Profili da Medaglia/20 - "Gaetano Hardouin Monroy Ventimiglia di Belmonte" di Tommaso Romano
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- Category: Scritture
- Creato: 09 Giugno 2018
- Scritto da Redazione Culturelite
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Nato a Roma nel 1924, morto a Palermo nel 1995.
Appartenente a un’illustre famiglia nobile, era nipote di Gabriele d’Annunzio e visse, anche da ardito paracadutista, il mito del Vate, intitolandogli un circolo culturale attivo nella capitale dell’Isola.
Presiedette, dal 1988 al 1992, l’antico e prestigioso Circolo Bellini di Palermo, fondato nel 1769.
Hardouin, oltre che Principe di Belmonte, era anche Barone di Gratteri, Grande di Spagna, vantando altri non minori titoli.
Consigliere comunale del MSI-DN nel 1980 a Palermo, fu tra i fondatori e divenne anche il primo Presidente dell’Accademia Siciliana di Cultura Umanistica e Consigliere dell’Empire International Club.
Scrisse saggi, racconti brevi e articoli giornalistici, specie per i periodici “Primalinea” e “Tribuna Politica”. Fra le sue pubblicazioni: Sveglia, Marforio… e dacce da beve; Sofocle la chiamava “Italia illustre”; Palermo sulle ali di Eolo; In viaggio fra le betulle; Il ritorno di Ruggero II a Cefalú; Ustica: il villaggio preistorico; In memoriam et gloriam; Bolscevismo ieri e oggi; La Sicilia: una realtà storica europea; I fratelli del vento; Storie sconosciute dei Concili; Vento antico; Itala gente dalle molte vite; I graffiti dell’Addaura; Un fulmine in piazza San Pietro; Disumanità del Comunismo.
Gaetano è stato un autentico patriota che ha onorato la sua stirpe illustre e il suo titolo di Principe.
L’ho conosciuto bene. Sono fiero e mi rallegro di essergli stato Amico, editore di molti bei volumi e sostenitore, nonché primo ispiratore della sua trionfale candidatura da capolista nel MSI al Comune di Palermo, auspici anche Giuseppe Tricoli, Enzo Fragalà (eletto per la prima volta nello stesso anno), Giovanni D’Espinosa e Salvatore Bordonali.
Uomo coraggioso, senza pose imparruccate e sterili, tipiche dei residui di certe decadenti aristocrazie, visse all’altezza, in pieno Novecento, ricco e orgoglioso dei suoi valori e principi etici e politici. Sostenne le buone battaglie tradizionali e monarchiche, nonché la stampa nazionalista (specie “Primalinea” di Pietro Sangiorgi).
Non si tirò mai indietro e fu, per questo, soprannominato il Principe nero. Non nascose mai l’ammirazione e l’amicizia per un altro e forse più noto Principe nero, Junio Valerio Borghese, l’eroe della X Flottiglia MAS, colui che fu accusato di tentato colpo di Stato.
Sorvolò, come lo zio Gabriele d’Annunzio, con un aeroplano da turismo di sua proprietà, la zona B, lanciandovi volantini irridentistici e col rischio di farsi condannare a morte da Tito nel caso fosse rientrato nel suolo e negli spazi aerei della Jugoslavia.
Paracadutista e sportivo di razza, aveva e curava una sua “pattuglia” aerea – allenata da Mario Re – che chiamò “i fratelli del Vento”. M’indusse a fare un breve corso e un successivo lancio con il paracadute; caddi male e non volli ritentare. Tuttavia, Gaetano mi disse amichevolmente di non preoccuparmi: sarei sempre e comunque rimasto un “fratello del vento”, anche se con un solo lancio all’attivo...
Volli dedicargli un intero libro, che feci curare nel 1980 al romettese Gaetano Arnò, dal titolo Gaetano Hardoain Ventimiglia di Belmonte nella testimonianza della vita e dell’opera (con prefazione di Mario Attilio Levi), con le note e tanti ritagli stampa, recensioni, resoconti di una vita spesa per il sogno di una nuova Italia e per l’amore verso gli studi e i viaggi (è molto bello il suo diario del viaggio in Russia). le sue posizioni furono nette e gli eventi affrontati sempre a viso aperto. Volle secondarmi, lui tanto più grande e così illustre, allorché lo “arruolai” nel club Empire quale consigliere Internazionale. A tal proposito ho memoria nitida di un’udienza che ci venne concessa dal cardinale Salvatore Pappalardo, in curia, proprio per presentargli il club, presenti altri dirigenti e il nostro Assistente Mons. Professore Giuseppe Uzzo, autore di buoni volumi di critica letteraria. Entrò subito in sintonia, Hardouin, con il Cardinale, a tal punto che la reciproca vena ironica si manifestò senza etichette e cerimoniali, e i due si dissero e divennero amici nel giro di poco più di un’ora. Avevano sorriso di mezzi uomini al potere, di fatti e avvenimenti mediocri, e noi, al seguito, sorridemmo di cuore con loro. Il diplomatico Cardinale e l’ardimentoso parà si abbracciarono, alla fine, come vecchi amici.
Uomo semplice e schietto, gentile con tutti, ma intransigente come pochi, era parente degli Agnelli e aveva il compito – senza farsene avvedere – di sovrintendere, quale uomo di fiducia, alla FIAT palermitana. Fu proprio nella filiale di via Imperatore Federico (che era la sua postazione cittadina insieme allo studio in via Turati e alla bella villa all’Addaura) che riuscì a intessere rapporti amichevoli con ogni strato sociale e, così naturalmente e senza alcuna albagia allo stesso modo e con lo stesso spirito, presiedette l’esclusivo Circolo Bellini.
Depositario di memorie familiari, fondamentali per la storia della Sicilia, diede modo a Enrico Mazzarese Fardella di curare e pubblicare le importantissime carte del tabulario Belmonte (1165-1450), da lui custodite seguendo passo passo la ricerca del Professore. Il libro fu edito dalla Società Siciliana per la Storia Patria, nel 1983 e mi fu donato dallo stesso Principe unitamente agli studi di un ricercatore madonita mio Amico, che mi è assai caro ricordare, Antonio Mogavero Fina, autore del Profilo storico-genealogico dei Ventimiglia - Signori delle Madonie Principi di Belmonte (Palermo, 1973) e de I Ventimiglia: conti di Geraci e conti di Collesano, baroni di Gratteri e principi di Belmonte. Correlazione storico-genealogica (Palermo, 1980).
Belmonte, su mio invito, presiedette anche una Commissione di Studi Araldici e Genealogici, collaterale all’attività dell’A.S.C.U. e di Thule e Mogavero Fina ne fu componente.
Il Principe faceva spesso la spola con Roma, dove aveva casa e vantava le più alte amicizie; eppure non dimenticava mai i suoi Amici palermitani, i sodali della stessa fede e destino.
I suoi interessi erano realmente molteplici e spaziò nelle ricerche storiche e d’archivio, con attenta e singolare acribia e autentico anticonformismo.
Come pochi altri nel secolo scorso, lui che era imparentato con mezza Sicilia nobile, possiamo ben dire che fu Gattopardo e non camaleonte, in piedi in una Palermo che era, già allora, diventata una triste e insanguinata periferia di uno Stato invertebrato che ormai si denominava soltanto “paese”.
nella foto da sinistra: Tommaso Romano, Gaetano Hardouin di Belmonte