria Terra di Thule, Luzi   aveva risposto ad un questionario sulla poesia e alla sua funzione. Accanto al rapporto personale bisognerà ricordare la comunione che si instaurò con gli indimenticabili maggiori poeti palermitani della linea del sacro del gruppo di Spiritualità & Letteratura e cofondatori della stessa nostra rivista, Giulio Palumbo e Pietro Mirabile. A noi si affiancavano stabilmente Vincenzo Monforte, Carmelo Maria Cortese, letterati  di valore da qualche tempo scomparsi, nonché Giovanni Dino, poeta e allievo di Palumbo felicemente operante a Villabate. Proprio con il poeta e docente di Alia Carmelo Maria Cortese che fu, assiduo e sodale e collaboratore specie, con una ineccepibile traduzione dal greco del “Dramma Sacro nella liturgia bizantina”, molto seguita, presente Palumbo che registrava il colloquio e poi ne trascrisse il testo, incontrammo Mario Luzi il 14 luglio 1989 al Jolly Hotel (così come allora era denominato il grande albergo al palermitano Foro Italico), per una intervista, meglio per un dialogo che, come può constatarsi a 26 anni di distanza, ha ancora un lucente smalto e un validissimo fondamento.
Luzi fu anche Autore, stimolato da Pietro Carriglio, di un opera teatrale dedicata all’eroico Padre Pino Puglisi, trucidato dalla mafia, dal titolo Il fiore del dolore del 2003, alla cui prima al Teatro Biondo assistetti partecipe e che ebbe un seguito l’indomani con un incontro-recitals, con la partecipazione della poetessa Caterina Trombetti, con la partecipazione dello stesso Luzi, al Ridotto dello stesso teatro, coordinato dal poeta Elio Giunta.
La grande saggezza, il rigore, lo stile di Luzi convergono nel mio grato ricordo nella sua calda parola e nei suoi alti insegnamenti , insieme alla sconfinata ammirazione per la sua opera poetica e letteraria.
Abbiamo tutti il dovere e la straordinaria possibilità di  attingere al suo straordinario magistero. Come faccio adesso, modestamente, proponendo questo bellissimo testo inedito del 1989, tutto da meditare e attualizzare.
 
  • C'è la possibilità di una rinascita di una poesia ancorata ai valori, per così dire, "forti"?
  • Penso che, come tutti i processi di consunzione, anche questa specie di sperimentalismo oggettivale si esaurirà per una richiesta che non può fare a meno di nascere con altre formulazioni e credo che la motivazione etica e religiosa sarà tra le prime ad essere richiesta.
Per una dialettica fatale, tutto questo insieme approderà alla richiesta di una poesia religiosa di "annuncio", oltre che di denuncia, in quanto anticipa quello che è già presente nell'amarezza e nella malattia dell'uomo contemporaneo.
  • Nella crisi complessiva delle ideologie individualiste, che ruolo ha, secondo lei il poeta o intellettuale?
  • Il poeta non ha molto in comune con l'intellettuale. Il lavoro del poeta è più fondamentale. Quello che tipizza l'uomo, l'ideologia individualista o quella della massa hanno qualcosa di provvisorio. Il poeta invece ha ancora le sue ragioni integre da far valere, non solo per sé, ma anche per gli altri, che nelle ideologie vengono sacrificate e subiscono un'amputazione sacrificale ingiustificata. Ogni volta che il poeta entra in azione, rimette tutto in discussione…
L'uomo di oggi è talmente condizionato che non sa più qual è la sua identità, quali sono i suoi diritti più veri e neppure i desideri fondamentali.
Il poeta butta a mente tutto ciò, perché si avvale della lingua, che ha i meccanismi per fare saltare tutto ciò.
  • Esiste una "verità" del linguaggio?
  • Esiste una naturalezza del linguaggio, con tutte le affermazioni epocali che esigono di attingere il profondo naturale dell'uomo in quello strato che è immerso nella natura della sua legge per una metamorfosi finalizzata alla sua perfezione.
  • C'è una linea ascendente dunque?
  • È molto drammatica, piena di ricadute; ma ha il compito di umanizzare il mondo (Rilke).
  • E la tecnica?
  • È qualcosa di alcune qualità delle donne assorbite che ha promesso alcune qualità dell'uomo. L'uso adeguato della tecnica è un frutto di scienza.
  • E l'uomo di oggi è il migliore dal punto di vista dell'umanizzazione?
  • Da Rousseau è stato perseguito il pregiudizio contro il mondo sociale, che era avvertito come perdita di beni preesistenti. Il suo miraggio era un tipo di "progressione" che avrebbe recuperato le perdite. Ogni conquista comporta l'uccisione di qualcosa che esiste. Quando si scrive, questo comporta la morte del linguaggio precedente.
  • Una domanda provocatoria: tra un'etica di valori comuni e quella cristiana cosa può esservi di congruo?
  • Valori comuni… Va approfondita la motivazione puramente civile dell'etica, perché essa non è sufficiente per la stessa civiltà. Dinanzi allo sgretolamento di ogni consistente valore, i così detti "valori comuni" sarebbero già un "grandus", ma che non può soddisfare una generazione nascente che richiede valori assoluti. Bisogna arrivare a risposte totalizzanti.
  • Accetta lei il binomio poesia-profezia?
  • La poesia ha la virtù di richiamare l'uomo a sé stesso, di metterlo davanti al suo problema. La poesia ha la forza di progettare l'uomo futuro e di indicarlo anche alla scienza, che ha il compito di restituirlo a sé stesso.
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