"MOSAICOGRAPHIA SICILIANA" di Tommaso Romano – Recensione di Giovanni Teresi

Il minuzioso lavoro di ricerca storico-filosofico è costruito sulle numerose opere di emeriti autori presenti nel testo, ed è ben coordinato e chiaro illustrandone il Mosaicosmo Siciliano.

Il denominatore comune di critica e di pensiero è  ridonare luce ai siciliani che non si sono arresi alla ineluttabile modernità.

Importante è  allora, come afferma nella premessa il prof. Tommaso Romano, che la sola scrittura  aiuta a non perire e a mantenere viva la speranza di sopravvivenza. “Non è con la sabbia che si costruisce, entro sé stessi e fuori, la vera civiltà dell’essere e dell’amore. La scrittura ci aiuta a mantenere la speranza che si fonda nel Dio dei padri, nel Cristo oggi vilipeso mentre lo si esalta esteriormente come un profeta del “mondo nuovo e progressivo”.

“La scrittura a mosaico è intarsio mentale e letterario nel cuore del Mosaicosmo”: è compito primario,dunque, resistere al male e respirare la bellezza cosmica che è silenzio, trascendenza, contemplazione attiva.

A tale ragione il libro si apre con le considerazioni storiche e dottrinali sul pensiero e l’azione dei Cristiani Libertari descrivendone la radicale antitesi tra il reale e artificiale; lavoro presentato ed esposto dall’Alleanza Cattolica in occasione del II Libero Seminario di Studi dell’ISSPE nel dicembre del 2012.

È importante sottolineare che il ricorso alla “realtà e al suo contrario” è ciò che contraddistingue l’umano cammino inteso come avventura sempre straordinaria della irripetibilità di ogni uomo apparso sulla terra, anche nella dimensione della sofferenza, del dolore e della tragedia.

E i momenti topici di un tale cammino risultano essere sempre, per ciascun singolo soggetto, in bilico fra la tradizione intesa come consegna di un deposito, di una verità e il suo contrario; fra sovranità e oligarchia, identità e mondializzazione, ateismo e religiosità, essere e avere: tappe molteplici e complesse del viaggio esistenziale.

Così, all’uomo è demandato il compito della ricerca, della risoluzione, dell’avvio verso un’autentica e non impossibile rinascenza che sia al contempo spirituale, etica, civile con l’aiuto, si intende, di quel Dio da cui non possiamo prescindere.

Oggi parlare di radici e di storia, affermare i primati di realtà,  spiritualità, gerarchia, merito, fede e religiosità, diritto naturale, competenza, antiutilitarismo, sostenere le virtù  di prudenza e temperanza, è  rimettere parallelamente in discussione tutto ciò  che la modernità  e la rivoluzione

( etico-politica ed economico-sociale) hanno rappresentato e prodotto.

Il nostro modo di essere “tradizionalpopolari” ci fa considerare doverosa la presenza e l'opposizione a ciò che scardina il disegno creatore di Dio, facendoci paladini consapevoli della vita contro la morte e l’autodistruzione; del bello che ha una sua oggettività rispetto al brutto che ci circonda nel frastuono delle megalopoli senz’anima; nel deserto interiore di intere generazioni che potrebbero, invece, aspirare a una luce di speranza.

L’agire umano  ha però  bisogno di coscienza  nell’autorevolezza; di punti di riferimento verso l’oltre; una finalizzazione, non effimera, di idee e di ideali che sappiano muoversi e bilanciarsi  con il diritto naturale e con l’etica. Ma tutto ciò  dipende anche da come una storia si pone, mai uguale e che necessita di intervento, di concretezza, non di astrazione.

È appunto questo il significato della profonda riflessione di Gonzague de Reynold: “La grande utilità  della storia consiste nel correggere incessantemente in noi le nostre tendenze all’illusione e all’astrazione”.

