“Enrico Cecotto, ‘Pop Relazionale’, al ristorante Natale Giunta dal 14 Novembre 2019” di Anna M. Esposito

Nella cromia e nella tattilità delle opere di Enrico Cecotto sta il segreto. Giovane, preparatissimo, avvezzo a fatiche e difficoltà, Enrico nasce con il dono dell'arte. Frequenta il liceo artistico e poi l' Accademia di belle arti in un luogo fondante per l'arte, Venezia. Non pago, consegue il Perfezionamento a Brera, altro luogo celebre per la preparazione artistica.  Impossibile una corretta lettura della sua opera non tenendo di conto di questa sua  lunga e meticolosa preparazione. Ogni suo oggetto (perché tali sono sono le sue opere, compilazione di oggetti) è la parte di un discorso. Discorso che mi enuncia con calore, aprendosi gradatamente, pieno com’è di cose già fatte e cose da dire.
Un uomo che si è donato all'arte, che ritiene di dovere dare il suo contributo e porta a compimento, con amore e precisione, questa sua esigenza.
 
Ciò che affascina lo spettatore, in un artista  del suo genere, è la sensazione che dietro le opere ci sia dell'altro, un di più da scoprire. Incuriosita, ho desiderato conoscerlo, per leggere correttamente la sua arte e comprenderne tutti gli aspetti. Un occhio superficiale non può che vedere in lui l'artista d'arredo, che usa popolari argomenti alla moda. È stato importante per me avere le necessarie informazioni per leggere oltre la tavolozza dei colori brillanti e lussuosi, del vinile colorato, delle chiazze di tessuto sintetico a stampa animalier.
Conoscendolo, ho scoperto che è ferma, in lui, la determinazione dell’impegno e della denuncia: apparteniamo al Mondo, e nel Mondo abbiamo il nostro posto, esattamente come ogni altro elemento animale e minerale. Per questo dobbiamo vedere noi stessi quali piccole parti di un universo infinito nel quale tutto è importante ed ha il suo scopo: ogni foglia, ogni granello di sabbia, ogni goccia d’acqua, ed ogni belva e pesce ed ogni soffio di vento ed ogni raggio di sole. Nel mondo naturale Enrico vede un repertorio infinito di forme di animali e di frutti esotici e succosi, indissociabili dai rispettivi colori. Oppure gioca con esse, le fa emergere quali protagoniste, e le traveste con altri colori, suscitando sorpresa e riflessione: come può, una banana, essere zebrata o leopardata? E lo squalo, quando ha deciso di colorare la sua pelle con i personaggi ed i colori dei fumetti, oppure di travestirsi con il pellame delle sue probabili prede? Guardare al suo lavoro, dunque, con sguardo lieve e divertito.
Eppure, superando la visione iniziale, non possiamo non notare come la creazione di questo artista sia nitida, sofisticata, ricca di contenuti.
Queste caratteristiche possono essere ottenute soltanto come effetto, dicevo, di una preparazione prolungata, rigorosa, e sono frutto di uno sguardo sul mondo contemporaneo lucido, presente, intelligente ed ironico. Ha avuto la sapienza e l’abilità di fare, dei suoi eventi di vita, gli spunti ed i temi costanti e fermi della sua produzione. Se guardiamo attentamente i suoi lavori, vi ritroviamo i frammenti del racconto del vissuto di un giovane che vive pienamente il suo tempo: le immagini ed esperienze di vita si combinano nel continuo collage degli elementi del suo repertorio.
Ovviamente, il repertorio di immagini di un giovane del nostro tempo comprende senz’altro tutto ciò che è veicolato dai mass-media: immagini pubblicitarie, ad esempio; di esse seleziona gli elementi ricorrenti. Ma abbandona ogni polemica sociale, usando le classiche appetitose immagini femminili, depurate dalla retorica di genere; poi, gli echi delle opere dei suoi colleghi pittori, koons certamente, così come l'icona di Frida. E poi i Comix ed i personaggi Marvel, riprodotti pazientemente e meticolosamente a mano, figure para-mitologiche che hanno rallegrato la fantasia dei giovani tra la fine del II millennio e l’inizio del III, trasmettendo, per quanto possa sembrare impossibile, ideali positivi di coerenza, giustizia e volontà.
E compie anche una critica nella critica: i teschi animati da risa sarcastiche sono la denuncia dell’inutilità del lusso e dello spreco: vestiamo di ricchezza ossa ed apparenze passeggere; è importante per lui sottolineare la superficialità del consumismo, che ha respirato soprattutto a Milano, atmosfere ed interessi così differenti dalla lentezza e sincerità dei luoghi nei quali è cresciuto, i luoghi della campagna veneta, luoghi  che ha interiorizzato e di cui ha fatto radici profonde ed intrecciate che lo radicano al proprio sé. Della sua infanzia mi raccontava della scoperta delle vetrerie;  i frammenti di vetro, gli scarti di lavorazione, materiali di riutilizzo inutili, ma dall’aspetto prezioso. Un finto lustro per comporre i simboli della fine.
 Enrico Cecotto è un giovane determinato, che ha costruito il suo sé traendo linfa da ogni attimo del suo vissuto. Gli accadimenti della sua vita sono stati oggetto la sua profonda e metodica analisi; poi la selezione per comprendere ciò che gli è irrinunciabile. Il frutto del suo impegno è il carattere solare e  spontaneo, ma raccolto e paziente. Natale Giunta, anche lui uomo entusiasta ed acuto, ha colto, istintivamente, questi aspetti nella sua opera, cosicché, dal loro fortuito incontro, è nata la stima reciproca e questa esposizione.
Le opere di Cecotto trovano, negli ambienti rigorosi e minimali del suo ristorante al Catello a Mare di Palermo, un luogo adatto per ottenere la valorizzazione reciproca. Seguendo il flusso del contemporaneo, Cecotto ironizza su taluni soggetti/oggetti di moda; e le decorazioni  dei tessuti animalier risalgono nuovamente alla loro origine ritornando ad essere motivi elementari del mondo naturale che vengono usati dall'artista in modo libero. In sostanza, egli dipinge non con pennelli e pasta di colore, ma con il repertorio delle forme naturali. Chiama la sua arte “Pop”, per ovvi motivi, e “relazionale”, sia perché la concepisce come interagente con l'osservatore, sia perché gli elementi e le forme nelle opere spesso si estrudono, entrando nello spazio dell'osservatore, ed anche perché le sue opere sono tattili, fatte per essere toccate. Dunque le forme sono rivestite dai tessuti di finta pelliccia oppure similpelle per  invogliare al tocco, alla  confidenza. Così come è l'autore, certamente riflessivo ma aperto alla vita, alla relazione con il ‘fuori da sé'.
Delle belve che riproduce, l'animale più emblematico è lo squalo. Privato però del suo aspetto feroce, ed usato come simbolo di quell'aspetto della vita che ci obbliga al continuo movimento. Muoversi coincide con la nostra presenza nella realtà. In questo il suo incoraggiamento ed il messaggio. Presenti, vitali, nelle strade del labirinto, la nostra vita.
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