“La Donna: Rosa Rossa creazione di Ritual Tango” di V Rose*
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- Creato: 05 Novembre 2020
- Scritto da Redazione Culturelite
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1. La rosa rossa può essere una narrazione del desiderio. Ma è anche il simbolo di un percorso di passione e rinascita. La rosa rossa antica, perduta, può esprimere la metafora di un mondo che non si ritrova più. La nostalgia per questa perdita è simile a quella dell’antico tanguero a Buenos Aires, cosciente dell’ineffabilità dell’attimo fuggente.
La nostalgia era il sentimento dominante che l’emigrante sentiva pulsare nella propria interiorità, dopo anni di distanza dalla partenza. Ciò lo induceva a ricercare un ricordo del mondo di appartenenza che aveva lasciato: come quello della sua terra e dell’amore lontano. Volerlo rivivere, il più delle volte, si rivelava deludente per l’impossibilità di ritrovarlo ancora nel presente. Poteva essere allora “immaginato” nelle atmosfere create dal Tango: una danza visiva e vibrazionale, appassionata e assente nello stesso tempo. Il Tango «è la menzogna che l’uomo ama come solo la donna sa amare, con la perdita del pudore e della famiglia, fuggendo da Dio per avvicinarsi al tango» (E. Secades).
Le danze delle sue rose rosse sono perturbanti. Se durante uno degli iniziali duelli-tango tra uomini arrivava una donna, questa – come segno di sfida verso il maschio –, lo affrontava nel ballo con il corpo di una rosa rossa fra i denti: se era un bocciolo significava che era ancora vergine. Queste prime donne, che ballavano il tango, non usavano un’arma tagliente ma una rosa rossa, che, nel dualismo alchemico del ballo, voleva significare un’arma invisibile: “combattevano” disarmate, ma non per questo erano meno pericolose. La loro arma era nelle seduzioni del loro corpo in movimento.
2. Il Tango si diffonde, dalla fine del 1880, nelle periferie e nei quartieri poveri ed emarginati di Buenos Aires e Montevideo, ottenendo successo soprattutto nelle case di tolleranza. Si pone come “rivolta” verso la cultura ufficiale. Suo moto primario è una continua proiezione del passato, espressa con la mente e il cuore per dimenticare il presente: vuole esprimere nel contempo la propria interiore malavita
L’immaginario del Tango “vive” attraverso l’improvvisazione creativa della sua camminata, l’elemento connotante di questo ballo, che permette di estrinsecare l’eleganza e la sensualità dei suoi movimenti. L’artista, come il tanguero, esprime la propria palpitante nostalgia-mancanza, che doppia nella “casa chiusa” della propria espressione. La sua arroganza prometeica ha la stessa divina nostalgia di un poeta di strada: «La vita se ne va, se ne va e non torna, la cosa migliore è goderla».
Il Tango ha come prima pista di espressione la strada, la terra battuta e come scenario i caffè di quartiere con le luci soffuse, il rumore dei dadi e le aspettative consumate a un tavolo da biliardo. Il tanguero rappresenta l’archetipo dell’uomo che desidera “giocare” con la propria vita: come afferma, in quel tempo, un suo interprete. Questo deve essere in un qualche modo un ladro, un pappone, un delinquente. Borges, il grande scrittore argentino, così esprime il concetto: «Nessuno può dire in quale città il tango sia nato, Buenos Aires, Rosario o Montevideo, ma tutti sanno in quale sia – la via delle prostitute».
I testi delle sue canzoni narrano ricordi, la terra e una donna lontana, la giovinezza perduta e naturalmente l’amore, anche quello mercenario. Se il tango «nasce nei postriboli, (…) questo stesso fatto dovrebbe farci sospettare che esso sia qualcosa come l’opposto del sesso, giacché ogni creazione artistica è, quasi sempre, un atto antagonistico, un gesto di fuga e ribellione. Si crea ciò che non si ha, (…), ciò che ci permette di evadere, magicamente, dalla dura realtà quotidiana. L’arte, in questo, assomiglia al sogno» (E. Sabato).
3. Il Tango non è solo musica: è soprattutto poesia, la cui essenza vive oscuramente dentro di noi come colonna sonora di un’esistenza che scorre. Borges, negli anni ’30, sostiene che la vera poesia del nostro tempo era quella espressa nei testi del tango. Questo ballo, come qualcuno ha detto, può rappresentare un ultimo approdo dei poeti maledetti, in quanto narra un mondo di sofferenze e introversioni, commiste ad attimi di dolcezza. Questa affermazione ha la sua conferma nei testi che lo cantano. L’inganno e la menzogna, «che l’uomo ama come solo la donna sa amare», sono “presenze” della sua essenza che colloquiano con momenti di languore.
Il Tango non è solo un pensiero, è soprattutto una emozione che vuole essere narrata. Ma risulta anche un enigma del momento con le sue possibilità sfuggenti, vissute magari attraverso «uno sguardo ricambiato o lo stiletto di una mano invisibile». Ritrovo queste atmosfere oscure nel film Tango nudo (1991) di Leonard Schrader, in cui l’esistenza è triste e sensuale come un tango, in cui convivono criminalità e prostituzione, passione e morte.
Se la nostalgia è la protagonista del tango, subito dopo c’è la donna che è sempre lontana, anche quando viene raggiunta. Dentro ogni tango c’è una donna o una sua trasfigurazione: «Un uomo da solo è fango, con la donna è tango» dice un proverbio argentino.
