Myriam De Luca, "L'invisibile nutrimento" (Ed. Thule)

di Ester Monachino

 

Quando già dalla campitura delle prime composizioni emerge, facendosi  presenza,  l’Anima del poeta, dapprima in punta di pennello o con la leggerezza d’un passo di danza, poi  via via con tocco deciso, con spatolate di densa cromaticità, non si può che salutare il poeta Myriam De Luca  con l’abbraccio sororale della famiglia della parola in versi. Un sincronico sentire corporale e linguistico perché, sappiamo bene, quanto certe immagini che sono espressione consapevole della resina d’anima, siano al di là del tempo lineare e tutto sembra, lo è, un unico battito e respiro istantaneo.

La lettura del volume “L’invisibile nutrimento” rende  tangibile il volto interiore di Myriam De Luca, prorompente di sensibilità e pensiero immaginifico. Una scrittura versificatoria limpida e fluente senza gorgoglii intellettualistici,  profonda nel dettato e nella resa espressiva. Una profondità che scaturisce dalla comunanza simpatetica con la natura tutta cosicché gli abissi insiti nelle creature si fanno ordito di quanto è manifesto. Un poeta ha cuore intuitivo e pertanto sa leggere quest’impalpabile substrato. La centralità cordiale, pertanto, è sia motore di consapevolezza che metro di misura nella interrelazione con la realtà esteriore. “E’ tutto dentro di me”, leggiamo a pag.22, e il tutto si lascia intravvedere dalle fessure da cui ogni cosa è emanatrice di luci ed ombre, di vita con i binomi propri dell’esserci.

Questi nostri giorni travagliati non trovano espressione cruda nelle composizioni della De Luca: chiaramente imprimono nell’animo del poeta il cocente travaglio ma Myriam lo sa bene macerare, fluidificare, decantare  impalpabile, di autentico insegnamento. Sulle punte delle scarpette rosa per una danza d’occhi e di cuore.

Il flusso temporale è tangente all’animo del poeta che vive pienamente il presente; quando Myriam volge gli occhi memoriali alla primavera del vissuto, il suo tocco di parola è leggerissimo e sereno, appena malinconico, come nella composizione “La casa dell’infanzia” di pag. 16.

Lo sguardo vettoriale al futuro non è caprioleggiante o illusionista: radica nel presente. E’ ora che il poeta ricerca: “Cerco una strada maestra/ che risvegli il senso della vita” (pag. 36); è ora  che “Non c’è posto per il sonno” (pag. 37); è ora che “Si scatena la voglia di possedere/ ciò che non si può toccare/ di spingersi al di là/ di ciò che non si può spiegare” (pag. 59).

Ora,  questo istante, è quella leva archimedica che fa sollevare l’interiorità dandole visione a tutto tondo dei battiti temporali, della consapevolezza di essere umanità in ricerca di senso, della verità esistenziale.

Il poeta sa che verità e bellezza sono binomio inscindibile per cui, cercando l’una, si ritrova a rinsanguarsi nell’altra. Le composizioni di pag.41 e di pag.49 sono esplicative in tal senso. “Trovo bellezza/ dove la crudeltà dell’uomo/ non può arrivare”;  “Sento ancora bellezza/ nel silenzio di un’umanità/ dispersa”. Certamente Bellezza non esclusivamente nel suo aspetto esteriore ma come forma visibile di un contenuto di spessore etico.

“Mi fido solo della passione/ di un tramonto/ luce di coralli tra i capelli/…/ Rimango quella che sono” (pag. 41): mi fido, ho fedeltà nel mio essere interiore vero e bello, speculare di una natura interiorizzata. Così, il poeta, ci suggerisce all’orecchio come una preziosa confidenza. Questa è la fede autentica di Myriam De Luca. Poesia ha il suo tempio nel cuore. Qui è il suo cielo. Qui è la Parola che crea.

Pin It

Potrebbero interessarti

Articoli più letti

Questo sito utilizza Cookies necesari per il corretto funzionamento. Continuando la navigazione viene consentito il loro utilizzo.