Presentazione del libro di Aldo Alessandro Mola, “Vita di Vittorio Emanuele III.1869-1947”, (Ed. Bompiani) – di Manlio Corselli

La figura di Vittorio Emanuele III è stata nel tempo oggetto di contrastanti e discutibili giudizi politici e storiografici non sempre frutto di equanime valutazione e per lo più derivanti da prese di posizione subordinate alle ideologie di riferimento del secolo scorso.

Più che un Re discusso è, invece, un Re da discutere, cioè un Re da questionare, da riscoprire, ovvero una responsabile figura di Capo di Stato da tornare ad interpretare con sincero interesse, con animo aperto, liberandola, infine, dalle incrostazioni ermeneutiche che l’hanno cristallizata in sembianze austere, mute e direi quasi ritrose sullo sfondo di un panorama storico assai mosso e travagliato, abitato per lo più dall’avvento delle masse emergenti e dal protagonismo di leaders politici i quali, – a loro volta irresponsabili manipolatori di quelle folle osannanti – ne furono tragicamente e negativamente Capi carismatici.

Finalmente, grazie alla fatica storiografica di un eccellente studioso qual è Aldo Alessandro Mola, disponiamo di un’opera ben strutturata, criticamente fondata, filologicamente corretta, inappuntabile nell’uso della materia documentaria, di impeccabile capacità di giudizio, la quale si propone tacitianamente di essere sine ira et studio senza, per altro, nulla concedere agli asettici toni dell’avalutatività.

Aldo Alessandro Mola ha scelto di compendiare in questo ponderoso volume la sua vasta e cospicua ricerca – che ha avuto come costante linea scientifica la ricostruzione del Risorgimento, civile, morale e politico del popolo italiano attraverso gli attori e i personaggi che ne promossero il felice esito unitario superandone i secolari clavages – concentrandola in un approccio empatico, ma rigoroso, nella figura di un Sovrano che ebbe il destino di essere il più longevo monarca della Dinastia sabauda, ma anche quello di regnare lungo un tempo nel quale tutto il continente europeo fu attraversato da trasformazioni epocali economiche, sociali e di regimi politici, conducendo l’Italia da una supposta minorità all’interno del consesso delle Nazioni alla maggiorità di una potenza di rango geopolitico e di ruolo imperiale, fino a traghettala fuori dal fuoco e dalle fiamme di un secondo e più aspro conflitto mondiale il quale fu pure causa di lacerazione della comune identità nazionale, terreno di guerra tra i figli della stessa Patria.

Per la forma narrativa da conferire a questo suo nuovo saggio, Mola ha preferito privilegiare il genere letterario della biografia, genere per altro additato da T. Carlyle e da W. Dilthey come il più congruente per mettere a fuoco negli erlebnisse di una grande personalità della storia l’incidenza dei cruciali problemi del periodo coevo in cui questa personalità ebbe in sorte di operare, i quali ‘vissuti’, peraltro, restituiscono alla di lei esistenza segnalate valenze di dignità storica.

Sotto questo punto di vista risulta positivamente anticonformista il fatto che il Nostro adotti il paradigma ermeneutico della biografia, dal momento che questo paradigma è alquanto lontano dal favore degli storici che amano trattare quei personaggi collettivi – come infatti li chiama P. Ricoeur nel suo Tempo e racconto –, interpretandoli, da un lato, in virtù di impersonali categorie ermeneutiche e raffigurandoli, dall’altro, in anonime sembianze. Questi storici, perciò, infarciscono, la trama del racconto del corso della storia con macro personaggi quasi ‘riassuntivi’ i quali vengono connotati schematicamente con i nomi di ‘Proletari’, ‘Capitalisti’, ‘Progressisti’, ‘Reazionari’ mentre, per altro verso, li movimentano nel teatrino planetario degli eventi del passato, del presente e del futuro ricorrendo a diverse causazioni dinamiche ora, cioè, alle forze della lotta di classe, ora alle vindici violenze iconoclastiche, ora alle inesorabili ideologie palingenetiche ora, ma non per ultimo, alle rispettabili agitazioni per le buone cause del ‘politicamente corretto’.

Più correttamente, e direi saggiamente, l’Autore riporta al centro del corso della storia e della narrazione storica, l’uomo, l’uomo con la sua specifica personalità, l’uomo legato alle proprie res gestae per via della sua volontà, della sua intelligenza, della sua razionalità e del suo senso di responsabilità: insomma, l’uomo politico strutturato dal suo carattere quale vivente espressione di un clima morale e culturale.

