Tommaso Romano, “Libersingolarità – trenta aforismi antigreppia” (Ed. All'Insegna dell'Ippogrifo) – lettura e commento di Giovanni Teresi

L’opera “Libersingolarità” di Tommaso Romano si rifà, con pensiero netto e chiaro all’archetipo della libertà e all’esercizio del suo diritto. In due suoi aforismi il Nostro afferma:

Il rischio dell’uomo che conquista e pratica la libertà è la caduta nell’assolutizzazione delle proprie idee, convinzioni e pratiche di vita …”, “… il limite oggettivo che si pone come muro alla reale comprensione dell’uomo libero che risponde al Diritto naturale e alla coscienza e che, oltre pulsione ed educazione, vive di realtà più ampie e complesse che possono determinare in lui attitudini e vocazioni alla libertà o propensioni al servilismo.”

Sono fondamentali questi concetti per comprendere che il pensiero dominante dell’uomo inserito nella società e le idee, cioè gli eterni e trascendenti ‘modelli’ delle cose, sono un contenuto dell’inconscio collettivo, che determina la tendenza a reagire e a percepire la realtà secondo forme tipiche costanti nei vari gruppi culturali e periodi storici, secondo soprattutto la psicologia analitica di C.G. Jung.

Al riguardo, Tommaso Romano, accorto filosofo, chiarisce: “La coscienza non può che essere singola, mentre l’indistinta collettività è una invenzione della più deteriore e sciatta sociologia che si converte sovente alla più demagogica e irreale elaborazione dell’ideologia onirica.”

L’esercizio dei diritti di libertà ha innalzato la dignità umana, ma nella storia, la libertà è stata intesa in modi diversi: con l’Illuminismo è stata esaltata, divenendo la condizione universale di tutti gli uomini, in quanto cittadini del mondo, senza alcuna distinzione di razza, sesso, e classe sociale. Nell’antichità, la libertà era considerata dai Greci, popolo a cui si deve la democrazia , come una condizione essenziale per poter vivere nella «polis», da cui erano esclusi, però, schiavi, donne e forestieri. Nel Medio Evo, invece, la libertà, secondo la concezione cristiana, rappresentava la possibilità dell’uomo, in quanto creatura di Dio, di scegliere tra il bene ed il male, in contrapposizione ai sostenitori della Riforma protestante, secondo i quali l’essere umano era completamente subordinato a Dio, quindi sostanzialmente non libero.

Si ravvisa perciò una visione dell’umanità che vive in una dimensione estranea rispetto a quella naturale; da una parte la natura concepita come priva di finalità e libertà, dall’altra l’uomo, considerato come essere operante in una dimensione di libertà.

Così, significativi sono gli aforismi del Nostro: “Non sono mai esistite e mai potranno sussistere le società perfette, ideali, felici. Ciò può dipanarsi nel mito, nelle menti fantasiose e raffinate, in sistemi filosofici e politici onirici. L’uomo, infatti, fa i conti con la sua reale natura, con i conflitti inevitabili e con la dura esperienza …” poi continua: “L’idea centrifuga di omogeneizzare le religioni, specie quelle rivelate, ne snatura l’identità e la stessa funzione”.

Inoltre, la natura ha subìto un’evoluzione che trova nell’uomo il suo compimento, mediante il principio della propria razionalità e libertà. Egli è passato da un primato attribuito alla forza e all’istinto ad uno in cui primeggiano l’intelligenza e la sensibilità. Ciò, fa pensare, ad una sorta di finalismo: l’essere umano è sì il fine ultimo della natura, ma questo solo a condizione che egli sappia e voglia attribuire alla natura e a se stesso uno scopo finale.

Un altro saggio aforisma di T. Romano afferma: “Non si nasce liberi lo si diventa con gradualità attraverso privazioni, i sacrifici a volte non necessari, l’esperienza, ogni giorno, fino all’ultimo giorno, si può scegliere l’indipendenza intellettuale o la schiavitù morale e materiale.”

E’ la convivenza umana che consente all’uomo di progredire, anche se basata sulla paura e sul bisogno, essa permette di scoprire tutto il bene derivante dalla convivenza stessa, oltre l’interesse immediato e personale. Kant afferma che grazie all’ «insocievole socievolezza», la persona è in grado di ammettere che la pace e la legalità sono le uniche vie possibili per poter vivere bene, per poter resistere alle sopraffazioni dell’altro.

Possiamo senz’altro affermare che il diritto,  secondo  la  concezione  kantiana,costituisce l’insieme delle condizioni, che permette alle singole volontà, di rapportarsi le une alle altre, sotto la legge generale della libertà. Quest’ultima rappresenta la radice del diritto, mentre la forma deriva dal fatto che l’uomo, nel corso della propria esistenza, dovrà a sua volta, rapportarsi con altri uomini liberi, i quali avranno la possibilità di far rispettare il proprio diritto alla libertà.

