Elite e Distinzione/ 10 - Diego de Vargas Machuca

Nel Medioevo, la società era costituita da tre classi, clero nobiltà e popolo, ciascuna delle quali con incarichi, privilegi e onori speciali. La nobiltà aveva essenzialmente un carattere militare e guerriero. Le spettava la difesa del Paese dalle aggressioni esterne e la difesa dell’ordinamento politico e sociale. Oltre a ciò, nelle loro terre, i signori feudali esercitavano contemporaneamente, senza oneri per la Corona, funzioni in qualche modo analoghe dei presidenti delle Camere, dei giudici e dei cormnissari politici moderni. Nell'epoca dei Lumi, nuove teorie di filosofia politica e sociale cominciarono a conquistare certe classi dirigenti dei Paesi europei. Allora, per effetto di una malintesa nozione di libertà, il Vecchio Continente cominciò ad avviarsi verso la dissoluzione dei corpi intermedi, la totale laicizzazione dello Stato e della Nazione, e la formazione di società anorganiche, rappresentate da un criterio unicamente quantitativo: il numero dei voti. Questa trasformazione, che dalle ultime decadi del secolo XVIII si estese fino ai nostri giorni, ha facilitato il fenomeno del decadimento del popolo a massa. Così le successive trasformazioni politiche e sociali hanno teso a confondere tutte le classi e a negare interamente al clero e alla nobiltà il riconoscimento di una situazione giuridica speciale. Dura contingenza davanti alla quale queste classi non devono chiudere gli occhi con pusillanimità, poiché questo sarebbe indegno sia di veri ecclesiastici che di veri nobili. Pio XII, in una delle sue allocuzioni al Patriziato e alla Nobiltà romana, descrive questo stato di cose con impressionante precisione: "ln primo luogo, guardate intrepidamente la realtà presente: Ci sembra superfluo d'insistere nel richiamare alla vostra mente ciò che, or sono tre anni, fu l'oggetto delle nostre considerazioni; Ci parrebbe vano e poco degno di voi il velarlo con prudenti eufemismi, specialmente dopo che la parole del vostro eloquente interprete Ci hanno reso una cosi chiara testimonianza della vostra adesione alla dottrina sociale della Chiesa e ai doveri che da essa derivano. La nuova Costituzione d'Italia non vi riconosce più, come classe sociale, nello Stato e nel popolo, alcuna particolare missione, alcun attributo, alcun privilegio". Questa situazione, osserva il Pontefice, è il punto tenninale di tutto un lungo concatenamento di fatti. I membri della nobiltà e delle élites tradizionali non devono perdersi però in inutili lamentele né ignorare la realtà ma, al contrario, prendere chiaramente posizione di fronte ad esse. Questo è il comportamento tipico delle persone di valore."Mentre i mediocri nell'avversa fortuna non fanno che tenere il broncio, gli spiriti superiori sanno, secondo l'espressione classica, ma in un senso più elevato, beaux joueurs", conservando imperturbabilmente il loro portamento nobile e sereno". Cosi, un adeguato adattamento al mondo moderno, molto più ugualitario di quanto lo era l'Europa prima della II Guerra Mondiale, non significa per la nobiltà rinnegare se stessa né le sue tradizioni e sparire nel livellamento generale; ma al contrario significa permanere coraggiosamente come continuatrice di un passato ispirato a principi perenni, tra i quali l'ideale cristiano. La nobiltà di sangue è peraltro un potente stimolo alla pratica della virtù. Nell'omelia per la festa della Natività della Madonna del 1584, san Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, affem1a:"...Anche se tutti non ignoriamo che tutti apparteniamo alla vera nobiltà - quella cristiana- tuttavia non pensiamo che debba essere disprezzata o rifiutata la nobiltà secondo la came. Al contrario, chi non riconoscesse che anche questa stessa nobiltà é un dono e favore singolare di Dio, e non ringraziasse specialmente per essa Dio, costui sarebbe in verità indegno della qualità di nobile, poiché oscurerebbe lo splendore dei suoi maggiori , in quanto la nobiltà della carne molto contribuisce anche al vero brillio dell'anima e le dona non piccoli benefici...". Di conseguenza, la nobiltà non deve rinunciare alla gloria avita ereditata, ma conservarla per le proprie stirpi e, ancor più, per attuarla a beneficio del bene comune con il valido contributo che essa è ancora in grado di prestarle.

 

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