Giovanni Teresi commenta la poesia "Orologi" di Tommaso Romano tradotta in lingua spagnola da Carlos Vitale

 

 

        RELOJES...

        Relojes en la casa
        que están inmóviles
        olvidados
        o recargados,
        a veces,
        a mano
        o quietos para siempre
        irregenerables
        incluso en la arena
        de la clepsidra,
        engarzados en figuras esmaltadas,
        en viejas porcelanas
        o en el vidrio,
        péndulos sin péndulo
        para no marcar las horas.
        Cadáveres del pasado
        en el presente que se consume
        en el pasar.
        OROLOGI...

        Orologi alla casa

        che stanno immobili
        scordati
        o ricaricati,
        a volte,
        a mano
        o fermi per sempre
        irrigenerabili
        anche alle sabbie
        della clessidra,
        incastonati in figure invetriate,
        in vecchie porcellane
        o nel vetro,
        pendole senza pendola
        a non segnare le ore.
        Cadaveri del passato
        nel presente che si consuma
        nel passare.
 
Traduzione di Carlos Vitale da: www.viasole.blogspot.com
 
 
 
Il Poeta Tommaso Romano, con la sua lirica “Orologi …”, esprime chiaramente la sottile ed importante concezione del tempo: Orologi alla casa/che stanno immobili/…/irrigenerabili/
anche alle sabbie/della clessidra.
 Il tempo, che per la scienza (tempo della fisica) è il tempo privo di durata, è costituito da una successione misurabile di istanti che è il tempo dell'orologio.
Non esiste un tempo globale, il tempo è una grandezza locale, che si può definire solo per una particolare posizione spaziale e in un dato sistema.
Il nostro concetto di tempo – quello che usiamo nella vita di tutti i giorni – è di fatto superato dalla scienza moderna, come descrive il Nostro nei suoi versi:
“Orologi/…/ scordati/o ricaricati,/a volte,/a mano/o fermi per sempre …”
La filosofia del novecento è stata quasi ossessionata dalla questione del tempo – fino a Bergson, alla questione della coscienza interna del tempo, e poi a Husserl e Heidegger.
 In che misura il tempo della memoria, il tempo proustiano, quello dei ricordi, ha un’incidenza nella vita e nella ricerca?
Ad esempio per Bergson il tempo è quello della coscienza.
Flusso continuo di istanti in cui passato presente e futuro si compenetrano, confluiscono grazie alla memoria e all'anticipazione. La memoria che serve per arrivare dal presente al passato, l' anticipazione dal presente al futuro. E' dunque un tempo interiore nel quale il tempo dell'orologio non ha nessun effetto.
Se oggi l’orologio è pressoché ridotto al ruolo di protesi velocizzata e preziosa dei ritmi giornalieri che assume il volto del gioiello di precisione, in altre epoche il suo valore era differente e si sposava con i tempi della vita della comunità, con il sacro della meditazione sulla vanitas, con il dispotico controllo dei tempi di lavoro da parte dei padroni. Era insieme l'immagine del mondo, la metafora del corpo. Portava con sé la doppia natura di oggetto fisico e metafisico che misurava, come fa ancora adesso, ciò che non è misurabile: il tempo.
“Orologi incastonati/ in figure invetriate,/in vecchie porcellane/o nel vetro,”
Dall'uso simbolico nel sociale ci si può spostare all'uso simbolico e sacro nella letteratura, dove il caso dantesco costituisce uno degli esempi più straordinari quando nel X canto del Paradiso la ruota dei beati viene metaforizzata attraverso il richiamo alla tecnica ingegnosa dell'orologio il cui suono è una sorta di inno mattutino simile a quello che sveglia la gente dal sonno:

Indi come orologio, che ne chiami
nell'ora che la sposa di Dio surge
a mattinar lo sposo perché l'ami,
che l'una parte l'altra tira ed urge,
tin tin sonando con sì dolce nota,
che il ben disposto spirto d'amor turge,
così vid'io la gloriosa ruota
muoversi [...].
 
Tutto questo è particolarmente intrigante dal punto di vista storico-scientifico oltre che filosofico: scopriamo che la nostra precarietà e fragilità, di cui ci siamo così tanto vergognati e abbiamo vissuto con un senso di inferiorità, è in realtà un tratto comune a tutte le cose materiali, dalla più infima alla più maestosa. Nessuna forma materiale è stabile all’infinito, neppure l’universo intero; non solo tutto prima o poi finirà, ma potrebbe rompersi in qualunque momento.
Così Tommaso Romano, negli ultimi versi della sua lirica, precisa:
“… pendole senza pendola/a non segnare le ore./Cadaveri del passato/nel presente che si consuma/
nel passare.”
 
Gli ordigni cronometrici attirarono costantemente nel corso dei secoli la curiosità intellettuale di uomini di cultura, e ben presto si cominciò a scrivere trattati sul modo di costruirli.
Nato come strumento per misurare il tempo, difatti, l'orologio veniva sempre più recepito come il suo simbolo misterioso, come enigma da decifrare, come mirabile invenzione umana e momento mobile e visibile della fuga della vita verso la morte.
Non solo, da Leonardo a Brunelleschi gli "oriuoli" vengono progettati, costruiti, descritti anche in poesia a testimoniare la diffusa novità e l'interesse per un oggetto oramai entrato a far parte di un universo simbolico che ne potenziava e moltiplicava i significati: "Gli orologi della Sapienza" .
Ad esempio il teatro interiore della caducità che l'orologio barocco rendeva drammaticamente percepibile, assume nella tradizione scientifica una fisionomia variata che va da applicazioni politicomorali - come nel gesuita spagnolo Antonio De Guevara, il cui Relax de principes, già nel Cinquecento, spiegava che "l'orologio dei principi non funziona con sabbia, né con il sole, né con le ore, né con l'acqua: è l'orologio della vita. Poiché gli altri orologi servono a sapere che ora è della notte e del giorno: mentre questo ci mostra e ci insegna come dovremmo tenere occupate le nostre menti e come dovremmo ordinare la nostra vita" - alle classiche visioni dello stato-orologio, ad esempio quella di Hobbes.
Ma dal XIX secolo oramai è il tempo della città che viene rappresentato: un tempo del caos, della perdita dell'esperienza che ha frantumato la coscienza e le sue facoltà percettive. Simboli della rivoluzione industriale, gli orologi misurano nello stesso istante il ritmo del tempo e quello del denaro. Sono l'ornamento pubblico e l'ossessione dei lavoratori schiacciati tra disciplina e velocità, accelerazione e precisione.
 
 
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