Calogero Di Fiore, "Nomadi con Dio" (Ed. San Paolo) - di Maria Elena Mignosi Picone

Un invito accorato ad uscire da sé perché  solo così  si raggiunge la felicità e la pace.
Solo così  si fa spazio a Dio, all’Altro per eccellenza, e in Lui agli altri. Uscire per incamminarsi, andare incontro, aver cura, come Maria che, pur portando in grembo Gesù, uscì  da casa sua e si incammino` verso la cugina Elisabetta che, pur avanti negli anni, si trovo`  incinta per grazia voluta da Dio.
Uscire da sé  e mettersi in cammino con Dio, e gli altri nel cuore, e col cuore che arde come ai discepoli di Emmaus per la vicinanza con Gesù, questa è  la connotazione del cristiano. Essere Nomadi in Dio e con Dio. E il libro scritto con passione e ardore da Calogero Di Fiore, Sacerdote Vincenziano, Parroco della Parrocchia di San Vincenzo a Palermo, è  dedicato ad una parrocchiana molto fervente che ogni mattina usciva di casa per recarsi in Chiesa e là  dedicarsi agli altri, piccoli e grandi, in continua Catechesi, con attività  instancabile, in profonda spiritualità.  Questa parrocchiana è  Pina Collura. Lei, nomade di Dio, esemplare. Quindi Nomade perché  si esce da se stessi per camminare con Dio verso il prossimo formando con lui comunità. 
La comunità  è  molto sentita dall’autore Calogero Di Fiore, Padre Vincenziano, per il quale essa si esprime mirabilmente e raggiunge il suo culmine nel banchetto, e specialmente nel banchetto eucaristico. Egli scrive: “Il sogno del nomade di Dio è  costruire una comunità che sappia essere sempre più  “samaritana”, più  accogliente, che cammini sulle strade del mondo non con cuore indifferente, con atteggiamento calcolatore, ma con un cuore misericordioso, capace di accorgersi delle ferite dell’uomo e, come il buon samaritano, capace di caricarsele su di sé in pezzi frantumati.”
Una particolare sensibilità  traspare dalle pagine dell’opera, verso i poveri, e per questo l’autore Calogero Di Fiore accoratamente ribadisce: “Siamo chiamati ad essere la speranza dei poveri” e aggiunge: “Dio ha bisogno di Nomadi che non si facciano paralizzare dalla complessità  del mondo e dalla difficoltà  di trasmettere il vangelo all’uomo di oggi.” E conclude, e questa è  la conclusione pure del libro, con queste parole quasi un testamento spirituale: “Solo quando si incontra Gesù  di Nazaret si diventa Nomadi che cantano la vittoria definitiva di Dio sulla morte.”
L’opera di Padre Calogero Di Fiore presenta degli aspetti della cattolicita` che sono nuovi rispetto a quelli cui siamo stati abituati fino ad ora.
Finora siamo stati abituati a vedere una figura di cattolico piuttosto presuntuoso e superbo che sente in sé  la perfezione e la superiorità come il fariseo riguardo al pubblicano: “…Signore ti ringrazio che non sono come gli altri,  peccatori…”, pronto a puntare il dito, a condannare, a distaccarsi appunto dagli altri che sono peccatori, mentre lui no. Padre Calogero è  abbastanza severo con loro e scrive: “Il peccato entra nella casa di chi ha paura di entrare nella casa di un peccatore.” Padre Calogero ha un’altra idea di cattolico come colui che, come tutti gli altri uomini, non è  esente dalla fragilità. Esorta: “Dobbiamo amare la nostra fragilità” perché  così  “la nostra storia che viene attraversata dalla presenza amorosa di Dio, si trasforma in una storia di luce e di salvezza.” E continua, con una espressione che assurge quasi a poesia “Il credente che accetta per amore di Dio il mistero della sofferenza, diventa come un vaso di cristallo che, pur frantumato in mille pezzi, da ciascuno di essi emanera` milioni di raggi.”  
