“Sed contra” di Alberto Maira

Ho avuto modo di partecipare il 6 maggio scorso alla presentazione presso il palazzo arcivescovile di Palermo del volume di padre Francesco Michele Stabile “La chiesa sotto accusa. Chiesa e mafia in Sicilia dall’unificazione italiana alla strage di Ciaculli” e tra le tante sensazioni provate e le molteplici suggestioni ho avuto quella di un forte fastidio in modo particolare – tra l’altro - di fronte al trattamento cui è stato fatto oggetto – con vecchie tesi straripetute dall’autore e dal suo mondo- il grande cardinale Ernesto Ruffini ( S. Benedetto Po [Mantova] 1888- Palermo 1967), arcivescovo di Palermo dal 1946 fino alla morte. In modo particolare la ripetizione della tesi secondo la quale il cardinale fosse ossessionato dall’anticomunismo, dal filo franchismo e dalla negazione dell’esistenza della mafia, del suo silenzio circa la stessa, silenzio divenuto inevitabilmente “connivenza, grave corresponsabilità, copertura di questo vero e proprio cancro della società siciliana”.

Si tratta dicevo di una ossessione dell’autore del corposo testo presentato tra un silenzio assordante di chi avrebbe dovuto e potuto parlare per difendere non sono il cardinale ineguagliabilmente tanto amato dai palermitani ma la chiesa nel suo insieme da quello che diviene un ulteriore attacco al suo comportamento e alla sua  credibilità con inevitabile, piaccia o non piaccia,  danno alla fede stessa e alla sua missione salvifica.

Quanto scritto dall’autore del testo presentato, non unico sull’argomento è la ripetizione propria e altrui di vecchi e numerosi arnesi di un certo professionismo dell’antimafia. Tanto diffusi che costrinsero un altro grande vescovo, quello di Agrigento, monsignor Giuseppe Petralia, nel 1988, a scrivere una bella biografia del Ruffini, per tanti motivi, celebrativi e commemorativi ma soprattutto per compiere, come ebbe a scrivere nell’introduzione, appunto un dovere di giustizia, correggere cioè alcune alterazioni della sua immagine, compiute, in buona o in cattiva fede, da uomini, gruppi, organi di informazione che non vedevano con favore, il suo influsso, nella vita sociale della Regione Siciliana in quegli anni di faticosa ricostruzione.

Questo attacco che un certo mondo progressista e di sinistra, che trova in “Repubblica” il suo pronto vessillo,  ha sempre tributato nei confronti del Card. Ruffini, attacco  diventato talmente acido ed odioso da far si che venissero poste nel dimenticatoio le concrete grandiose opere sociali e caritative in favore degli ultimi e dei bisognosi, che spesso solo a parole sono state in questi anni al centro di una certa pastorale ecclesiale di “promozione umana”.

Il grande Ruffini con i fatti e non con gli slogan ha svolto una imponente azione socio-assistenziale, ha costruito oratori e scuole che sono stati il maggiore antidoto alle vita della mafia, colonie estive, mense per anziani e minori, scuole popolari,  assistenza sociale, corsi di qualificazione, servizi sociali aziendali, rurali, poliambulatori, villaggi di ospitalità, pensionati femminili, il grande villaggio che porta il suo nome, servizi sociali anche fuori della diocesi e dall’Italia, fino a quelle di Leon in Spagna e Cordoba in Argentina.  Ha edificato 24 nuove chiese, ne ha ricostruite 5, ne ha restaurate e ampliate 66, moltissime fuori dall’area metropolitana e ne ha progettate ben 9.Ma tutto questo solo per portare qualche esempio.

Per Ruffini lavorare per gli ultimi è stato un impegno di tutta una vita, con un’azione di pastore, di maestro, di formatore,di studioso, di padre. La sua cultura fu sempre al servizio della fede, ha difeso la scienza dallo scientismo evoluzionista (pubblicò anche un bel testo sull’argomento), la Sacra Scrittura dalle deviazioni protestantizzanti, fu autentico “defensor fidei”, dal Concilio Plenario Siculo al Concilio Vaticano II come padre conciliare.

Gli errori diffusi contro questa figura grandiosa sono confutati oltre che in tutti i suoi atti anche nella sopracitata opera biografica composta da mons. Petralia e dal 2020 nelle 275 pagine scritte sul suo conto da mons. Francesco Conigliaro, nel volume “Sed Contra. Ruffini dice che la mafia esiste” pubblicata dalla Carlo Saladino Editore di Palermo.

Dopo l’uscita  di questo testo che parte dai fondamenti antropologici nel pensiero e nell’opera del cardinale Ruffini, dalla sua vera e autentica opzione per i poveri e l’impegno sociale nel suo ministero pastorale, Conigliaro che non è assolutamente sicuramente ascrivibile a scuole tradizionaliste, intransigenti e conservatrici della cultura ecclesiastica, entra nel vivo della “questio” sul rapporto “Ruffini e mafia”, con dovizia di particolari documentari dalla strage di Ciaculli del 1963 in poi, confutando forzature ideologiche, letture maliziose e profuse a piene mani, anche se non soprattutto in ambienti ecclesiali palermitani.

Dopo la lettura e il materiale raccolto dal Conigliaro in varie opere e in quella qui citata, ho l’impressione che le tesi espresse sull’argomento dalla scuola del “professionismo dell’antimafia”, non solo non abbiano più assolutamente ragione di esistenza ma il perdurare di esse hanno un sapore elusivamente propagandistico interessato e mi si consenta malizioso.

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