Il capitolo del testo: “ Il Mito, La Storia e la ricerca come conoscenza” marca anche il concetto che l’oblio e il disprezzo della storia, sarebbero da considerare gravi fenomeni di degenerazione e di barbarie. L’uomo che perde la memoria avrà come guida soltanto i suoi istinti.

É bene ricordarci di quanto Sant’Agostino ci dice “che passato, presente e futuro non si autorealizzano, ma vanno vissuti come presente del passato, presente del presente e presente del futuro”.

La gran parte delle schede biografiche inserite nel testo riguardano Autori italiani operanti soprattutto nel secondo dopoguerra, con qualche eccezione; ed è  bene sottolineare che essi si possono porre in aperto dissenso nei confronti delle aree di schieramento politico-ideologico.

Ripercorrendo le vicende storico-biografiche dei protagonisti e comprimari della storia, si potrebbe   riscoprire anche quella linea antimoderna e di critica alla modernità  presente in Sicilia, tanto sottovalutata, che aveva contrastato, dagli albori del XVIII secolo, quella empietà  che si era sviluppata nel Razionalismo, nel Relativismo, nel Libertinismo e soprattutto nell’Illuminismo e nello spirito del Giacobinismo.

Il discorso critico prosegue rilevando che oggi i nuovi culti di ragione, progresso, “liberazione” hanno quasi soppiantato o ridotto a recinto privato religione, ordine civile, moralità, sacralità,  tradizione, che urge e che si manifesta in noi l’esigenza del recupero di una genealogia cronachistica in grado di riprodurre figure di uomini e donne, pensatori, filosofi, teologi, storici e letterati militanti, a diverso titolo, che si vogliono quasi annullare.

Infatti, il progresso inteso come culto ha provveduto a delegittimare, cancellando senza un confronto, alcune figure storiche e pensatori intellettuali. Tommaso Romano traccia,  in considerazione degli “Antimoderni e critici della modernità”, il triste panorama che non è una esercitazione sociologica, ma una irrilevanza ed una marginalità a cominciare dalla teoria e dalla pratica politica e dalla stessa conseguente minimizzazione di una fede, essendo ben altre e più urgenti le emergenze planetarie. Si pensi al “Timor di Dio”. L’uomo contemporaneo non vuole neppure farsi Dio, ma annullarsi nell’insignificanza. Un autentico pensiero unico planetario, che certo – pur con molte sfaccettature – ha saputo estirpare gran parte delle radici identitarie, tradizionali, di fede e di moralità di costumi, di genere, verso un indifferentismo misto ad edonismo, che si risolve spesso in nichilismo e in ateismo.

Bisogna, quindi, trovare in noi le ragioni e i valori, le fondamenta indistruttibili del credere e dell’agire nel mondo coerente al dettato evangelico e, insieme, operare e ricostruire dalle rovine, senza demandare ad altri, una salvezza che la fedeltà e l’Amore possono garantirci, come è ben espresso nel trittico di opere di Maria Elena Mignosi:  “Sinfonia dello Spirito”.

E ancora, nell’opera prima di Vito Mauro “La luna crollerà”, Tommaso Romano coglie il canto d’amore senza tempo;  il sogno, l’incantamento senza limitazioni; “il ritorno primordiale che rintocca la cetra antica e sempre dolce dell’attesa, dell’illusione, della conquista, della sconfitta, della resa e della possibile resurrezione dell’Anima”.

“Fare Letteratura nel tempo della crisi” è scrivere e leggere libri contro la decadenza morale. Infine, “Fare Arte per la luce della Bellezza”, come sostiene il Nostro analizzando le opere di Marisa Battaglia, è entrare in relazione con l’Arte che si misura con ciò che permane rispetto a ciò che è effimero. La ricerca della Bellezza e della perfezione è puro fascino in un clima di pura esteticità.

Nella Mosaicographia Siciliana dei vari Autori citati emerge la passione e il rigore; l’amore e l’ambientazione verso alti orizzonti, pregni di nobiltà espressiva, veritiera e pedagogica, che portano all’attento sguardo, all’intelligenza e al cuore.

 

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