“L’isola Ferdinandea, apparizione e realtà dai tempi romani” di Carmelo Currò

Giulio Ossequiente è certo un Autore che ha avuto fortuna nel periodo rinascimentale, epoca affamata di notizie e previsioni, in cui astronomia e astrologia hanno confini molto labili, come dimostrano gli oroscopi di Galileo Galilei, formulati negli stessi anni dei suoi studi. A partire dall’edizione del 1508 del Libro dei prodigi, l’opera di Giulio ispirò e ispira ancora ipotesi, dipinti, supporti per creduloni, superstiziosi e ufologi. Derivato in gran parte dalle notizie di Tito Livio, Giulio riassume una messe di fatti strani, misteriosi, apparentemente senza spiegazione: suoni celesti, dischi luminosi nei cieli, nascite deformi, piogge di pietre; eventi terribili o minacciosi per la superstiziosa società romana.

Fra le notizie non mancano succinte descrizioni di fatti naturali oggi spiegabilissimi, le cui cause vanno ricercate nelle eclissi, nelle aurore boreali, nei fulmini globulari, nello sprigionarsi di gas sotterranei, nelle eruzioni vulcaniche terrestri o marittime.

Proprio sulle eruzioni vulcaniche, Ossequiente riporta un fenomeno avvenuto nel 183 a.C., lo stesso anno in cui Annibale morì avvelenato in Bitinia e in cui per due giorni sarebbe piovuto sangue nei templi di Vulcano e di Concordia. “In Sicilia insula novi mare nata”, egli racconta: “In Sicilia è nata in mare una nuova isola”.

Nell’ammirevole edizione milanese del 2017, con testo latino a fronte ed eruditissime presentazione e note, Mariella Tixi identifica la nuova isola emersa dal mare con Vulcano, rifacendosi anche a una testimonianza di Orosio che nella sua Opera Delle storie contra i pagani, afferma come nell’anno della morte di Annibale, “l’isola di Vulcano, che prima stata non era, repentemente nata dal mare, infino ad ora è a noi per meraviglia” (libro IV, cap. XXI). Tuttavia, Bono Giamboni, curatore e traduttore dell’opera di Paolo Orosio nel 1849, in una nota avverte che Erodoto già ai suoi tempi parlava di Vulcano, dicendola isola sassosa e piena di bocche eruttive. Ora, se si pensa che Erodoto visse tra il 480 e il 430 a.C., e se si fa riferimento alla storia geologica e archeologica dell’isola Vulcano, dobbiamo credere che Orosio abbia preso una svista, credendo che il fenomeno vulcanico sia riconducibile all’isola ai suoi tempi più nota. Isola in cui persistono tracce di antichissime frequentazioni rituali, probabilmente anteriori alla vita di Annibale.

E’ dunque da pensare che il fenomeno si riferisca ad altra isola e ad altra parte di mare. Ed è probabile che si tratti di un evento eruttivo ripetuto nel tempo: lo stesso che diede vita alla famosa isola Ferdinandea, tra Sciacca  e Pantelleria, emersa nel 1831 dopo uno sciame sisimico, e accompagnata da getti di fuoco e di vapore. Immediatamente contesa, come si sa, tra Regno delle Due Sicilie, Francia e Inghilterra, la nuova terra venne risommersa nel giro di pochi mesi, fino a scomparire del tutto nei primi giorni di dicembre dello stesso anno. L’isola, tuttavia (che pare sia fugacemente apparsa già nel corso del XVII secolo), o forse piccole parti di essa, riemerse ancora per pochi giorni nel 1846 e nel 1863; a conferma che la notizia di Giulio Ossequiente può riferirsi proprio a un antichissimo ed analogo fenomeno che si verificò in epoca romana.

Dimostrazione che la storia dei terremoti è ripetitiva, e va perciò identificata, approfondita, adoperata, per studiare le emergenze, per conoscere le modalità simili verificatesi nel passato, e quindi per pianificare con ulteriori indizi ogni intervento ambientale ed architettonico.

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