Nicola Romano “Tra un niente e una menzogna” (Passigli Ed.)

di Ester Monachino

 

Lo stellium poetico di Nicola Romano si arricchisce di una nuova luminosa creatura con la recentissima pubblicazione “ Tra un niente e una menzogna” edito da Passigli Poesia. Un nuovo dono di parola che, dell’universo poetico di Romano, si fa prosecuzione di viaggio per strade tangibili ed impalpabili ma sempre circoscritte dalla trinità marina di Sicilia che racchiude città e campi e cieli indissolubilmente congiunti all’animo del poeta.

Invero la sicilianità è nel sangue di Nicola e vi scorre con tormentata passione, con costruttiva ironia, con molteplici disincanti e anche, a sporadici tratti, barlumi speranzosi o di tacita accondiscendenza.

Umori. Avevo scritto della “Fortitudo degli umori poetici di Romano” nel volume “Tra luce ed ombra il canto si dispiega. 5 poeti di/per Palermo” nel lontano 2002, evidenziandone “la matrice d’anima ed una paternità intellettiva…la figliolanza della resa corporale certamente frutto non solo d’arte ma anche di artigianato del verso” (pag. 69). Artifex, direi adesso. Nella completezza della parola poetica.

 Anche Elio Pecora, nel testo prefattivo, scrive di “emozioni e di umori” (pag.9).

Di emozioni, Nicola ne elargisce tante a rinsanguare le ali del lettore anche se cromaticamente poco consolanti o amabili: invero, certe verità quotidiane si spalmano di miele amaro. Non sempre poesia è elegia, non sempre può essere la principessa del reame: i nostri giorni inquieti mostrano un volto di crudezza, imbrattato da polveri cinerine.

Di umori, quelli propri del succo d’anima, la poesia di Nicola ne è densissima portatrice. Vettore o, per meglio dire, portatore cristoforo di quanto degli umori permane con più o meno incisività nell’animo, è il flusso temporale. E’ il tempo andato che, nell’istante memoriale divenuto presenza, torna con tutto il suo fascino, con tutto l’intrinseco raschiare intimo. Niente è definitivo, niente viene cristallizzato in un recinto immutabile:  la memoria trattiene, e poi trasforma, trasmuta in nuovi occhi e rinnovato sangue. Leggiamo, a proposito, a pag. 26: “annoto spaesamenti/ e radi umori lieti e occasionali/ finiti in ogni angolo dei muri/ dove conservo lampi di memorie/…/una voce che parte da lontano/ giunge a raschiare il cuore”.

Riconducendoci a pagine d’antica filosofia,  secondo cui l’universo è imperniato sull’unione dialettica di elementi contrari da cui la componente dell’equilibrio, riscontriamo come l’assenza sia una forza primaria nel dettato poetico di Romano contrapposta a quanto nella realtà è prensile e tangibile. Assenza-Presenza, in perenne tensione vitale, non sono che tempo storico e tempo eterno che vanno a nozze nel tempo simultaneo. La natura e il verso di Nicola Romano sanno cogliere, come sempre lo hanno fatto, le sottigliezze del binomio vita-morte rendendolo in immagini poetiche dense e altamente significative.

Estrapoliamo alcuni versi da “Assenza”, pag.16: “le mani rovistano le sacche/ di quei pensieri assorti ed intricati/ come spighe di canne scarmigliate/ ed un lamento scorre fino ai piedi/ se tenera ferita è la tua assenza.”; e ancora, dai bellissimi versi di “Commiato”, pag. 46: “Se solo avessi saputo/ il vuoto/ che poi genera un’assenza/ e che nudo diventa il gelsomino/…/avrei stretto più forte/ quell’abbraccio…”

Certamente il poeta è desideroso di sensazioni vere, non obnubilate da parvenze e artificiosità: il suo sentire d’umanissima dignità vuole e ricerca l’essenza che sta sotto e oltre il velo delle cose e delle creature. Per il poeta, che come Mida tutto trasmuta nell’oro della poesia, la ricerca della e nella Parola Poetica si rivela dapprima come atto cosciente di esorcismo della travagliata e tragica realtà e poi capacità trasmutativa interiore in se stesso, del sapore vitale del proprio esserci. A pag.41, leggiamo: “Non conosce mai tempo/ l’attesa al varco dell’unica parola/ che sia rivelazione all’incoscienza/ miele d’accenti alle giornate amare”. Che sia di buon auspicio, dunque, per il popolo di poeti, inoltrarsi nella dimensione delle  “parole traboccanti di bellezza” (pag. 44).

A conclusione del volume, la “Trilogia d’un tormento”: tre composizioni dedicate a Camille Claudel, Artemisia Gentileschi e ad Ipazia: una trilogia poetica d’autentica luminosità dove il verso sa racchiudere il crogiuolo delle loro storie personali restituendoci respiri di libertà, la grande forza che può essere insita nella tenerezza, l’ascensione dei valori grandi non soltanto femminili.

Passionalità d’animo, profondità di dettato, ironia mai stridente, scrupolosa precisione nella versificazione a tratti cruda e asciutta e a volte intensamente lirica: tutto inconfondibile nella pagina di Nicola Romano. Tutto autenticamente Parola veritiera.

 

 

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