S.M. Vittorio Emanuele III fu, appunto, questo tipo di uomo: sobrio nei suoi atteggiamenti, meditato nei suoi gesti, soppesato nelle sue decisioni, acuto nelle sue osservazioni, pronto a servire e a salvare la Patria nel drammatico naufragio di Caporetto e del Regime Fascista. Fu un Re che non si lasciò trascinare dagli orpelli di corte, dalle mode del chiasso degli entusiasmi, dal vociare delle piazze, dalle parole magniloquenti, dagli atteggiamenti di stampo cesariano, ma fece della concretezza una regola anche politica quando scoccò l’ora di prendere delle gravi decisioni superiori le quali potevano sembrare in qualche maniera anche indecifrabili oppure alquanto scomode ma che, tuttavia, apparivano ormai irrinunciabili nei frangenti in cui furono prese.

Col presentare il profilo di Vittorio Emanuele III in questi termini, Aldo Alessandro Mola dimostra infatti di essere essere assai lontano dal rischio del canone psicologico tipico di una banale narrazione biografica poiché, come si è rilevato, assume la vita del penultimo Re d’Italia quale centro di apertura conoscitiva della complessità del tutto oggettiva del caleidoscopio dello Zeitgeist della modernità politica del Primo Novecento, periodizzata nella inedita formula della ‘Guerra dei Trent’anni’ del Ventesimo Secolo: una formula chiarificatrice, questa, che rende conto dell’anteriore sciame di inquietudini culminate nei regicidi europei di Monza e di Sarajevo e delle successive catastrofi belliche mondiali.

L’esistenza del Re Vittorio Emanuele III assurge, in questo efficace quadro di periodizzazione storica, a filo conduttore intorno al quale una serie di eventi che la accompagnano e la coinvolgono sembrano irrompere imprevedibilmente per segnare irrimediabilmente il destino di quel singolo Uomo e quello di intere generazioni di italiani e di europei.

Alla luce della precedente considerazione, il nostro Autore non è alieno dall’adoperare per la biografia del ‘Re Vittorioso’ il metodo ricostruttivo della ‘histoire événémentielle’ – poggiato sull’evento e sulla sua collocazione in una ordinata scala cronologica – che coniuga con armoniosa maestria con il metodo della ‘histoire de longue durée’ – poggiato sulla sequenza dei nessi condizionali e nelle implicazioni di lungo termine dell’agire politico – dimostrando, così, che la lezione metodologica di F. Braudel può essere applicata con successo per spiegare l’unicità della figura storica del Sovrano italiano ma anche per far risaltare gli effetti permanenti del suo agire di lungo respiro.  Non si può sottacere, dunque, che Vittorio Emanuele III ebbe in sorte, durante la sua vita ed il suo regno, la sfida del confrontarsi sia con l’incidenza della rapidità dell’evento sia anche con la capacità di padroneggiarlo fino a piegarne gli effetti più perturbanti e rischiosi per la stabilità politica del suo Paese.

Non si può trascurare, appunto, di ricordare la galleria di eventi eccezionali che punteggiarono la lunga durata del periodo del suo regno, i quali costituirono per lui ogni volta un segno di svolta ma anche la spinta ad una ricerca di composizioni risolutrici nell’ottica di doverne stemperare gli aspetti traumatici per l’ordine e la salute pubblica incanalandoli, infine, nelle fondamenta costituzionali che legittimavano l’agire della Corona. 

Un istantaneo e convulso evento assassino spezza la serenità di un viaggio e catapulta il trentunenne Principe alla assunzione del Trono; la velocità dello sfondamento della linea del fronte a Caporetto – circostanza foriera del probabile crollo del fronte interno dell’ancor giovane Stato italiano – lo consegna invece alla storia della ‘lunga durata’ come il ‘Re Soldato’ che sta fra i suoi soldati; il settembrino brusco, improvvido annuncio di ottanta anni or sono di un ingeneroso armistizio – lontano dall’offuscare la già avvertita consapevolezza del monarca italiano della necessità improcrastinabile dello sganciamento da una esiziale e funesta alleanza militare – lo addita invece, nella interpretazione della storiografia della ‘lunga durata’, come quella sola legittima Autorità che fa da garenzia della continuità dello Stato in un Paese occupato da eserciti contrastanti e sprofondato nel bellum omnium contra omnes.

