“Il valore affettivo ed educativo del libro” di Giovanni Teresi
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- Category: Scritture
- Creato: 05 Marzo 2021
- Scritto da Redazione Culturelite
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Il modo in cui l'umanità scrive e legge libri si evolve continuamente: dalle iscrizioni su pietra ai papiri e poi alla carta, dal lavoro manuale alla stampa, da una fruizione elitaria alla diffusione di massa. Ogni cambiamento ha costituito un passo avanti nella civiltà, e tutto fa pensare che anche l'avvento dell'ebook faccia parte di questo progresso.
Ma davvero il digitale può sostituire il cartaceo?
Non è soltanto una questione di praticità e/o di costi. Il libro stampato, semplicemente in quanto oggetto, ha un valore estetico che il digitale non può riprodurre. L'importanza del libro cartaceo non risiede tanto nel contenuto, che l'ebook mette comodamente a disposizione, ma nella sua fisicità: può essere toccato, annusato, sottolineato, sciupato, riposto nella libreria di casa. Porta addosso i nostri segni, sviluppa un rapporto diverso con la conoscenza, è un pezzo dello nostra storia. Il ruolo dell'ebook, a mio parere, non può essere sostitutivo del cartaceo, ma semplicemente complementare. Il piacere di sfogliare un libro con le proprie mani non può essere rimpiazzato dalla schermata di un computer: si tratta di un argomento sentimentale forse, e poco pratico, ma in fondo stiamo parlando di libri, di letteratura, di arte, e non di altro.
A tale proposito, Umberto Eco nella sua “Bustina di Minerva”, così si esprime:
"[...] Ci sono due tipi di libro, quelli da consultare e quelli da leggere. I primi (il prototipo è l'elenco telefonico, ma si arriva sino ai dizionari e alle enciclopedie) occupano molto posto in casa, son difficili da manovrare, e sono costosi. Essi potranno essere sostituiti da dischi multimediali, così si libererà spazio, in casa e nelle biblioteche pubbliche, per i libri da leggere (che vanno dalla Divina Commedia all'ultimo romanzo giallo). I libri da leggere non potranno essere sostituiti da alcun aggeggio elettronico. Son fatti per essere presi in mano, anche a letto, anche in barca, anche là dove non ci sono spine elettriche, anche dove e quando qualsiasi batteria si è scaricata, possono essere sottolineati, sopportano orecchie e segnalibri, possono essere lasciati cadere per terra o abbandonati aperti sul petto o sulle ginocchia quando ci prende il sonno, stanno in tasca, si sciupano, assumono una fisionomia individuale a seconda dell'intensità e regolarità delle nostre letture, ci ricordano (se ci appaiono troppo freschi e intonsi) che non li abbiamo ancor letti, si leggono tenendo la testa come vogliamo noi, senza imporci la lettura fissa e tesa dello schermo di un computer, amichevolissimo in tutto salvo che per la cervicale. Provate a leggervi tutta la Divina Commedia, anche solo un'ora al giorno, su un computer, e poi mi fate sapere. [...]"
Il filosofo inglese Bacone, in quest'ottica, faceva una distinzione dei libri, con un'efficace metafora: "molti libri devono essere assaggiati, altri trangugiati, ed alcuni, pochi, masticati e digeriti".
Ma, forse, l'abilità dello scrittore si esprime proprio in questa funzione di far pensare, se come dice Vittorio Alfieri: "Leggere, come io l'intendo, vuol dire profondamente pensare".
Grazie ai libri, dunque, si può riflettere insieme, in una sorta di "globalizzazione" del pensiero che stimoli un "work in progress", in cui i lettori divengono protagonisti e non più spettatori, "dove suggerimenti e suggestioni, anche attraverso la fulminante intelligenza degli aforismi e l'acutezza delle citazioni, permettono di verificare come la complessità dell'esistere ci accomuni a tutta l'umanità, senza confini di tempo o di spazio".
Ed i pensieri prendono corpo e divengono "pensieri concreti, fantastici, buoni, cattivi, dolci, bizzarri, incerti, ispirati, sublimi, semplici, originali, ostinati … ma sempre essenza dell'essere".
Il libro, dopo essere stato letto, viene interpretato ed inserito nel proprio mondo intellettuale e produce risposte, a volte inaspettate e piacevoli per colui che lo ha scritto.
L’altro giorno il mio amico scrittore e poeta prof. Tommaso Romano mi ha trasmesso un interessante articolo “Carta- canta” dello scrittore Marcello Veneziani, che riassume il valore affettivo dei libri, e che riporto nella sua interezza:
“Vivo in una casa con mille fratelli maggiori. Ma non occupano molto spazio con i loro corpi di carta; chi mezzo, chi un intero palchetto, chi lo spazio di pochi centimetri. Come avrete capito, i fratelli maggiori di cui parlo sono gli autori dei libri che gremiscono la mia biblioteca. Sono fratelli a volte più antichi di Cristo, come Omero, i libri sacri e i filosofi greci, altri sono più vicini nei secoli, qualcuno l’ho conosciuto e taluno è vivente. Tra loro c’è pure uno scaffale con 38 costole mie, libri scritti lungo più di quarant’anni (non sono vecchissimo, cominciai presto). Mi piace organizzare con loro feste a sorpresa, soprattutto d’inverno, e passare una serata in affollata solitudine, passando da un fratello maggiore all’altro, per una rimpatriata; a volte ricordando insieme qualcosa, a volte rubando loro un pensiero, un giudizio, un’atmosfera. È bello avere compagni di solitudine, soprattutto ora che viviamo da mesi agli arresti domiciliari, in soggiorno obbligato per ragioni di pandemia. E ancor più a loro mi attacco, e in loro mi rifugio, quando vedo, con disgusto crescente, il regno globale dell’attualità, il nostro presente nazionale, la nostra vita quotidiana … Loro non ti tradiscono, non cambiano bandiera.
