“Scritti su Cesare Brandi 1946 - 2017. Un incantevole compagno di strada”, (Silvana Editoriale) - di Giuseppe Massari

Appena uscito dalle rotative è un omaggio che il figlio del protagonista, Vittorio Brandi Buriu, ha voluto rendere, con la “complicità” di Giuseppe Appella, che ne ha curato l’introduzione, a colui che fu uomo di cultura, che amò molto viaggiare, che fu critico d’arte e primo direttore dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma. Cesare Brandi, Pellegrino di Puglia, titolo di un suo racconto di viaggio in quella terra che lo vide pioniere, alfiere, artefice e protagonista per aver posto in sicurezza, cioè salvandoli e salvaguardandoli, quegli affreschi di arte bizantina, di rara bellezza e fattura, che sarebbero andati persi se non avessero trovato in lui il convinto missionario della loro salvezza. Se non avessero trovato in lui il “visionario”, il rivoluzionario, che ebbe la capacità di essere lungimirante, originale nel suo modo di approcciarsi a quell’arte mistica, ma sconosciuta, vissuta all’ombra del degrado e dell’abbandono per molti anni. Gli stacchi, sotto la sua direzione, avvenuti a Poggiardo, in provincia di Lecce e a Gravina in Puglia, in provincia di Bari, fanno di lui il cittadino onorario della Puglia, il figlio adottivo di quella terra generosa ed ospitale. Non a caso, qui, nella nostra regione, c’è chi coltiva il ricordo, la testimonianza diretta di Brandi. E’ Aldo Perrone, di Taranto, tra l’altro, uno dei tanti autori che ha contribuito a far vedere la luce a quegli scritti racchiusi nella raccolta di cui ci stiamo occupando. Perrone fu legato da profonda e sincera amicizia con colui che segnò il passo, la linea di demarcazione tra secoli passati e lontani e i secoli futuri, prossimi, quelli ancora da compiersi. Il toscano sceso al Sud si trovò dinanzi ad un dilemma. Si interrogò sulla necessità e possibilità di salvezza del patrimonio attraverso lo strappo e il trasferimento delle pitture dai siti rurali in cui giacevano a luoghi più sicuri e più protetti. Si pose il problema della ferita che lo strappo produceva al sito originario, ma intuì che gli affreschi, di fronte ai nuovi veleni e alla violenza odierna, nel giro di pochi decenni sarebbero spariti per sempre.  Cesare Brandi non fu solo questo, ma principalmente questo per essere ricordato, valorizzato, apprezzato, riconosciuto per i  grandi meriti acquisiti sul campo. Quello che lui è stato ce lo raccontano meglio gli scritti e gli autori che lo hanno conosciuto e consacrato in queste memorie, non come icona, non come reliquia, ma come personaggio vivo, dinamico, eclettico. Un uomo che ha saputo conquistare la scena internazionale ed europea. Benedetto Croce, Geno Pampaloni, Nicola Abbagnano, Quirino Principe, Enzo Siciliano, Giulio Carlo Argan, Leone Piccioni, Vittorio Sgarbi, Alberto Arbasino, Carlo Bo. Senza far torto a tutti gli altri. Personaggi di prestigio, di rilievo nel panorama intellettuale e culturale d’Italia. Uomini che hanno spaziato nei campi più disparati dello scibile umano: dalla filosofia, alla storia, all’arte per omaggiare un monumento di civiltà e di creatività. Per ricordare il poeta, lo scrittore, il viaggiatore e il narratore. Il critico e lo storico dell’arte, il teorico del restauro. La lettura dei testi sembra scorrere breve, pur in un arco di tempo che va dagli anni più difficili, ricordando e partendo dal dopoguerra, per passare  a quelli del progresso, della riconquistata civiltà, fino ai nostri giorni, forse bui, ma non tali da poter oscurare la bellezza racchiusa in quell’arte che Brandi seppe far diventare coinvolgente, senza stravolgerla. Nel rispetto di quella sua innata sensibilità umana ed  artistica. Nel rispetto di quell’impegno artistico e professionale che lo ha portato sulle vette più alte della storia recente e contemporanea. Nel rispetto di quella che è l’arte, vissuta ed incarnata da un figlio nato in quella culla regionale, la Toscana, in cui ben altri maestri e ben altri allievi hanno saputo dare lustro all’Italia rinascimentale e  non solo.

 

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