La fragilità, che è  propria dell’uomo, è propria ancora di più, del nomade, la cui esistenza è  esposta soprattutto alla precarietà. 
Ma, come si deduce dal titolo, non si è  semplicemente nomadi, ma nomadi con Dio. E l’essere con Dio cambia tutto. “Io ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni.”
La vicinanza con Dio, il camminare con Dio, conferisce al cammino, all’essere Nomadi, un carattere abbastanza forte di spiritualità. Scrive: “Questo viaggio di appartenenza a Dio è  un dono che cresce solo nelle persone che curano la propria interiorità.  
Questo libro di Padre Calogero Di Fiore apporta nella vita ecclesiale e nella pratica della fede cattolica, una ventata di novità.  Oltre la fragilità, egli mette in risalto un altro aspetto. È  la bellezza. Il bello, che è  uno dei trascendentali, che sono appunto il vero, il bello e il buono, il bello, dicevamo, nei tempi passati veniva trascurato, sottaciuto, quasi si associasse al bello il concetto di peccato. La bellezza veniva considerata come apportatrice di danno. L’ammirazione per la bellezza non esisteva. Un prete o una suora che cantassero, ballassero, recitassero in teatro, come fa Padre Calogero,  un prete o una suora che fossero artisti, poeti, pittori, suscitava stupore. Era quasi uno scandalo. Con Padre Calogero no. Egli stesso è  un artista. C’è  in questo libro una sua poesia. La bellezza rifulge nell’opera e nella vita di Padre Calogero. Bellezza è inoltre  la Comunità  che egli crea e promuove, bellezza è  l’armonia che vi regna, bellezza è  la gioventù  che egli attrae col suo fare da fratello maggiore.
E la Bellezza fa un tutt’uno con la felicità. Un terzo aspetto, dopo fragilità  e bellezza, che risalta e mette in luce Padre Calogero. Nel passato anch’essa messa in ombra. Quando da bambini al Cate chismo si studiava a memoria, c’era una domanda: “Per qual fine Dio ci  ha creati?” E la risposta era: “Per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e goderlo poi nell’altra in Paradiso.” Ci si faceva l’idea che il godimento fosse riservato solo all’altra vita. La Beatitudine Celeste. La Beatitudine era propria del Paradiso. Con Padre Calogero no. Sin dalle prime pagine egli insiste su un interrogativo invitandoci a riflettere: “Sono felice o fingo di esserlo?” Il raggiungimento della felicità  autentica qui in terra è una sua preoccupazione per i suoi fedeli.
E la felicità  autentica la raggiungono i Nomadi con Dio. Riferendosi ai Nomadi della Bibbia, egli scrive: “Sono nomadi, non supereroi, uomini e donne con le loro fragilità. Pieni di passione, non si vogliono accontentare di ciò  che vedono, toccano, ma hanno imparato a vedere con il cuore, ciò  che è  invisibile agli occhi. Alla fine del loro viaggio hanno trovato ciò  che per una vita intera hanno cercato: la vera felicità. La perfetta letizia secondo San Francesco. E l’hanno trovata qui in terra. Dall’ esodo. Verso la Terra Promessa. Da Nomadi con Dio.  Ed è  una felicità  tutta speciale, come ad esempio, quella dal praticare le Opere di Misericordia, o dal mettere in atto, vivendo la giustizia, la purezza, la pace,  quei suggerimenti che non per nulla si chiamano “Le Beatitudini”. E qui in terra.
Concludiamo con un ringraziamento a Padre Calogero per questo libro magnifico che ci ha voluto offrire, per il suo invito a risvegliarci, a metterci in cammino, e in cammino con Dio, verso la meta della felicità che, sola, può  venire dal porgersi verso gli altri, specialmente i poveri, i bisognosi, e con  questo animo impregnare di spiritualità ogni incontro.
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