Recuperi/6 - “La mia poetica” di Ignazio Apolloni

I miei romanzi non appartengono al genere pop, in voga negli anni trascorsi influenzati dal talento di alcuni autori americani. Sono semmai pregni di ironia quale antidoto all’assuefazione, alla consuetudine inerte. Sul piano formale sono il frutto di una elaborazione attenta a non negare il senso ma anzi a porlo in luce per farne esaltare consistenza e valore. Appartengono sicuramente alla nuova Nouvelle Vague, senza rimpianti per la caducità che ha travolto quella meravigliosa esperienza.
Non hanno nulla del romanzo classico, mancando l’eroina; la tresca; la trama: sussumibile nell’intreccio necessario per tenere il lettore all’erta e succube della lettura che così diventa necessaria. Sono privi di realismo e anzi privilegiano lo sperimentalismo strutturale. Non hanno nulla della fiction o della post-fiction (l’ultima arrivata) e nemmeno delle appassionate, monumentali biografie alla Anna Karenina. Si direbbe dunque una letteratura di invenzione per brani, capi­toli, estemporanee disgregazioni e riprese del soggetto o dell’io narrante.
Mai l’effimero però e semmai la ricerca del duraturo, del possibile eterno come valore del narrare ed esserci o esserci stati. Non sono assimilabili ai saggi di filosofia, che non trovano lettori se non tra gli specialisti né individuano nell’attuale generazione palpiti e gusti di volere uscire dall’ordinario.
Parlano piuttosto di desideri e ansie di ricerca sul possibile dopo, quando cioè l’uomo si sarà seduto sul trono dell’Universo epperò intanto cercano e coltivano la saggezza. Certamente nei miei libri ci sono le memorie, i miei ri­cordi, i miei viaggi ma mai soggettivizzati, lasciando perciò alla fantasia di riempire i vuoti.
Mi sono avvalso per le immagini e l’immaginazione del lavoro attento - e descrittivo in parte - della tecnica usata da Bruce Chatwin laddove era neces­sario interrompere il flusso della narrazione: talvolta io ricorrendo al Monte- feltro di Gilberte.
Forse vi è riconoscibile l’uso del diario, la successione temporale, e invece molte scene sono completamente fuori del tempo, del Cronos. Manca pure l’autofiction, importante per se stesso non certo per il lettore, a meno che non cerchi un pilastro sul quale sedersi da stilita.
Ad ogni modo la letteratura è inesauribile. Continuerà a produrre miti nei quali identificarsi o ideologizzare i propri e gli altrui comportamenti. Non ci sarà da stupirsi se di tanto in tanto apparirà un nuovo astro all’orizzonte, così come continua ad avvenire in natura.
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