Un panorama umano nel libro di Antonino Cangemi “Miseria e nobiltà in Sicilia” - di Guglielmo Peralta

      “Miseria e nobiltà in Sicilia”, di Antonino Cangemi, narra, come ci anticipa il sottotitolo, di “Vite di aristocratici eccentrici e poveri talentuosi”. Non è una semplice narrazione di ‘biografie’. È il ‘panorama’ di un’umanità da visitare, da scoprire e da custodire.

      Patrimonio della cultura di un popolo non sono solo i beni d'interesse storico-artistico-ambientale, quali i monumenti, i siti archeologici, i musei, le biblioteche, i paesaggi naturali, che sono degli unicum, valori irriproducibili e irripetibili. Anche gli uomini illustri o semplici “aristocratici eccentrici e poveri talentuosi” hanno il diritto di entrare con le loro opere o anche semplicemente con la loro vis libidica e creativa a far parte della cultura di un popolo e di essere, perciò, considerati “patrimonio” dell’umanità, o quanto meno di una nazione, di una regione, di una città.

      A Nino Cangemi bisogna, pertanto, riconoscere il merito di avere colmato una grande lacuna della storia e della società isolana, la quale, produttrice di beni di pubblico interesse e custode delle tradizioni popolari, ha lasciato fuori dal proprio patrimonio culturale un’umanità di rilievo, variegata; una galleria di personaggi dai tratti a volte grotteschi, folcloristici e bislacchi, ma, al tempo stesso, di spiccata originalità, intelligenza e creatività, degni di essere tratti dall’oblio in cui sono caduti pure avendo lasciato di sé testimonianza con le loro opere e con atti importanti e lodevoli. Ricordiamo, fra i tanti presenti in questa rassegna: il barone Pietro Pisani, il quale, con le sue pratiche terapeutiche applicate ai malati mentali, precorse i tempi anticipando di un secolo Basaglia; Francesco Procopio dei Coltelli, inventore del gelato, nonché fondatore nel XVII secolo del Cafè Le Procope, la prima gelateria a Parigi; Nick La Rocca, figlio di Girolamo, emigrato da Salaparuta a New Orleans, probabile inventore del jazz; Raniero Alliata, cultore e amante soprattutto di esoterismo, del quale ha pure dato notizie il nipote Bent Parodi nel suo libro “Il principe mago”, e del quale qui si ricorda la passione per l’entomologia e la sua collezione d’insetti vari che è possibile ammirare presso il Museo Regionale di Palazzo D’Aumale, a Terrasini; Filippo Bentivegna e il suo “castello incantato”, un museo all’aria aperta “ricco di simboli che riflettono una personalissima visione del mondo”, la visione di un uomo che - apprendiamo dall’Autore - per un amore conteso e per la violenza subita aveva perduto il ben dell’intelletto; i poeti Lucio Piccolo (uno dei pochi, per fortuna, da qualche tempo riscoperto), Maria Fuxa, Antonio Veneziano e quel Petru Fudduni, “genio dell’improvvisazione poetica”, il quale, anche se la sua ‘fama’ ha attraversato ben tre secoli essendo nato nel ‘600, è rimasto quasi sempre una memoria ‘occasionale’ presso un numero sempre più sparuto di soggetti, soprattutto di una certa età, e oggi quasi del tutto sconosciuto ai giovani. Sono persone, che, nel racconto ‘fotografico’ e molto realistico di Nino Cangemi, sembrano balzare fuori dalle storie in cui sono incorniciate, come accade nei trompe-l'œil che danno l’illusione di osservare oggetti reali e tridimensionali. Oppure, sotto la ‘regia’ dell’Autore, sembrano muoversi su un palcoscenico e venire incontro al lettore come personaggi pirandelliani ‘confessando’ ampi dettagli della loro vita: vizi e virtù morali, i loro grandi amori e le avventure galanti, il loro filantropismo, le loro ‘follie’, le loro passioni per le arti, le scienze, la medicina, le loro fortune e sfortune, la loro “nobiltà” e la loro “miseria”. Ed è così che essi destano e ricevono tutta la nostra attenzione e resteranno impressi nella nostra memoria balzando fuori anche dalle targhe stradali, dalle piastre di metallo o di marmo denominanti istituti ospedalieri e scuole, dove, prima di questo libro, erano per molti di noi, compreso chi scrive, solo dei nomi senza volto e senza storia. Si auspica che, grazie a Nino Cangemi, essi abbiano la giusta e dovuta ‘diffusione’; che escano dalle pagine di questo libro e siano restituiti al cuore e alla perenne memoria della società siciliana. 

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