“Ezra Pound poeta-economista contro usura” di Ferdinando Bergamaschi
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- Creato: 28 Dicembre 2023
- Scritto da Redazione Culturelite
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Una delle più ardite e forse avanzate concezioni dell’economia sorte in seno alla galassia mussoliniana (in senso esteso) porta il nome di un poeta americano: Ezra Pound. Ma la portata della concezione poundiana non si è certo fermata agli anni Trenta e Quaranta; essa presenta aspetti molto attuali. Vediamo allora brevemente alcuni dei tratti fondamentali della visione del poeta americano. Come per Keynes, ma anche per economisti meno blasonati come il maggiore Douglas e Silvio Gesell, e in parte anche per Marx, ciò che muoveva il pensiero dell’autore dei Cantos nell’affrontare il problema economico era la ricerca della spiegazione delle enormi sacche di povertà in mezzo all’abbondanza di tutti quei bisogni vitali insoddisfatti ma anche di quei legittimi desideri umani parimenti insoddisfatti a fronte di una sovrapproduzione di beni e di una ricchezza complessiva che avrebbero potuto soddisfarli ma che non trovavano i canali adeguati della domanda-offerta.
Per il poeta-economista il problema risiedeva nel fatto che il denaro producesse altro denaro (cioè l’usura) e che a questo processo certi uomini (pochissimi e avidi) avessero concesso l’arroganza di volersi sostituire all’economia reale. Pound quindi non negava il fatto che la finanza (o capitale) potesse e anzi dovesse avere un ruolo, ma affermava che questo ruolo dovesse essere alle dipendenze dell’economia reale la quale cammina sulle gambe del lavoro; il quale lavoro, intellettuale o manuale che sia, è il nemico capitale “del denaro che crea altro denaro”. A questo proposito il miglior commento alla teoria di Pound è probabilmente quello che Benito Mussolini rilascia a De Begnac; dice Mussolini: “Allorchè il mio amico Ezra Pound mi donò le sue “considerazioni” sull’usura, mi disse che il potere non è del danaro, o del danaro soltanto, ma dell’usura soltanto, del danaro che produce danaro, che produce soltanto danaro, che non salva nessuno di noi, che lancia noi deboli dalla cui corrente altro danaro verrà espresso, come supremo male del mondo […]. Il mio amico Pound ha continuato con voi [De Begnac, ndr] l’analisi di come il danaro produca soltanto danaro e non beni che sollevino il nostro spirito dalla palude nella quale il suo potere ci ha immerso. Non è ossessione la sua. Nessun uomo saggio, se ancora ne esistono, ha elementi per dichiarare esito di pericolosa paranoia il suo vedere, tra i blocchi dei palazzi di Wall Strett e tra le stanze dei banchieri della City, le pareti indistruttibili dell’inferno di oggi. I Kahn, i Morgan, i Morgenthau, i Toeplitz di tutte le terre egli vede alla testa dell’armata dell’oro. Pound piange i morti che quell’esercito fece. E vorrebbe sottrarre a ogni pericolo tutti noi esposti alla furia del potere dell’oro” (cfr. Yvon de Begnac, Taccuini mussoliniani, a cura di Francesco Perfetti, Il Mulino, Bologna, 2010).
Per Pound il capitale non si limita ad aggredire la proprietà – fatto già di per sé molto grave - bensì attacca proprio l’uomo: e quindi attacca la libertà. Il poeta americano dà un valore molto positivo alla proprietà: essa infatti non coincide certo con la libertà, ma purtuttavia ne è il suo piede d’appoggio, il terreno tramite il quale la libertà individuale può prendere il suo slancio impetuoso e bello. Proprio per questo il poeta-economista americano definisce la proprietà “modesta”, “innocente” e invece il capitale “pretestuoso” o, per meglio dire, definisce tale “quel” capitale che è “una pretesa sugli altri, una sorta di diritto sul lavoro degli altri” (cfr. Ezra Pound, ABC of Economics, Bollati Boringhieri, Torino, 1994). In particolare, a questo proposito, al centro del pensiero del poeta americano vi è la questione della proprietà della casa. Per Pound ogni uomo ha diritto ad essere proprietario di una casa. Dice l’autore dei Cantos: “Personalmente sostengo che ogni individuo debba possedere una casa, penso cioè che ogni individuo, uomo o donna, dovrebbe avere un certo spazio in cui potersi ritirare ed essere al riparo da ogni interferenza esterna quale che essa sia”. (cfr Ezra Pound, op.cit.). E celebre è il canto 45 dei Cantos: “Con Usura nessuno ha una solida casa / di pietra squadrata e liscia”.
Il punto centrale della visione di Pound è, riteniamo, la considerazione che partendo dal dato che la rivoluzione industriale aveva ormai creato le condizioni per l’abbondanza globale, si tratta a questo punto di “amministrare” la situazione e la prima iniziativa da prendere da parte dell’amministratore o degli amministratori è proprio quella di contenere l’avidità di denaro di pochissimi uomini, che poi sono proprio coloro che praticano l’usura e la speculazione finanziaria. Bisogna fare ciò essenzialmente per uno scopo morale e sociale, che infine consenta a tutti quanti di vivere più tranquillamente e mettendo a base della propria esistenza la serenità interiore e il pensiero creativo e non l’ansia derivante dalla precarietà economica e psicologica. Ed è stato messo ben in evidenza da alcuni osservatori il fatto “curioso” che l’alfiere della battaglia contro questo “precariato esistenziale” sia stato proprio un uomo, un poeta, che visse volutamente all’insegna della precarietà esistenziale, del nomadismo, dell’insofferenza alla stabilità.
Ritmi più lenti e tranquilli, meno lavoro ma per tutti, e addirittura l’eliminazione delle tasse. Vediamo quindi che la meditazione di Pound prende le mosse da considerazioni simili a quelle di Keynes e in parte di Marx, per poi svilupparsi in modo del tutto originale. Ma come fare per togliere il peso delle tasse sull’uomo? Pound ritiene che la soluzione sia tassare la moneta al momento della sua emissione. Tassare non i cittadini ma il denaro stesso, ponendo ogni mese una marca da bollo pari ad un centesimo del valore nominale delle banconote. Si sarebbero così raggiunti in un colpo solo diversi effetti positivi: si sarebbe neutralizzata l’evasione fiscale e lo Stato avrebbe avuto un reddito pari al 12% annuale della massa monetaria; si sarebbe reso il sistema bancario adibito alla funzione neutra di intermediario finanziario; e soprattutto lo Stato avrebbe acquistato la sovranità monetaria di una nazione fatta di cittadini completamente non…tassati.
Per aver scelto il fascismo di Mussolini e averlo sostenuto fino in fondo nella battaglia che egli vedeva come quella del Sangue contro l’Oro (cioè quella che per lui era la guerra tra social-nazionalismi contro plutocrazie) Pound dovette subire quello che tutti sanno.
“Il Poeta è pazzo” dissero i vincitori.