Conversazioni della grande guerra 1915/18 – descrizione della condizione dei soldati al fronte – ricerca storica di Giovanni Teresi

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Fronte italiano 1915/18  

Nitti                                      18 marzo 1918

Nitti chiama alcuni direttori di giornali. Comunica un telegramma che Orlando gli ha inviato da Londra, per dirgli che bisogna smentire le voci, che circolano a Roma, secondo le quali a Londra si esaminerebbero proposte di pace. È una manovra del nemico, perché oggi la sola realtà e la guerra, e non si è mai stati lontani dalla pace come in questo momento.

Ritornando alla situazione, Nitti dice:

La falsità di queste voci  in circolazione è tanto più impressionante, in quanto non c’è ombra di discorsi di pace da nessuna parte. Si è detto che Monsignor Pacelli è venuto da Vienna con delle preposte; ma io ho ragione di no crederlo, ad ogni modo si tratterebbe delle solite chiacchiere che non concludono a nulla. Dico questo con dolore, perché se ci fosse uno spiraglio di una possibile pace, io sarei il primo ad esserne entusiasta, chiunque ce la portasse; e se fosse il Papa io, non come governo, ma come Nitti, anderei a baciargli la pantofola … Ma purtroppo non c’è niente, e bisogna pensare alla guerra e a niente altro. In questi giorni sono stato in continuo contatto con Crosby, che con me è famigliarissimo. È il Commissario degli Stati Uniti in Europa: è l’uomo ora, più potente che ci sia perché se egli vuole può imporre a noi o alla Francia di smettere la guerra. Se ci fosse il menomo spiraglio dalla parte dell’America non me l’avrebbe taciuto.

Bisogna pensare a niente altro che alla guerra, anche perché il morale del paese, che poi si riflette nell’esercito, sia tenuto alto. Diaz, nelle ultime conversazioni avute con me, non raccomanda altro, perché più che mai oggi l’esercito è il paese, ed ogni sentimento che passa per il paese si riflette nell’esercito.

Gli domandiamo quale impressione egli abbia avuto dell’ultima visita al fronte, ed egli specifica in proposito le informazioni che mi aveva già date. “L’impressione è molto buona, ed è ponderata. Arrivando al fronte abbiamo voluto renderci conto della situazione nel modo più preciso, senza fermarci alle sole impressioni e dichiarazioni del Comando, quantunque Diaz sia un uomo di mente fredda e calma, alieno da impressionismi ed esaltazioni. Così abbiamo fatto convocare i comandi di tutte e Armate, abbiamo tenute cinque conferenze, tre con tutti i comandanti e due con lo Stato Maggiore. Abbiamo invitati i varii comandanti a parlare liberamente, senza nascondere nulla. E tutti sono stati unanimi nel dichiararci che il morale delle truppe è veramente buono, quale non era stato di più di un anno a questa parte, ed anzi forse dal principio della guerra. Dichiarazioni identiche ci hanno fatto i comandanti inglesi e francesi, che ci hanno pure detto che i nostri soldati sono pronti ad uscire dalle trincee in condizioni in cui i soldati inglesi e francesi non uscirebbero mai. Quanto all’organismo dell’esercito, anch’esso è perfettamente ricostituito. Abbiamo sette Armate ora, per numero di soldati ed armamento superiori di un buon margine a quanto avevamo prima di Caporetto”.

Richiesto come mai il comando della Prima Armata fosse stato tolto a Robilant, rispose: È stato tolto senza nessuna diminuzione, perché abbiamo voluto costituire un esercito di manovra, pronto ad accorrere su qualunque punto, il comando del quale è stato dato appunto a lui.

Richiesto come mai si fosse rifiutato l’impiego dei prigionieri czeco-slavi per costituire un corpo speciale, risponde:

“l’abbiamo rifiutato per ragioni di umanità e convenienza. Umanità verso questi czeco-slovacchi i quali, cadendo in mano al nemico sarebbero stati impiccati o fucilati. E poi non dobbiamo dimenticare che il nemico ha nelle sue mani quattrocentomila prigionieri italiani, sui quali eserciterebbe ogni rappresaglia, se noi violassimo una legge così precisa del codice di guerra, come quella che proibisce l’uso dei prigionieri contro il paese e l’esercito a cui appartenevano. È inutile dire che il nemico ha consumato violazioni di ogni specie; ma sono di diverso carattere, e ad ogni modo no sta a noi, che siamo deboli, di distruggere con le nostre mani disposizioni che ci proteggono. Né dobbiamo dimenticare i danni e gli orrori che il nemico potrebbe per rappresaglia consumare contro i paesi nostri che occupa …

Del resto gli czeco-slovacchi non mancheranno. Ve ne sono sette o otto mila organizzati in Francia, che saranno mandati in Italia. Non sono né cittadini né soldati austriaci e quindi liberi di arruolarsi nell’esercito nostro. Non li costituiremo in un corpo speciale, perché mancherebbero di comandi capaci; ma ne faremo delle centurie, da distribuirsi su tutto il fronte, perché così potranno esercitare meglio la loro opera di propaganda sui loro connazionali dell’esercito austriaco …

E il corpo garibaldini?

Anche questo il Comando è stato contrario, e così pure il Governo unanime. Peppino Garibaldi è stato qui, ed io l’ho persuaso. Fra l’altro non si può continuare a vuotare le fanterie dei loro elementi migliori per farne corpi speciali, perché finiremmo per avere i corpi speciali ma non più le fanterie; dalle quali abbiamo già dovuto togliere tento dei loro elementi migliori per costituire i bombardieri, i mitraglieri, gli arditi. ecc.”.

 

 Giovanni Teresi

 

 Bibliografia: Olindo Malagodi  “Conversazioni della Guerra 1914-1919 a cura di Brunello Vigezzi – Tomo II  Dal Piave a Versailles” Ediz. Riccardo Ricciardi (Milano-Napoli)

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