"Togo, ovvero la riformulazione della forma" di Tommaso Romano

 

Tutto ciò che appare come reale è soprattutto frutto dell’immaginare che dalla mente parte.

Questa sorta di aforisma, ribalta Hegel del ciò che è reale e razionale e si pone come personale riflessione di fronte le opere pittoriche e alle incisioni di Togo, autentico creatore di immagini che si rivelano dall'onirico della contemplazione del luogo, del suo mare messinese, delle brume fascinose lombarde, dell'humus, insomma, frutto di una sua fervida stagione che lo distingue e lo fa unico per la forma/informe e la cromaticità squillante. Perché Togo ha il raro dono di essere subito riconoscibile, come capita ai Maestri veri. Senza bisogno di scomodare Freud o Jung, Togo ci porge la rappresentazione degli stati innumerevoli dell'essere, del vedere, sentire.

Ricreare con la riformulazione di una forma che è tanto vera in lui quanto coinvolgente per chi sa “entrare” nell’opera d’arte, fino a possederla, a farla divenire proprio paesaggio interiore.

Questa duplicità in azione, si esplica in Togo in una analisi delle potenzialità elementari del colore che si dinamizzano in vortici e in astratte geometrie, sempre però fortemente connotate da un’identità insieme plurale per influssi molteplici e singolari nel sentire, nella sua individuale proposta di sé come ulteriorità e svelamento, al continuo ricorso e alla necessità dell'esserci e non certo per apparire.

Ogni segno disteso o apparentemente informe di Togo richiama archetipi che ci sovrastano e pure ci appartengono.

Il canone, fortunatamente, in Togo sfugge alla classificazione di scuole burocratiche e si connota nativamente come evento singolo nella coralità della conoscenza che si ricompone in forma viva. Conducenti appunto ad una visione sua che è anche proposta, stimolazione, perenne invito alla vitalità e, al contempo, alla riflessione esistenziale e individuale.

Quando si individuano nell’opera di Togo le forme, una palma, un sole (che mi fanno riandare ai soli di Bruno Saetti), una marina, un oggetto, esse comunque rimandano sempre ad una sacralità propria dell’indistinto originario, in quell’alma antropologica che è radice informe e tuttavia durevole ad ogni fuoco, a ogni tempesta.

Acqueforti, acquetinte, incisioni sono anch’esse a pieno titolo soggetto di un segno che ripercorre quella originarietà anche materica che connota tutta la straordinaria avventura artistica esistenziale di Togo.

 

 

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