“La tessitura astratta di Luca Raimondi” di Anna Maria Esposito

Ho conosciuto un pittore che intesse.
Uno di quei pittore giovani (ma non è immaturo) davvero “artista”, che artista sarà per tutti i suoi giorni… uno di quegli artisti di cui mi piacerebbe conoscere  tutti gli sviluppi; ma ciò non mi sarà concesso, per la sua età ed i limiti della mia. E dunque ne racconterò il presente che vedo: la sua dolcezza e freschezza senza fronzoli.
Tesse, Luca. Egli è dotato di una dote di natura che consiste nella capacità di partire dalla sintesi. Sintesi che non è costretto a raggiungere attraverso meditazioni successive.
Non avevo mai visto una cosa del genere: un artista che crea astrazione dipingendo “en plein air”. L'ossimoro.
E mi ha colpita, sorpresa, vedere una sintesi tanto spontanea quanto aderente al dato di realtà. Gli opposti incredibilmente conciliati: come può nascere astrazione dall’osservazione del paesaggio reale?
Non sapete quanti anni ha impiegato Cézanne per questa ricerca, scomponendo infinite volte il suo Monte Sainte-Victoire?
Vedo che il segreto di Luca consiste nel creare, per primissima cosa, la giusta condizione, unica e perfetta; giusta inquadratura, la scena ideale, la sua condizione di luce; deve allora dipingere velocemente  per potere cogliere, più rapidamente possibile, la scena attentamente preparata.
Ecco la necessità della pittura all’aperto, da vero impressionista: e deve cogliere il momento, prima che si modifichi irrimediabilmente la  magia del grado che il sole ha raggiunto all’orizzonte.
Questo pittore ha dunque compiuto il passo successivo, che sarebbe sicuramente stato ammirato da Monet o da Sisley: la perfetta ipnosi nell’attimo che trascorre, come un incantamento. E nell’attimo successivo, (e luce e colori sono già trascorsi) si riaprono gli occhi. Un piccolo miracolo, il possesso dell’attimo passato.
Un miracolo, e un frammento di vita è consegnato all’archivio infinito  del tempo.
In questi attimi poniamo le nostre domande; nel racconto di essi la risposta che aspettavamo, che è questa:
ciò che è, semplicemente è, e a noi tocca soltanto consegnarci a ciò che passa.
E così mi ritrovo a scrivere del linguaggio astratto, di un’artista che dipinge dal vero.
Ha operato la sintesi; ha trovato la pietra filosofale.
Luca Raimondi, infatti, ha affinato la vista e la sensibilità: vede la realtà di già scomponendola.
E genera una tessitura nella quale le pennellate di colore significano la vita del fenomeno.
Davanti ai nostri occhi il prodigio: la tessitura di pennellate si ricompone nella visione che la nostra retina avrebbe percepito di fronte alla medesima scena. Dall’astrazione al Realismo, in un procedere inverso, straordinario e unico.
Quello che determina questa magia è un certo paesaggio, una certa tonalità di colore, che faranno da catalizzatore per l’interiorità dell’artista.  Ed egli opera l’evento, un evento da gustare, da assaporare.
L’arte di Luca Raimondi ci avvolge come un bozzolo e ci perdiamo nella scena. Non conta il formato: piccolo, medio o più grande. L’atto artistico è il medesimo.
La vera arte è necessaria. I momenti che partorisce giacevano nell’indeterminato e il levatore artista li porta alla luce.
Raimondi è artista prolifico; e questa prolificità può nascere soltanto da un esercizio costante dell’attività artistica e della tecnica della pittura, e uniti alla spontaneità custodita con somma gelosia.
Luca infatti, ancorché giovane, è già certo di ciò che determina la sua  unicità e caratteristica; e, senza pudori, getta la costruzione artistica sul campo della vita, eppure conservando un suo sguardo stupito ed eternamente fresco sugli infiniti spettacoli del Mondo.
LUCA RAIMONDI, GALLERIA CARAVELLO, PALERMO.
 

 

 

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