“Elogio di Enrico Mattei” di Ferdinando Bergamaschi

Secondo alcuni documenti desecretati di recente dalla Cia nell’ambito dell’inchiesta dell’omicidio di John F. Kennedy risulterebbe che Enrico Mattei fosse un fascista che si comprò per 5 milioni di lire l’appartenenza al CLN diventando così un comandante partigiano nelle file della Democrazia Cristiana durante la Resistenza. Mattei in effetti era stato un sostenitore delle politiche mussoliniane prima dell’8 settembre. Ciò di per sé vuol dire tutto e vuol dire niente: anche Amintore Fanfani, Aldo Moro, Pietro Ingrao, Nilde Iotti - solo per fare alcuni nomi fra i tantissimi che si potrebbero fare - erano stati fascisti prima dell’8 settembre o prima della guerra. Se fosse “l’essere stato fascista” il parametro per giudicare la politica italiana, innanzitutto dovrebbero essere cancellati i tre/quarti della classe dirigente della Prima Repubblica e si dovrebbe eliminare l’articolo 1 della nostra (peraltro bellissima) Costituzione (il quale articolo 1 è un’evidente eredità  politica e ideologica del fascismo). E’ vero che senza dubbio vi fu continuità (in termini di politica energetica, politica estera e in parte di politiche del lavoro) tra il regime mussoliniano e la Democrazia Cristiana (soprattutto nelle persone di Fanfani, Andreotti e Moro) ma ciò non deve pregiudicare una valutazione nel merito della questione. Infatti la valutazione dovrebbe essere fatta solo in base a ciò che fu l’interesse nazionale. La posizione di gran lunga migliore, a nostro parere, è dunque quella di domandarsi se Mattei con la sua politica, i suoi obiettivi strategici e la sua azione abbia perseguito e attuato l’interesse morale e materiale nazionale, l’interesse morale e materiale dell’Italia, a prescindere da tutto il resto.

Veniamo dunque a considerare in sintesi la strategia e l’azione di Enrico Mattei. Nel dopoguerra Mattei aderisce appunto alla Democrazia Cristiana (ne sarà anche deputato dal 1948 al 1953) scegliendo la sinistra del partito: la corrente “Base”. Già nel 1945 sarà nominato commissario nazionale dell’Agip. L’azienda statale nacque nel 1926, in epoca fascista, e sono forti le pressioni su Mattei perché la metta in liquidazione. Ma l’imprenditore marchigiano riesce ad ottenerne il salvataggio divenendone vicepresidente. Nel 1949 Mattei individua un giacimento di gas e petrolio nella Valle Padana e ne annuncia la scoperta. Egli intuisce che il metano poteva far abbassare i costi energetici per i cittadini e per le industrie e di conseguenza decide di avviare l’edificazione di una grande rete di metanodotti.

Naturalmente tutto ciò comportò che Mattei si mettesse contro i privatizzatori i quali, coinvolgendo il ministro dell’Industria Lombardo, presentano un disegno di legge che si propone di togliere all’Agip la libertà d’azione nella Valle Padana. Il 26 ottobre 1949, in un importante discorso alla Camera, Mattei si scaglia contro questi propositi privatizzatori e oltre al resto pronuncia le seguenti parole: “Con il gas della pianura padana, lo Stato, e soltanto lo Stato, può proporsi di stimolare quella industrializzazione del Mezzogiorno che è stata finora irraggiungibile, perché si è sperato, a torto, che essa entrasse nei calcoli di convenienza di imprenditori privati”. L’imprenditore marchigiano alla fine la spunta e il 21 febbraio 1953 viene approvata la legge che istituisce l’Eni, di cui egli ne sarà primo presidente. Mattei ritiene che un’armoniosa sintesi mista tra impresa pubblica e privata sia indispensabile e a questo fine si adopera perché si crei uno “Stato imprenditore” che operi con le regole del mercato nell’ottica strategica, però, di garantire lo sviluppo dell’Italia attraverso la distribuzione di energia a basso prezzo: il fine ultimo dunque, per Mattei, è l’interesse nazionale, ed è lo Stato ad avere quindi l’ultima parola (effettivamente proprio come accadeva nel Ventennio).

Ma un fine strategico di ancor più vasta portata Mattei lo coltiva per quella che potremmo addirittura chiamare “la politica estera matteiana” (giustamente più d’uno ha fatto notare che allora l’Eni fosse, e forse in parte anche oggi sia, una sorta di Ministero degli Esteri). Con la consapevolezza di andare allo scontro frontale con le “Sette Sorelle” angloamericane che con metodi neocolonialisti controllavano la produzione petrolifera del Medio Oriente e del Nord Africa, Mattei si lancia alla “conquista” del Mediterraneo. La prima nazione con cui l’imprenditore marchigiano decide di fare sponda è l’Egitto di Nasser. E qui Mattei darà il via a una politica davvero rivoluzionaria e lungimirante: a Nasser, infatti, l’imprenditore marchigiano  propone un accordo molto diverso da quello a cui lo vincolavano le compagnie angloamericane le quali imponevano la divisione al 50% dei guadagni; nel febbraio del 1956, infatti, Mattei firma con Nasser un’intesa che garantisce all’Egitto il 75% dei guadagni; non solo: l’intesa prevede che l’Egitto compartecipi alla ricerca e all’estrazione del greggio.  Sarà poi il turno del Marocco, della Libia, dell’Algeria e dell’Iran, nazioni con le quali l’Eni stipulerà lo stesso accordo raggiunto con l’Egitto. Questa strategia di Mattei è quindi volta ad avviare un processo per cui queste nazioni ex coloniali possano, attraverso la sovranità energetica, diventare soggetti autodeterminati del proprio futuro non solo economico ma anche politico.  Ma non basta: Mattei si prodiga nella sua azione strategica anche ad est. Il 4 dicembre 1958 Eni stipula un contratto con l’Unione Sovietica per l’acquisto di petrolio grezzo dal governo russo. Nell’ottobre del 1960 Mattei (che qualche mese prima fu tra gli organizzatori del viaggio del Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, a Mosca) sigla uno storico accordo con la Russia nel quale il governo sovietico si impegna a fornire, in 4 anni, un’ingentissima quantità di greggio ad Eni ad un prezzo molto favorevole, suscitando l’ira degli Usa. E’ importante considerare che questi accordi, nella visione di Mattei e nella realtà, non avevano solo un valore economico ma incidevano profondamente nella strategia politica.

    Il 7 agosto 1962 il Regno Unito viene informato di questa affermazione di Enrico Mattei: “Ci ho messo 7 anni per condurre il governo italiano verso una apertura a sinistra. E posso dirle che mi ci vorranno meno di 7 anni per far uscire l’Italia dalla NATO e metterla alla testa dei paesi neutrali”.

    Poche settimane dopo, il 27 ottobre 1962, cadeva a Bascapè, in provincia di Pavia, l’aereo su cui si trovava quel grande italiano che fu Enrico Mattei, il quale trovò così la morte. E’ giusto anche ricordare che con lui morì il suo pilota personale e strettissimo collaboratore, Irnerio Bertuzzi, già asso della Repubblica Sociale Italiana. Bertuzzi peraltro fu solo uno tra i tanti ex volontari della repubblica di Mussolini che Mattei volle all’Eni come suoi collaboratori.

   

 

 

 

 

Pin It

Potrebbero interessarti

Articoli più letti

Questo sito utilizza Cookies necesari per il corretto funzionamento. Continuando la navigazione viene consentito il loro utilizzo.