“NEL VIAGGIO… la Cultura Beat, attraversando Evola” - di Vitaldo Conte

…come un Cavalcare la tigre

 

Ogni viaggio è una porta per altri viaggi. Il fine del viaggio, come arte e meditazione, è il viaggio stesso: la meta è il viaggiatore e il suo perdersi. Nessuno può suggerire la meta, in quanto la meta è in ognuno di noi. Come dice Osho Rajneesch la vita non è un viaggio, né ha una meta, ma un processo, in quanto «Una volta che conosci il cammino, sai che è dentro di te».  

(…) L’artista errante si avventura nei mondi sempre più impalpabili dell’ombra e della luce, del demoniaco e dell’estatico, per trovare, nel percorso stesso, la comprensione del già conosciuto. Può emozionarsi per la scoperta imprevista, l’esplorazione inconsapevole di un mistero. L’incognita tende ad affinare le potenzialità di ricezione e ascolto, ma anche l’irrequietezza verso gli “stati non-vitali”. Il viaggio, senza mete prestabilite dalla mente, è compiuto accettando gli itinerari e gli imprevisti che s’incontrano: diviene così creazione continua che rianima il piacere della libertà selvaggia.

 

Il viaggio-anarchia della Cultura Beat, attraversando la lettura di Evola  

 

A partire dagli anni Cinquanta appare un nuovo genere di viaggiatore, rappresentato da una generazione che fa del viaggio stesso il fine, senza porsi altre mete o limiti che non siano quelli dell’immaginazione o di una esistenza “più autentica”. Nell’erranza della Beat Generation è presente “la mistica del viaggio” con il suo lungo pellegrinare On the road (Sulla strada), il libro di Jack Kerouac[1]. Questo è da considerare il vangelo dei giovani beat con la ricerca «disperata di un nuovo valore morale, di una nuova ragione del mondo, di una nuova spiegazione della vita» (F. Pivano).

La Cultura Beat, pur non proponendosi come una filosofia né un movimento politico, vuole essere un vagabondaggio del pensiero-anima. Reagisce alla massificazione e al materialismo della vita moderna percorrendo un diverso viaggio esistenziale. Con questo intende riempire il proprio svuotamento con qualcosa di spirituale, anche praticando la sregolatezza senza però degradarsi (collegandosi così al misticismo orientale). Kerouac, il massimo esponente della Beat Generation, alla domanda di un giornalista su cosa cercasse nella sua erranza, risponde: «Dio. Voglio che Dio mi mostri il suo volto». Il suo viaggio interiore e letterario è abbandonato a se stesso dal mondo culturale americano. Il vagabondaggio, attraverso le strade degli Stati Uniti, è ricorrente nella letteratura beat: diviene una opposizione alla società sedentaria piccolo-borghese.

L’erranza di Kerouac può avere delle relazioni con l’immagine dell’anarchico di destra. Questa figura è attraversata dal pensiero di Julius Evola nel libro L’arco e la clava (1968)[2], in cui presenta un saggio di estrema attualità: quello appunto su La gioventù, i beats e gli anarchici di destra. Nel testo ne esplicita la differenza: «L’anarchico di destra sa quel che vuole, ha una base per dire “no”»; per il beat, viceversa, «può valere la definizione di “ribelle senza una bandiera” o “senza una causa”». Il libro “diffonde” Evola fra i giovani, anche fra quelli armati di chitarra e sacco a pelo in viaggio per il mondo in autostop, anticipandone bisogni di contaminazione e di andare oltre le ideologie storiche. Evola nel ’68 viene visto come “una specie di maestro segreto”.

Lo scrittore Jack Kerouac accoglie comunque nel suo viaggiare i richiami ancestrali della terra, per opporsi alle forze della loro disgregazione “normalizzante” da parte della società. Il suo viaggiare può costituire, anch’esso, un Cavalcare la tigre: come avviene nel libro di Julius Evola[3]. Uso questo titolo come metafora concettuale nella lettura di un viaggio: ondeggiante fra arte, pensiero, esistenza (individuale e collettiva). Il detto (estremo orientale) ­Cavalcare la tigre ­­continua a riguardare infatti l’essere che non sente appartenenza profonda, né vincoli interiori, con il mondo circostante. Il suo possibile viaggio può divenire, ancora oggi, “un manuale di autodifesa personale”, se praticato con l’anima-pensiero: nei confronti dell’anima-pensiero, del sociale, della creazione.

 

[1] Jack Kerouac, On the road (Sulla strada, 1957), Oscar Mondadori, 1967.

[2] Julius Evola, L’arco e la clava, Vanni Scheiwiller, 1968, pp. 211-212.

[3] Julius Evola, Cavalcare la tigre, Vanni Scheiwiller, 1961.

 

Dal saggio di Vitaldo Conte: Nel Viaggio: esistenze borderline di anima-pensiero su ‘Pagine Filosofali’ (2021).

https://www.paginefilosofali.it/nel-viaggio-esistenze-borderline-di-anima-pensiero-1-vitaldo-conte/?fbclid=IwAR0elTyfIN7lgSFG35zQZ9mf-45gv2oEMtj8u3DtYF104oHhwvTR8FA90dU

 

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