“L’ideale libertario” di Ferdinando Bergamaschi

La concezione di libertarismo in senso contemporaneo noi la riconduciamo come massima approssimazione con l’esperienza dell’epopea-avventura dell’occupazione di Fiume da parte di D’Annunzio e dei suoi stravaganti artisti-legionari. In questa sede non stiamo quindi parlando del cosiddetto libertarismo sociale e ancor meno del cosiddetto libertarismo economico (anche se questi libertarismi sono quelli “ufficiali”); ma non stiamo neppure parlando di quella interessante concezione “anarco-individualista” che deriva da Max Stirner, filosofo bavarese che visse nella prima metà del diciannovesimo secolo. Vediamo brevemente qual è la concezione di Stirner. Egli è fautore di un individualismo assoluto antistatalista e ateo. La via di Stirner è quella dell’ “Unico”, il quale afferma, urlandolo a tutto il mondo,  l’affermazione del suo ego, che muove da una polemica potentissima nei confronti di tutti i lacci esterni: il primo laccio è lo stato, poi la religione, il socialismo, il comunismo, il capitalismo, il nazionalismo, il liberalismo, l’umanesimo. Queste, secondo Stirner, sono ideologie che equivalgono a superstizioni che ingannano l’uomo. Egli non accetta nessun condizionamento di tipo sociale, sia esso di tipo umanitario, economico, politico ecc. E soprattutto egli si scaglia, oltre che contro lo stato, contro la religione, “fantasma” che aleggia sull’uomo. L’ “Unico” del filosofo bavarese, però, concepisce dei rapporti sociali con altri esseri ed è quindi previsto nella sua concezione un associazionismo ma solo in quanto associazione di “egoisti” nella quale ogni “io” entra solo per il proprio utile, cioè per poter meglio affermare il suo non condizionamento a niente di esteriore a lui.

Questa via è certamente potente e affascinante ma crediamo che il suo limite sia presto individuato: questo “individualismo assoluto” stirneriano è fondato sulla polemica verso i condizionamenti esterni ed è proprio questo il suo condizionamento. Al contrario il vero libertario non ha bisogno di essere polemico nei confronti dei condizionamenti esterni: egli accetta le leggi e persino le convenzioni esteriori e semplicemente le fa scorrere come si fa scorrere l’acqua quando piove e, sfortunatamente, non si ha un ombrello. Un vero libertario, crediamo, dovrebbe cioè fare scorrere la libertà e con essa anche i divieti (in forma di leggi) che il mondo porta con sé con fiducia che l’uomo acquisti fiducia nel proprio prossimo e che quindi divieti e leggi in futuro non serviranno più. Nell’attesa di questa nuova era il vero libertario accetterà lo “stato”, ma non in quanto tale, bensì solo in quanto egli sa che è il suo prossimo stesso che, più o meno inconsciamente, chiede protezione e assistenza - e quindi leggi - allo stato, e non lo giudica per questo.  In fondo, se si guarda bene, non vi è tanto da sperare che non vi siano più lo stato e le leggi, quanto piuttosto che non vi sia più bisogno da parte dell’uomo di leggi che assicurino protezione e assistenza e con esse, di conseguenza, che non vi sia più bisogno dello stato poiché tutti avranno rispetto di tutti e tutti vivranno in piena moralità. Ma questa, come si è detto sopra, sarà l’era della fiducia reciproca o anche l’era della moralità universale. A chi obietta che in tal caso si inseriscono degli elementi spirituali, cioè la fiducia e la moralità, in un quadro (quello stirneriano)  ateo, rispondiamo che l’obiezione è giusta e infatti, conseguentemente, riteniamo che il libertarismo sia un concetto spirituale (e cristiano nella fattispecie) e non materialista. Il materialismo, infatti, coerentemente svolto, porta al nichilismo, non al libertarismo: come può essere infatti la libertà la meta di una concezione che concepisce solo la materia e quindi un meccanicismo determinista e del tutto non libero? E’ evidente che non è possibile. Detto questo,  non  si deve togliere il riconoscimento di una grande forza nel pensiero di un uomo come Stirner, il quale peraltro influenzò tra gli altri Kierkegaard, Bakunin, Nietzsche.  

In conclusione diremo che quando giungerà questa era della fiducia reciproca vorrà dire che sarà anche arrivato il tempo del libertario, di colui che non ha bisogno della legge, poiché egli non giudica nessuno; egli, in modo depoliticizzato e deideologizzato, potrà allora circolare comodamente e a suo agio tra i suoi simili, tra persone cioè che liberamente e spontaneamente si concederanno fiducia l’un l’altro. Qui vale appena ribadire velocemente che con libertarismo non si intende certo quell’atteggiamento che si vuole a tutti i costi applicare al campo sociale (cosiddetto libertarismo sociale) o meno che meno che si vuole circoscrivere al solo campo economico-materiale (cosiddetto libertarismo capitalista). Il libertarismo come qui è inteso è un impulso spirituale che coinvolge tutte le facoltà del singolo individuo (individuale) e che proprio in quanto tale reca giovamento, oltre che a se stessi, anche agli altri, quindi alla collettività.

 

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