“Quella voce che emulò THE VOICE” – di Giuseppe Sole

Nella Palermo dei primi anni ’50, dove ancora non si erano rimarginate le ferite della guerra e la macchina della ricostruzione cominciava a muoversi lentamente, i palermitani, sopravvissuti al disastro bellico e alle prese con gli ulteriori gravi problemi del vivere civile, trovarono comunque l’entusiasmo e la determinazione per aggiudicarsi l’ambito trofeo del Campanile d’Oro, uno scontro radiofonico, promosso dalla RAI fra tutte le regioni italiane, che coinvolse abitanti ed enti pubblici di grandi e piccoli centri a sostenere con l’invio delle cartoline-voto alla stessa RAI le proprie squadre formate da gruppi folcloristici, gruppi vocali, cantanti, strumentisti, imitatori etc... Ovviamente tutti dilettanti. Nella nostra città, in occasione della finalissima, Regione, Comune, Provincia, Azienda Turismo e testate giornalistiche misero a disposizione della popolazione migliaia di cartoline già affrancate. In quel torneo, forse il più importante exploit della storia radiofonica per la massiccia partecipazione di radioascoltatori ( la televisione, ancora agli esordi, si appropriò della formula riproponendola qualche anno dopo con la nuova denominazione di Campanile Sera), si delineò netta, fin dalle prime selezioni, l’ipoteca della vittoria palermitana. Il pronostico si avverò : un campanile d’oro zecchino alto trentacinque centimetri fu consegnato nell’aprile del 1955, presso la sede RAI di Milano, dal Sindaco del capoluogo lombardo al professore Scaduto, primo cittadino di Palermo. Lo scontro definitivo vide in lizza  la città di Palermo contro la regione Puglia/Lucania. Dagli altoparlanti installati in piazza Politeama, gremita di folla, collegati con l’omonimo teatro sul cui palcoscenico si esibiva la squadra palermitana (gli avversari erano ospiti del teatro Petruzzelli di Bari), venne fuori una voce inconfondibile, allora all’apice del successo, che cantava Bye Bye Baby una celebre ballad americana. Fra gli spettatori, sbalorditi, si sparse subito la notizia che Frank Sinatra, memore delle sue radici siciliane, era arrivato in incognito per difendere i colori palermitani. Tutti, ingenuamente, ne furono convinti. In verità quella non era The Voice ma la voce altrettanto suggestiva e dalla perfetta dizione di Tony Compagno (1926-1993) un cantante palermitano, controfigura vocale del celebre Frankie al cui modello conformerà la sua carriera di vocalist. Se manierista è stato l’appellativo che si attagliava perfettamente al profilo artistico di Compagno, non si deve però ritenere che questa denominazione ne abbia penalizzato le doti vocali. Sostituirsi a Frank Sinatra, senza destare “immediati sospetti”, è stato un obiettivo ambito e raggiunto dal cantante palermitano.

Tony Compagno (foto mimando di suonare) apparteneva a quella ristretta schiera di giovani palermitani i quali conobbero il jazz, innamorandosene, per averlo dapprima ascoltato furtivamente (proibizione del governo fascista) alla radio tramite le emittenti estere. Lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia nel 1943 consolidò quella celata folgorazione musicale. Il futuro emulo di The Voice, il quale mutò il proprio Antonio in Tony, iniziò a frequentare l’ambiente dell’esercito americano, in mezzo al quale vi erano anche jazzmen di origine siciliana. Da questi “paisà”, oltre a ottenere dischi in regalo imparò l’inglese con perfetto accento yankee che anni dopo gli consentirà di fare da interprete e cicerone a Louis Armstrong (ambedue nella foto) in occasione  del memorabile concerto che Satchmo diede nella nostra città nel dicembre 1955.

 Da una lunga intervista che raccolsi dallo stesso cantante a casa sua dove, convalescente, era reduce da un delicato intervento chirurgico,voglio qui richiamare quella tranchant e conclusiva mia domanda la cui risposta racchiudeva la genuina e profonda passione che accompagnò l’intera esistenza, non sempre agevole, di un sincero artista, entusiasta del proprio credo musicale.

‹Tony, che cosa ti ha reso il canto?›                                                                        

‹Nulla. Per me è stato sempre più importante cantare che curarmi del compenso; e con ritardo mi sono accorto che ho fatto male, ma appena potrò ritornare al microfono mi dovranno pagare di più›

Una ventina di giorni dopo Tony Compagno abbandonava definitivamente il palcoscenico terreno.

 

ARNSTRONG e COMPAGNO
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