Pubblichiamo la prefazione di Maria Patrizia Allotta al volume "Prima che arrivi l'alba" di Pia Amodeo (Ed. Thule)

Se è vero che ogni lirica nasce da quell’emozione intensa che, attraverso il pensiero, trova riparo nella parola scritta con passione, allora è altrettanto vero che la poesia di Pia Amodeo sboccia da quella trepidazione spesso lacerante che nel verso intravede la voce del possibile rimedio e il suono dell’eventuale bellezza. Semplicemente per questo, la scrittura che riempie le pagine a seguire non è dettata dall’abbaglio della moda, né dal protagonismo fine a sé stesso, neanche dall’infingimento banale o dal capriccio momentaneo, ma piuttosto da quel bisogno etereo, da quell’esigenza spirituale, da quell’affanno esistenziale che quasi nostalgicamente si snoda lungo questi versi che sembrerebbe abbiano come obiettivo primario la necessaria ricognizione di quel luogo, spesso oscuro, chiamato anima. Pertanto vi troverete davanti un florilegio poetico che inequivocabilmente esprime i contrasti e le sofferenze di uno spirito tutto al femminile che tende, quasi sempre, a squarciare i fantasmi delle odissee esistenziali per dare spazio al valore vero della vita espresso ora attraverso l’esaltazione della poesia sentita come sicura e forse unica via di liberazione, ora attraverso la rivalutazione dei sentimenti familiari sentiti come epifania dell’esserci, ora attraverso la contemplazione della natura della quale, certamente, la nostra poetessa è perdutamente innamorata.

Non anonimi versi, ma bozzetti chiari, pennellate nette, schizzi tersi, dove la narrazione coincide con il ricordo, l’esposizione con la reminiscenza, il racconto con la memoria, in una dimensione di omofonia assoluta, voluta e proclamata, quasi a cercare riparo, invocare copertura, supplicare difesa, coltivare speranza, celebrare armonia per quel tempo e per quello spazio che ora appaiono limitati e cintati, ora sembrano infiniti ed eterni. Certamente una raccolta delicata come soffio di vento, come pioggia primaverile, come nuvola all’orizzonte  eppure capace di esprimere la forza, il vigore e l’entusiasmo di una psiche che mira, instancabilmente - attraverso la narrazione del proprio vissuto, per mezzo delle segrete confidenze e tramite lo svelamento dell’intimo “io” - alla possibile rinascita del cosmo inteso quest’ultimo come legittima dimora di ogni singolo essere umano che in quanto tale dovrebbe nobilitare il creato con il suo stesso progetto esistenziale. E ciò che più piace dell’opera - al di là del lemma con le sue singolari sonorità, della naturale tecnica prosodica e della spontanea struttura fonica - è, senza ombra di dubbio, quella fluttuazione tra passato e futuro, quel chiaroscuro tra sogno e realtà, quella contesa tra conflitto e pace, quel contrasto tra rassegnazione e fede, insomma, quell’oscillazione tra essere e divenire che vanno oltre ogni forma inutilmente intimistica per abbracciare, invece, una dimensione universalmente antropica, dove la luce divina appare speranza, la speranza provvidenza, la provvidenza Bene. E in ogni parola traspare l’interiorità liturgica, in ogni verso si avverte la dimensione religiosa, in ogni poesia si coglie la sacralità del sacro.

Un immanentismo, infatti, che facilmente possiamo cogliere quando un emigrante “sogna la sua terra ad ogni istante” (L’emigrante), quando il “cuore” diviene incondizionatamente “anima” per il maggiore degli amori (A mia figlia), quando una donna rimane a vegliare sugli affetti più cari (Futuro di bambina,

Il mestiere più antico) e ancora, quando l’amicizia rappresenta  “filo” prezioso fino a farsi “sole della vita” (Le care amiche e Amicizia), quando “al sole nascente ringrazi a Dio per essere vivente” (Risveglio) ma anche quando i “pensieri si dissolvono nell’aria umida come fumo d’incenso (Sorso di vita) e “ribollono nella testa come nell’ampolla di un alchimista” e poi “si librano nell’immenso” e “sull’orlo dell’orrido funesto” in “eterno supplizio trovano pace nel filtro dell’oblio” (Pensieri).

Liturgia intima e sacralità religiosa, si diceva, che rintracciamo ancora più significativamente quando come per magia “si scende per le vie del proprio paese” a tutela dell’identità e delle proprie radici (Il mio paese), quando semplicemente i “sapori antichi, pane e frumento, odor di erbe e di sarmento” riempiono la quotidianità del vivere (Sapori antichi), quando “nell’orizzonte brilla il sole della fecondità” (Io sono la luna), quando piove e “stilla il cielo rugiade di stelle” (Sorso di vita) e “trillano i grilli cullando i sogni” (Notte estiva), quando il respiro del mare fa “vibrare i cuori in questo abbraccio di uomini e cose nel meraviglioso e silente spettacolo della natura” (Eclissi di luna)

e “tornano sui fiori a ronzare le api con più lena ed ogni cosa  brilla di una luce nuova” (Dopo il temporale) e ancora, quando “fremono i fili d’erba alla dolcezza del vento” e “corre tra mare e terra il tenero brivido della primavera” (Brivido di primavera) e “l’alba sfuma di arancio dorato (…), la montagna appare vicina (…), i pini spargono profumi di resina” e “l’astro nascente incendia col suo sguardo il cielo mandando tiepida carezza” (Aspettando l’alba) e, infine, quando “gode la pioggia dell’orgasmo fogliare e … continua a cadere” (Acqua e vita) mentre “placida ed immota è la notte” (Alla luna) magari per continuare a sognare.

Un poetare semplice nella forma ma significativo nella sostanza che appare come rivelazione sincera di una singolare sensibilità la quale sembrerebbe voglia invitare ad una pausa silenziosa meditativa - in quell’affrettato convulso giornaliero che spesso mortifica e non dà pace - magari per un’analisi attenta circa il vero senso del vivere, su l’importanza del vivere, su l’importanza del vero, per la sublimazione dell’assoluto.

E vi assicuro alla fine della lettura delle 62 poesie contemplate in questo volumetto, sentirete la necessità di ringraziare l’autrice. Perché così come il gallo - animale augurale ormai dimenticato da tutti - quotidianamente, all’alba, con il suo naturale canto, tenta di risvegliare la Specie Umana dal grave sonno notturno, similmente, Pia Amodeo, quasi in punta di piedi, con il suo canto artistico, prova a scuotere l’umanità dal torpore esistenziale magari per una possibile e auspicabile riconquista dell’immensità del vivere.

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