Il lavoro di Aldo Alessandro Mola, perciò, fa egregiamente risaltare che la historia vitae di questo Sovrano scorre, dunque, lungo le parallele della ‘storia breve’ e della ‘storia lunga’. Essa è invero un intreccio di impreviste sfide emergenti e di meditate risposte di lungo e largo segno significativo che costituiscono pulsante materia di un racconto intrigato ed intrigante. A queste sfide immediate, osserva l’Autore, il Re seppe opporre soluzioni che non erano semplicemente tattiche ma, al contrario, rispondevano a nette visioni strategiche motivate dalla coerenza dei suoi doveri dinastici, dalla fedeltà all’opera compiuta dai suoi Avi, dalla memoria della grandezza dell’Italia e del compito che essa avrebbe dovuto occupare nel consesso delle nazioni moderne.

L’angolazione narrativa del nostro biografo illumina, pertanto, nella dinamica dell’esistenza storica l’unità della personalità del Terzo Vittorio Emanuele, cioè la sua ‘Regalità’ di Sovrano per ‘Grazia di Dio’ e per ‘Volontà della Nazione’, nonché la sua doverosità nel voler adempiere scrupolosamente al ruolo di ‘Primo funzionario’ dello Stato proprio per assolvere al vincolo che, quale monarca costituzionale, lo legava alla Nazione. Di coseguenza, Mola, accanto ai riposti intenti soggettivi, mette a fuoco gli intenti oggettivi del Re, cioè le motivazioni del suo agire ‘pubblico’ portando, così, alla luce i ‘perché’ della sua coerenza in relazione allo svolgimento dei suoi supremi compiti di Capo dello Stato.

Come si è detto, il nostro Autore incardina l’universo dei ‘vissuti’ che ruotano intorno a Vittorio Emanuele III in un rigoroso statuto scientifico che non consente nessuno sconfinamento dell’elemento biografico del Monarca nella rete esclusiva della psicologia o della sociologia, e neppure in quella dei travisamenti ammiccanti oppure intenzionalmente malevoli. Infatti, la biografia intesa sia come arte sia come scienza storiografica è simultaneamente memoria di vita e di comunità di vite, esistenza elevata scienza conoscitiva ma anche connotata dall’arte in quanto vuol presentarsi come un racconto avvincente di una vita interessante e storicamente coinvolgente per le altre vite della posterità.

Tuttavia va detto che per il serio storico di professione è impossibile ‘rifare’ una vita nella sua interezza storica senza dover lavorare sull’ apparato documentario di supporto. Questo, dunque, è quanto fa il nostro Mola quando non trascura affatto, come si legge in un volume curato da Tommaso Romano, che una biografia non può omettere i documenti di archivio, ovvero non può non attingere alla diaristica degli attori, alle relazioni degli uomini di governo e di opposizione, al clima dell’opinione pubblica veicolata dalla stampa del tempo. Una biografia esige l’apporto delle scienze ausiliarie della storia e, pertanto, Aldo Alessandro Mola mostra di far propria la lezione degli antichi manuali di metodo storico, come quello proposto dai positivisti francesi Langlois e Seignabos, ma anche accoglie l’invito lanciato da L. Fevbre per scrivere una moderna storia ‘à part entiére’ intorno al soggetto di studio che ha prescelto. 

L’architettura della sua monografia, dunque, appare ben articolata nella periodizzazione che va dall’età vittorioemanuelina fino al termine della monarchia in Italia. Essa si eleva sulle solide fondamenta di un  immenso, esaustivo strato documentario senza il quale è pregiudicata qualsiasi aspirazione ad una storiografia scientifica. La storia, infatti, si fa con i documenti e, conformemente a questa regola, Mola correda una buona parte del saggio non solo con puntuali, specifiche fonti documentarie ma anche con le fonti di riferimento costituzionale dell’allora Regno d’Italia.

Non va comunque sottovalutato, per altro e complementare verso, che il valore di una biografia dipende in alto grado dalla deontologia del biografo, dalla sua magnanimità d’animo la quale – come sosteneva tempo fa H. I. Marrou – sa abbracciare la vita del suo biografato, la sa porre innanzi a sé con spirito di amicizia e benigna severità, con generosità e responsabile senso di prudenza, con prossimità e necessario distacco. La moralità professionale di Aldo Alessandro Mola costituisce pertanto il plusvalore di questo saggio che si fa leggere con una estrema attenzione poiché si presenta come una autentica novità nel panorama degli studi prodotti sul Terzo Vittorio Emanuele.

 Da qui emerge l’immagine di un Re meno indecifrabile, di un Vittorio Emanuele  meno enigmatico di quanto si è voluto indugiare nella sua ricostruzione ed in effetti la figura di questo Sovrano ne esce ben proporzionata grazie ad una chiave di lettura che sta nel calco della Storia delle istituzioni politiche nel privilegiare rigorosamente le linee e le categorie della dottrina dello Stato costituzionale.

