Prefazione di Francesco Perfetti a "Umberto II e il referendum del 1946 nella Sicilia che votò monarchia" (Ed. Thule) di Tommaso Romano

Nel Diario del marchese Falcone Lucifero sotto la data di martedì 28 maggio 1946 si leggono queste parole scritte a Palermo: «Fin dall’arrivo in aeroporto si profila una grande accoglienza: reparti schierati in armi, autorità, applausi scroscianti. Così per la strada che conduce fino al Palazzo Reale: la città è tappezzata di manifesti inneggianti al Re. Subito folla sotto i balconi e il Re deve affacciarsi. Il Palazzo Reale è danneggiato dai bombardamenti. […] Poi inizio delle visite cittadine, tra entusiasmo traboccante! Il pomeriggio una manifestazione sotto Palazzo Reale: non so dire quanto saranno: forse 200.000 persone! Anche su, nei saloni una calca indicibile! […]». È una testimonianza diretta, di prima mano e ancor più significativa perché inserita in un testo non destinato alla pubblicazione, di quell’entusiasmo con il quale i siciliani accolsero Umberto, da pochissimo divenuto Re dopo il periodo della Luogotenenza, che aveva iniziato una serie di viaggi in tutto il Paese per incontrare gli italiani alla vigilia del referendum istituzionale.

Umberto II aveva intrapreso quei viaggi non tanto per motivi connessi alla consultazione referendaria – egli non intendeva coinvolgere, anche contro la volontà dei suoi consiglieri, l’istituzione che riteneva e voleva al di sopra delle parti – quanto piuttosto per rispettare una tradizione di incontrare gli italiani seguita da tutti i suoi predecessori dopo l’ascesa al trono. È fuor di dubbio, peraltro, che nel caso specifico di Umberto II questi viaggi finirono, proprio grazie alla figura e alla personalità del Re, per assumere una valenza politica e contribuirono a far risalire la popolarità dell’istituto monarchico e, in molte zone, a rinsaldare l’antico legame fra popolazione e Casa Savoia. 

L’affetto e la fedeltà dinastica dei siciliani, in particolare, verso il sovrano vennero confermati non soltanto in occasione della sua visita palermitana ma anche in occasione di altre tappe nell’isola, a Trapani come a Catania o a Messina, attraverso manifestazioni di giubilo popolare e infiorate al suo passaggio. Non è privo di significato – a testimonianza dei sentimenti di gratitudine di Umberto II nei confronti dell’isola e dei suoi abitanti – il fatto che, al  momento di lasciare quella terra, egli avesse voluto il 29 maggio lasciare un breve, ma commosso, messaggio ai siciliani per ringraziarli del loro «vibrante entusiasmo patrio» ma anche per rivolgere all’«isola generosa, che prima suggellò l’unità della Patria e alla sua ascesa contribuì con uomini insigni e con sangue generoso» una «promessa solenne»: quella di «servirla fedelmente secondo le sue libere aspirazioni democraticamente espresse». Un messaggio, come si intuisce, che va ben al di là di una occasionale attenzione perché – letto in controluce – rivela l’esistenza di un rapporto simpatetico e di antica data con la terra siciliana e al tempo stesso sensibilità per i problemi istituzionali e storicopolitici dell’isola.

Proprio alle giornate siciliane di Umberto II nell’imminenza del referendum istituzionale del 1946, ma anche agli avvenimenti precedenti e susseguenti, è dedicato questo lavoro di Tommaso Romano, ricco di materiali inediti ma anche di recuperi di informazioni più o meno volutamente dimenticate. Tommaso Romano è, forse, un caso unico nel mondo culturale e cultural-politico italiano, sulla breccia da tanti decenni come intellettuale cultore della Tradizione, docente, animatore culturale, editore e autore eclettico capace di passare, con elegante disinvoltura, dal testo narrativo all’aforisma fulminante, dalla riscoperta delle «memorie» della sua terra alle ricerche di storia locale. L’ho conosciuto, forse, mezzo secolo fa o giù di lì e non ho avuto, per la verità, molte occasioni di frequentarlo, ma a lui mi ha legato una istintiva simpatia e, forse, ammirazione per la sua «vitalità».

Chiusa, però, questa parentesi personale, debbo aggiungere che quest’ultimo lavoro di Tommaso Romano è stato per me – che da anni mi occupo di questioni attinenti Casa Savoia, Vittorio Emanuele III, Umberto II e i periodi della Luogotenenza e del breve regno umbertino – una piacevole sorpresa. Il saggio, infatti, attraverso una ricostruzione puntigliosa degli avvenimenti lascia ben comprendere la peculiarità del voto siciliano a favore della Monarchia rispetto a quello di altre zone pure filo monarchiche: una peculiarità certo esaltata dalle accoglienze popolari alla visita di Umberto II che testimoniano dell’affezione verso la Dinastia, ma anche, in qualche misura, legata sia al plurisecolare rapporto dei Savoia con la terra siciliana, ben ricordato da Tommaso Romano, sia, infine, alla vera e propria «variante», rispetto ad altri territori nazionali, rappresentata dall’indipendentismo e/o autonomismo siciliano. 

 Il lavoro di Tommaso Romano potrebbe, a prima vista, apparire come un buon prodotto di «storia locale» e, certamente, lo è. Ma è anche qualche cosa di più, se non per altro, almeno per il fatto che la sua «storia locale» si intreccia con la «storia nazionale» e contribuisce a spiegarne qualche lato. Per non dire, ovviamente, del ritratto sintetico ma convincente che, da queste pagine, esce della figura di Umberto II, un vero proprio «Re gentiluomo».

 

 

 

 

 

 

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