Il corpo della donna può trasmutarsi nel ballo in quello di un serpente notturno che si avvolge, sfiora, a tratti stringe con presa decisa. La sua sensualità è rappresentata anche dalle curve e dalle caviglie che si muovono. Che vivono attraverso la nudità di una coscia o la verticalità di un tacco a spillo. La scarpa, calzata dalla donna che balla, diviene una “icona” di attrazione, al limite del feticismo, per le sue valenze di eleganza, femminilità e seduzione. Il Tango può esprimere la propria pulsione anche attraverso un corpo costituito da parole, sguardi, silenzi: «L’uomo ballando acquista l’aria teatrale del domatore di belve. Avvinghia la vita della compagna» (E. Secades).
4. Solo quando la femmina appare nel tango, questo si afferma come una vera e propria danza che vede un uomo e una donna “avvinti” nell’abbraccio emotivo del movimento. Se la nostalgia è la protagonista del tango, subito dopo c’è la donna che è sempre lontana, anche quando viene raggiunta.
Il Tango crea un corpo immaginale, fatto di carne, sangue e desiderio, trasgressione libera dagli schemi. È un’arte della seduzione, in cui i ballerini si fronteggiano al suono di passi, ritmo, tattilità, respiro. La donna incarna una “assenza-presenza” nel suo ruolo passivo e attivo che accende la tensione tra i sessi. Il fine ultimo è la scoperta e il possesso della comprensione sensoriale dell’altro: ciò risulta essere una metafora della dualità amorosa. In questa coesistono, continuamente variando, luci e ombre, bene e male.
I due ballerini si guardano, si studiano, si desiderano, si provocano, attraverso una invisibile schermaglia che è la molla dello svolgersi del ballo stesso. Tentano di “entrare” nell’altrui essenza in una specie di disputa che è espressa con un alternarsi di inviti e abbandoni imprevedibili. È un continuo cercarsi e allontanarsi, a volte fingendo di ignorarsi. L’uno è con/contro l’altro, nella tensione di un unico corpo in movimento: viso contro viso, petto contro petto, coscia contro coscia. Gli occhi, le mani, il respiro, animano l’attrazione dei corpi che si sfiorano in simbolici giochi di seduzione, pur essendo talvolta irrimediabilmente distanti. Non è solo un dialogo, è anche un travolgimento interiore danzato a due: «il tango cavalca la vita e si lascia cavalcare come un vento di passioni».
Sensuale, profondamente intensa, è la comunicazione non verbale fra i ballerini. Questo colloquio continuo può essere espresso anche attraverso un respiro, impreviste accelerazioni e compiaciute immobilità. In questo “viaggio” vengono vissute molteplici emozioni: «E’ qualcosa di simile al sesso non soltanto nei gesti, è conoscenza dell’altro, interazione: danzando si impara a ballare, trovando in pochi minuti una possibilità di intesa, un frammento di felicità». Il Tango può sintonizzare i suoi “amanti” verso le dimensioni dell’oltre.
5. «Il Tango ti aspetta, non ha fretta e puoi incontrarlo e non riconoscerlo, tanto prima o poi gli cadi tra le braccia». Il Tango, è stato detto, è come un vizio: una volta conosciuto non puoi farne a meno.
L’alchimia del Tango ha suggestionato, con la sua struggente ed erotica significazione, i linguaggi della creazione: come nel campo della moda con i suoi accessori caratterizzanti. Questi hanno influenzato (e continuano a farlo) culture e periodi storici, esprimendo dei veri e propri stili.
Il rosso e il nero sono i colori dominanti nell’espressività del tango. Il rosso è tango in quanto è un colore che emana forti passioni (gelosia, attrazione, aggressività). Il rosso può divenire sinonimo di lussuria: come il colore dei capelli e delle labbra delle donne più provocanti. Il rosso dialoga però con il nero. Il nero esprime il contesto e l’ambientazione che include anche il buio: quell’assenza di luce caratterizzante i luoghi dove si balla; l’atmosfera torbida e malinconica dei bordelli argentini con la continua presenza-proiezione del corpo femminile.
Dal 1910 il Tango comincia a uscire dalle periferie della città per diffondersi oltre frontiera. Dapprima a Parigi e poi in Europa, dove si aprono, per i signori dell’alta borghesia, locali anche lussuosi: dove è possibile assistere a spettacoli, ballare e naturalmente trovare compagnia. Il Tango subisce, successivamente, una rapida modificazione che lo proiettano in una dimensione più estesa. Gli aspetti poco accettati socialmente scompaiono: come i gesti e movimenti esasperati, l’antico girare, lo “sguardo nello sguardo” che accentuavano il carattere erotico di questo ballo. La provocazione e la licenziosità delle origini del tango vengono “purgate”.
La “normalizzazione” del Tango è avvertita da Marinetti in una sintomatica lettera dell’11 gennaio 1914, dal titolo Abbasso il tango e Persifal. In questa denuncia l’illanguidimento di questo ballo: «Barbaro! Un ginocchio fra le cosce? Eh via! ce ne vogliono due! Barbaro! Ebbene sì, siamo barbari! Abbasso il tango e i suoi cadenzati deliqui. Vi pare molto divertente guardarvi l’un l’altro nella bocca e curarvi i denti estaticamente l’un l’altro, come due dentisti allucinati?».
NOTA. Il testo è pubblicato su Arte e Musica, Dionysos n.10 (Ed. Tabula fati, 2020). Il testo più ampio è sull’e-book dell’autore Sguardi di Eros Donna (Tiemme Edizioni Digitali, 2020).
*(psudonimo letterario di Vitaldo Conte)