C’è chi vorrebbe procedere alla cremazione dei fratelli maggiori, conservando la loro cenere in una più agile urna, l’e-book, o semplicemente affidando il loro ricordo alla clemenza della rete che tanto contiene e troppo ricorda, anche robaccia. Ma l’esperienza tattile del libro è imparagonabile, insostituibile; non basta vedere su uno schermo, bisogna toccare il loro corpo plasmato dal tempo, sentire la loro età, il loro odore, la loro cartilagine. Il libro somiglia al tappeto di seta: più è usato e più ha valore. Dico valore affettivo, storico, prima che commerciale. Io proporrei anzi di non chiamarlo più libro usato, ma libro vissuto. Perché i libri, come insegnano i mille fratelli maggiori, sono vita raccolta in carta e pensieri, e averli letti, toccati, chiosati, li rende più veri e più vivi. Ogni lettore aggiunge uno strato di vita. Certo, poi ci sono i libri abusati o logorati dal tempo, squinternati e ridotti ad una degradante vecchiaia. Ma i libri che odorano di vita e lettori, sono ancora più ricchi, crescono con l’uso.
Non c’è settimana che io non legga, e che voi non leggiate, annunci di morte per il libro di carta stampata. Ogni libreria che chiude è una piccola morte della mente e dell’anima. Funerali anticipati, a volte con una punta di sadico compiacimento, di barbarie nascosta nell’ipermodernità, vestita di tecnica on line. Mi auguro che finisca prima l’uomo del libro, e che il postlibro riguardi i postumani, non noi e chi sarà come noi. Bello è il sapere fluttuante nell’etere, i libri disincarnati sul video e i saperi visti e toccati sul display; ma noi siamo politeisti e abbiamo bisogno di avere più fonti di sapere e di vita, anche quelle più antiche. Perciò difendo i miei mille fratelli in carte, i Libri Vissuti. E a loro mi aggrappo con tutta la mente, per non disperarmi al tempo del lockdown. Carta canta, non sopprimete quel canto”.
E' proprio così: entrare in un libro è intraprendere un viaggio nella memoria proiettata nel futuro, dove la realtà diviene meno vivida e concreta, ma più soffusa e particolareggiata, tanto da stimolare l'attenzione del lettore e permettergli di uscire dai suoi luoghi comuni e conosciuti e di liberarsi verso altri pensieri. Quando si legge un libro, dunque, si incontra l'autore nella "strada" che sta tracciando; ma è solo una sensazione momentanea, perché, contemporaneamente, si comincia a costruire quella propria, e si diventa così "architetti" di quella piazza dove le idee si confrontano e si sviluppano. Io condivido interamente tale concetto sul valore del libro. Io che conservo i testi su cui ho studiato dalle elementari all’università, assieme ai fratelli vecchi e giovani, come dice Marcello Veneziani, non so distaccarmi e a volte, rispolverandoli, li accarezzo con sacrale rispetto.
L’importanza ed il valore dei libri trova la sintesi nella frase dello scrittore americano Morley che dice: “ Quando si vende un libro a una persona, non gli si vendono soltanto dodici once di carta, con inchiostro e colla,gli si vende un’intera nuova vita. Amore, amicizia, e navi in mare di notte; c’è tutto il cielo e la terra in un libro, in un vero libro”.
La giovinezza, per un uomo maturo, sta proprio nel mantenere la mente in funzione, grazie alla lettura; dice, infatti, il poeta Petrarca: "Non riesco a saziarmi di libri. E sì che ne posseggo un numero superiore al necessario; ma succede anche coi libri come con le altre cose: la fortuna nel cercarli è sprone a una maggiore avidità di possederne. L'oro, l'argento, i gioielli recano con sé un godimento inerte e superficiale; i libri ci danno un diletto che va in profondità, discorrono con noi, ci consigliano e si legano a noi con una sorta di famigliarità attiva e penetrante".
La vita di tutti i giorni è profondamente mutata, con ritmi sempre più sfrenati, e la lettura, è stata a poco a poco messa da parte, fino quasi a scomparire. Io ritengo che questo sia uno degli errori più grandi della società attuale, perché un libro è una fonte di arricchimento non solo culturale, ma anche intellettivo, sociale, etico e morale.
Leggere le opere di autori di nazioni diverse è entrare a far parte del popolo di quella nazione, conoscendone la letteratura sarà più facile comprenderne la sua identità.
“La letteratura può essere il mezzo per caricare di senso una cosa di per sé insensata come l’esistenza” (Antonio Tabucchi).