L’essere razionale quindi appartiene a due mondi: a quello naturale, in quanto dotato di sensi e, per questo, è sottoposto alle leggi causali; al mondo intellegibile o noumeno, ovvero il mondo considerato in sé, indipendente dalle sensazioni e legami conoscitivi umani, nel quale la libertà si manifesta nell’obbedienza alla legge morale, all’imperativo categorico.

La morale dell’individuo presuppone che sia il soggetto stesso ad obbedire ad un comando che egli si è autonomamente dato, conformemente alla sua stessa natura razionale.

Nel testo Libersingolarità il Nostro menziona altri significativi aforismi di altri autori:

Una élite culturale deve sentirsi responsabile della conoscenza e della conservazione delle idee e dei valori più importanti dei classici, del significato delle parole, della nobiltà dei nostri spiriti. Essere elitari, che ha spiegato Goethe, significa essere rispettosi del divino, della natura, degli altri esseri umani, e dunque della nostra umana dignità.” (George Steiner); che si confanno al suo pensiero filosofico, come l’aforisma di Pavel A. Florenskij: “ … le instaurazioni, oltre ogni meccanismo deterministico, non possono e non debbano essere escluse a priori, perché attingono dalla vita e non tanto meno in una Carta Costituzionale che si autodefinisce “democratica”. Qual è i criterio di verità di questa vita? La bellezza”.

In riferimento al limite della libertà, T. Romano, nella sua attenta disamina, a riguardo, asserisce:

“La limitazione della libertà di movimento, pur in presenza di stati di necessità e di eccezione, non può essere normata e disciplina a priori. … La costrizione per decreto è perciò un arbitrio che può, invece, più utilmente trasformarsi in esortazione alla responsabilità propria e al danno che l’irresponsabilità può comportare”.

Ma se la morale è dovere, quindi obbligatorietà, come potrà questa conciliarsi con l’assoluta libertà formale della scelta? La risposta risiede nel concetto di autonomia. 

La differenza tra la libertà e l’autonomia consiste allora, nel fatto che mentre la libertà delle leggi e delle istituzioni rappresenta l’elemento storico, il lato oggettivo, l’autonomia rappresenta quello soggettivo, ovvero la volontà che l’individuo decide di manifestare, nel momento in cui si rende conto di voler uscire dallo stato di minorità che lo contraddistingue.

Allora, etica e diritto si distinguono per la motivazione soggettiva con cui le azioni vengono compiute, cioè per l’intenzione di seguire il dovere indipendentemente dalla coercizione. Si potrebbe così rileggere la morale kantiana come una percorritrice delle contemporanee etiche della responsabilità.

Il diritto ha un fondamento naturale perché le azioni dell’uomo sono giuste o ingiuste, buone o cattive, in base alla loro conformità o difformità rispetto alla ragione.

Ci si chiede se il diritto sia concepito essenzialmente come positivo o piuttosto come naturale, nel senso di una struttura razionale non necessariamente coincidente con le norme di un ordinamento storicamente vigente.

A riguardo il Nostro taglia netto: “Il Diritto positivo risulta, nell’epoca moderna, una ampollosa articolazione che tutto fa meno che normare autentici diritti e doveri”. “La modernità come ideologia è una visione aprioristica della vita e del mondo”  ed ancora: “Dal mito, nobile culto del Destino, alla filosofia, come amore per la Sapienza in costante e libera ricerca della Verità, siamo giunti nella modernità che si auto frantuma al culto dato dalla doxa, l’opinione, eretta a pseudo sondaggio specie dai media, il criterio di giudizio e di decisione, in ossequio alla volontà di pochi che ipnotizzano le maggioranze …”

Allora, affinché l’ordinamento giuridico riesca ad assicurare il rispetto dei diritti da parte di tutti i consociati, è necessario che dall’unione del diritto naturale con la ragione, si ottenga la trasformazione in un diritto pubblico, capace di imporsi con la forza della legge positiva. Però:

“Un realismo aperto non livella per imposizione statalista, sostiene la libera intrapresa del singolo per sé e, quindi, di conseguenza, per il benessere comune, si apre al confronto e allo scambio con altri soggetti che vivono nelle diverse società, senza per questo livellare e oscurare la propria originaria identità che, semmai, può migliorare …”. “Ogni società è sempre complessa e mai può essere definita semplice, elementare perché è un microcosmo prezioso nel cosmo dell’infinito.”

Tommaso Romano, nella sua significativa opera, fa riflettere sul mondo che ci circonda, sulla libertà e i suoi limiti, sulle strutture che ci governano ed altresì sul destino dell’uomo e sul valore della cultura.

 

 

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