Myriam De Luca, "L'invisibile nutrimento" (Ed. Thule) - di Francesca Luzzio

Il titolo della raccolta poetica di Myriam De Luca, “L’Invisibile nutrimento”, è il sintagma chiave in cui è racchiuso il senso di tutta la silloge. Tale alimento allo spirito con le sue emozioni, sentimenti e riflessioni lo dà la natura con la quale lei vive in una sorta di armo­nica sintonia, sì da generare nel suo animo una catarsi che trova nella poesia il suo strumento esplicativo. La natura, insomma, è la compagna fedele in cui la poetes­sa, elemento tra gli elementi, s’immerge, ad essa confi­dando ed elargendo la sua interiorità nel suo poliedrico essere e manifestarsi.

La disposizione delle poesie nel corpo della silloge non è occasionale, ma risponde ad un percorso narrati­vo: spinta dalla voglia “di liberarsi dai suoi vizi \ e l’in­sidiosa tentazione \ di compiacersi in essi \...”, percorre “la via solitaria del cambiamento \...” ( Fluttua l’anima, pag.12) e trova l’amore, ma prova anche il distacco; così s’immerge spesso nei ricordi, in un passato bello, ma talvolta anche brutto, come in quell’adolescenza ne­gata, durante la quale è rimasta simile a “... un uccellino \ dentro una scatola di cartone \ che tenta di alzare il bec­co \ verso l’alto \ dove l’alto era solo un po’ di pace \...”, ma non manca anche lo sguardo nel mondo, in questa società “...\ in questo mondo digitale \...” (Memoria di anni gentili, pag. 56) fatto d’“insolenza dilagante”, d’individualità che corrono perché “... a tutto \ si deve arrivare” e tale constatazione non può non indurla a ri­cordare “gli anni gentili” (idem) del passato.

Questo e tanto altro ancora viene progressivamente proposto, confidato, poeticamente narrato alla natura in cui la poetessa s’immerge e ne diventa spesso elemen­to in una sorta di dannunziano panismo: “Sono albero, sono cielo \ sono luce che parla al tempo \ sono grano dove il fiato riposa” (L’infinito negli occhi, pag. 55). E, attraverso questa panica immersione nella natura trova il riscatto, la totale, libera espansione del suo essere: “...\ Ritrovo libertà selvaggia \ nei cespugli stregati di more \ nei canneti piegati e fruscianti, nelle ginestre stordite \ ...” (Libertà è diversità, pag.72).

Il lessico appropriato, l’uso di tropi, illuminanti i temi trattati, i versi liberi, pur con la presenza di assonanze, consonanze, sporadiche rime o quasi rime che insieme al ritmo rendono molto musicali i versi, favoriscono una coinvolgente lettura ed immedesimazione nel sentire della poetessa.

 

in: Le Muse, anno XXI, aprile 2021

 

 

 

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