Le poesie “disarmoniche” di Antonino Contiliano – di Francesco Muzzoli

Antonino Contiliano è un autore di un tipo assai raro al giorno d’oggi che unisce ad un perentorio impegno politico un altrettanto forte impegno sull’invenzione formale. La nuova raccolta, Sparse disarmoniche, da poco pubblicata per le edizioni Prova d’autore, conferma questa insolita sinergia. E ne dà conferma anche Marco Palladini, nella sua esauriente introduzione al libro, dove definisce Contiliano «un autore combattente e però eterodosso che combina un evidente post-brechtismo con un postmodernismo linguistico estrosamente sperimentale» (Per una poesia resistente e di contraddizione).
Gli è che l’esperienza dell’avanguardia (e in particolare dell’Antigruppo siciliano) non è passata invano, per cui la polemica vibrante nei riguardi di un mondo preoccupato principalmente nella buona salute degli affari e ormai ridotto a parlare per anglismi, acronimi e sigle varie si svolge mediante un linguaggio in continuo movimento, tra abbondanza plurilinguista di vocaboli stranieri e frasi latine, ribalzi sonori di rime e paronomasie, citazioni più o meno distorte, giochi verbali, ecc. Il tutto con un verso che varia di lunghezza, sostanzialmente libero, nel quale anche i residui endecasillabi, involontariamente formatisi, non sono più percepibili come tali.

Forse è il caso di partire da un testo campione. Scelgo quello che s’intitola Per pirata sottrazione:

sparare il diritto in questo diritto
twitter drink deodorante thriller
paese incrocio del virtuale dygit de-
ciso taglio ponti col corpo scisso e re-
ciso dono in pasto al porcile impasto

rotte reali sporcare di vivi morti
con ali impure e taglienti lotte
fino all’infinito estremo lo zero e
zefiro l’intemperia turbo-lenza sia
coro la parte maledetta un profitto

il partito è partito e senza parti
il governo è scialo incostituente
e solo tvtel fitto bitter di avatar
just-in-time the time is out of joint
reale è “i” il tempo immaginario

perché tanto attendere capri allora
alla tenda senza canne e cani, spirati
ora che “nullo amato amar perdona”?

amore è potenza d’essere, aumento
odio è odio solo per pirata sottrazione
canaglia è il potere del bio-fligere

inesplosi non è dono d’im-munitas
sovrano è gabbia-munus anti-sciame
qui l’im-potenza è solo potenza flessa!

E qui abbiamo modo di notare vari procedimenti. Innanzitutto l’abolizione della maiuscola anche a inizio frase in concomitanza con la riduzione al minimo della punteggiatura. Nella prima strofa due inusuali a capo, che la metrica classica designerebbe come “tmesi”: sono esattamente in corrispondenza di significati di taglio. Altre spezzature intervengono nel corpo della parola per evidenziarne le componenti. Sul piano del plurilinguismo si segnala l’incalzare dei termini tecnici anglofoni («twitter drink deodorante thriller»; «tvtel fitto bitter di avatar»), cui si aggiungono neoformazioni («bio-fligere»). Abbondano le rime interne («de-ciso»-«re-ciso»; «rotte»-«lotte») e le paronomasie («zero e / zefiro»; «il partito è partito e senza parti»; «senza canne e cani»). Spiccano le citazioni: quella dantesca è esplicita, tra virgolette («“nullo amato amar perdona”»); quella shakespeariana («the time is out of joint») è messa volutamente a contrasto e quasi a smentita della formula just-in-time, base della delocalizzazione del lavoro – infatti: se il tempo è sbalestrato, come si fa ad essere in tempo? Nella penultima strofa arriva la risposta al mondo del profitto e della conseguente scissione della parti culturali e vitali: qui Contiliano non esita dal far sua in senso propositivo una parola assai usurata come “amore” («amore è potenza d’essere, aumento»). Comparirà anche in altri testi della raccolta: «ma tu amore…» (Le spianate del futuro); «un / che d’amore versami in more» (Andino è il passo). La stessa funzione di pars construens avranno il termine “gentilezza” e quello (foucaultiano) di “eterotopia”.
Ma non c’è facile condiscendenza: non conosco un altro autore che al pari di Contiliano abbia annientato il linguaggio della lirica sotto una simile montagna di lessico economico! Non è soltanto una questione stilistica: le parole di quella che qui viene chiamata “shock economy” esorbitano dal normale proprio perché l’economia ci invade globalmente, in una globalità che non è solo geografica, ma che non lascia spazi liberi né nelle menti né nei corpi. Contiliano in questo libro dimostra come si possa fare una poesia della sussunzione. Non priva di paradossi: infatti, l’immersione nella parola operazionale, che dovrebbe essere quella più univoca di tutte, crea un incredibile “ermetismo di ritorno”. Così come paradossale diventa lo stesso automatismo del rimbalzo sonoro, che al contempo mima l’alienazione ed esalta però la creatività. È una poesia in continuo movimento e l’eros enunciato – che contrassegna i suoi momenti per così dire difensivi – si realizza in una sorta di eros verbale o comunque in quel piacere del ritorno del represso formale, di cui ha parlato Francesco Orlando.
Due parole sul titolo, Sparse disarmoniche. Direi così: poesie “sparse” non solo perché raccolte da pubblicazioni varie nel corso del tempo, ma soprattutto perché disseminanti, perché i semi del futuro sono dispersi tra le maglie della compressione del presente; e poesie “disarmoniche” non solo quanto a sonorità, ma soprattutto per via della contestazione della pace sociale. Glossa l’autore in sede di nota introduttiva: «Disarmoniche perché in conflitto antagonista contro l’armonia “naturale” e “divina” delle soggettivazioni del neocapitalismo imperante e dominante il mercato mondiale della rete global-virtualizzata». E disarmoniche – aggiungo io – anche in quanto astruseria semantica, che si rivela soprattutto nelle zone in cui Contiliano rinuncia alle mediazioni grammaticali (soprattutto agli articoli) per far deflagrare le cariche semantiche delle parole. Un esempio è la strofa finale di Ti lascio un congedo:

sensori cocktail di schiuma
ebbrezza congelata di bolle
stallo in canoa brillanti
rapide tagliamo la carne

Il “taglio”, che abbiamo già incontrato, è anche quel “taglio nel caos” che la poesia vuole rappresentare.
Ma sento già l’obiezione: perché non parlare chiaro? E poi: che senso ha opporsi in mancanza di un “mandato sociale”, in assenza di movimenti rivoluzionari? Contiliano ha già risposto in questi versi: «se cotempo una rivoluzione ci manca / divenire rivoluzionari non ci è tolto».

 

 

in: https://francescomuzzioli.com, 12/12/2022

Pin It

Potrebbero interessarti

Articoli più letti

Questo sito utilizza Cookies necesari per il corretto funzionamento. Continuando la navigazione viene consentito il loro utilizzo.