Sulla storia/1

Pasquale Hamel

Soprattutto in questi ultimi anni, nei quali il sapere storico è stato sottomesso ai gusti mediocri di un’élite culturale che tale in effetti non è, nell’immaginario collettivo si è radicata l’idea che la conquista islamica della Sicilia sia stata rose e fiori. 

Quasi nessuno si sofferma sul fatto che la conquista, iniziata nell’827 e segnata da eroiche resistenze e spietata violenza, si protrasse per oltre cent’anni e che Rometta, l’ultima roccaforte bizantina, fu espugnata solo nel 965. 

Per non parlare poi della favola della tolleranza, proclamata come segno distintivo della civiltà islamica, smentita dalle confessioni forzate e dai massacri delle popolazioni cristiane e dalla condizione di semischiavitù (tale era lo status di dhimma) che veniva riservato ai non convertiti. 

Basta, per questo, ricordare due esempi dello scempio compiuto nel corso della faticosa conquista. 

Palermo, contraddicendo anche qui le solite leggende, al momento della sua espugnazione aveva ben 70.000 abitanti che, dopo il lungo assedio e le atrocità commesse, si ridussero ad appena 3.000, trattati in modo indegno e cacciati nelle catacombe per continuare a vivere la propria fede. 

Per non parlare della sorte toccata a Siracusa che, superate le ultime resistenze, il 21 maggio dell'878, vide irrompere,  come branchi di lupi affamati, le orde islamiche. La città fu messa a ferro e fuoco e depredata ignobilmente. 

Il bottino fu fra i più ricchi che gli arabi avessero mai conquistato nel corso delle loro tante conquiste, e l'eccidio, che seguì al saccheggio, fu degno della fama di eserciti sanguinari che i Saraceni da secoli si erano guadagnata. Le mura della città furono, infatti, abbattute, le case, le chiese ed i monasteri dati alle fiamme. Migliaia di cittadini ( anche  donne, vecchi e bambini) furono violentati o assassinati sol per il gusto rinchiusi di uccidere o, ancora, richiusi a marcire in fetide galere mentre altri vennero spediti in Africa per essere venduti come schiavi nei mercati. 

Le chiese, vergognosamente profanate, furono poi trasformate in moschee. Della grandezza di un tempo, dopo il saccheggio, non restava che una pallida ombra.
Cosicché, di quella che era stata la città più importante dell'isola - la splendida capitale, culla della cultura classica - che nel VII secolo era stata scelta come sede imperiale, restavano solo macerie e morte. 

La Sicilia islamica, come età dell’oro, bisognerebbe avere il coraggio di dire che, in realtà, è stata poco meno di un bluff, ma quel coraggio, diciamolo pure, non appartiene ai tanti sacerdoti dei salotti radical chic che amano crogiolarsi nei luoghi comuni o che, masochisticamente, godono a farsi del male.

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