In quanto Re costituzionale di una monarchia parlamentare, Mola sostiene che il Re Vittorio Emanuele III non si discostò dal dettato dello Statuto che l’Avo Carlo Alberto aveva concesso per il Regno di Sardegna e poi trasferito nel nuovo Stato unitario. Il Terzo Vittorio Emanuele fu personalmente ossequioso dello spirito e della forma di una Costituzione che, come si sa, non rientrava nella tipologia delle Carte Costituzionali rigide la quale, pur tuttavia e non senza un certo paradosso, imbrigliò invece nella rigidità gli atti del Monarca, il suo esercizio di sommo moderatore fra i poteri allorquando l’edificio dello Stato fu scosso dallo squilibrio che gravemente si profilò durante il suo regno fra i poteri previsti dall’ordinamento dell’Italia liberale nata dal Risorgimento e il ius condendo posto in essere dal regime fascista di stampo autoritario. Va detto, dunque, che il Re potè essere un monarca costituzionale fino a quando la classe politica ebbe chiara coscienza che l’unità e la coesione nazionale avevano trovato in Casa Savoia la loro spada ed il loro scudo.

Quando venne meno questa consapevolezza, il Monarca, pur non volendo deflettere dal considerarsi un Re costituzionale, non ebbe neppure gli strumenti costituzionali a cui ricorrere per respingere da Capo dello Stato, da un lato l’esondazione del potere dell’Esecutivo,  dall’altro una legislazione fascista smaccatamente anticostituzionale e finanche minacciosa per l’istituzione monarchica e la stessa Corona. Infatti, a differenza della attuale Costituzione repubblicana, quel Capo dello Stato non poteva rinviare le leggi al Parlamento né lo Statuto prevedeva l’esistenza di una Corte Costituzionale. In questo senso, pertanto, Aldo Alessandro Mola respinge la tesi secondo cui vi fu una complicità diarchica fra la Monarchia e il Fascismo.

Tuttavia S.M. il Re – nota Mola a ragion veduta – non fu una figura istituzionale inerte sia dal punto di vista degli impulsi di indirizzo sia dal punto di vista delle correzioni politiche che intese dare al ceto politico di turno. Per esternare le sue valutazioni, Egli ricorse ai pochi, limitati strumenti costituzionali, dinastici e premiali di cui poteva correttamente disporre. Pertanto, chiarisce l’Autore, non fu inerte nel manifestare lo scopo di Casa Savoia di ribaltare la Triplice Alleanza per completare l’unità di Italia con Trento e Trieste ricorrendo ad una avveduta politica di concessione delle Dignità onorifiche a Capi di Stato che appartenevano a coalizioni di alleanze avversarie a quella a cui era legata l’Italia. Usò altrettanto dei suoi poteri di fons honorum per segnalare, con discrezione, la sua sovrana benevolenza a qualche Gerarca che si distingueva per assumere posizioni frondiste rispetto al Regime. Ma il Re, aggiunge Aldo Alessandro Mola, cercò pure di dare forza e vigore al Senato del Regno per appoggiarsi ad una Istituzione che era tendenzialmente composta da una rappresentanza di stampo conservatrice, tradizionalmente leale con la Monarchia. Non sempre, tuttavia, il Senato corrispose alle intenzioni del Sovrano e ciò dovette essere per lui motivo di rammarico. Una maggiore consonanza di sentire, sottolinea l’Autore, egli la trovò piuttosto fra gli esponenti della Massoneria italiana che nel corso del suo lungo regno rimasero vigili e memori custodi degli ideali liberali del Risorgimento.

La biografia scritta da Aldo Alessandro Mola ci consegna la figura del Re Vittorio Emanuele III come quella che ha segnato una precisa età, come il primo Re nato da cittadino italiano, come un Monarca a tutto tondo sabaudo, come un Sovrano che non aveva dimenticato che lo Statuto era stato difeso e mantenuto dopo Novara dal Padre della Patria, tanto è vero che volle inaugurare all’Augusto Re suo Nonno il monumento del Vittoriano collegandolo simbolicamente con la celebrazione del cinquantesimo anniversario dell’Unità. Egli ebbe in massimo grado l’energia del Sovrano perché, in conformità alla categoria del ‘politico’ di Carl Schmitt per la quale <<è Sovrano chi decide lo ‘stato d’eccezione’>>, Vittorio Emanuele III seppe e volle decidere sullo ‘stato d’eccezione’ che punteggiò, in più occasioni, la durata del suo regno.

 

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