Ester Monachino recensisce "L'airone Celeste" di Tommaso Romano (Ed. All'Insegna dell'Ippogrifo)

Leggendo le composizioni poetiche che fanno corpo nel volume “L’airone celeste” di Tommaso Romano, è possibile cogliere,  come primario cardine e basalto dei versi,  un chiasmo essenziale di cuore pensante e di mente amante. E’ come dire di poter delineare  -in una sorta di amplificatio-  una personalità singolarissima dal complesso universo umano che ingloba poesia, filosofia, pittura, azione educativa, politica e sociale. Così è che, nell’amalgama felicissima, la resina-scrittura è costellata di intuizioni e sensibilità rare scaturite da turbolenze del cuore che la mente sa mitigare e, al contempo, da altitudini di pensiero che il cuore sa vivificare per pulsazione amante di vita.
Non itinerari duali, dunque, di pensiero e cuore ma la coniugazione di questi in quel meraviglioso aspetto alchemico interiore che è l’androginia, quel Rebis che la Poesia maiuscola riesce a rendere fattibile. Visionarietà intensa pregna di un pensiero archetipale in cui è infusa la sostanza del Verbum proprio del fare poetico per la manifestazione sublime della personale pietra filosofale interiore, degli sposi domiciliati nella mandorla profonda del Sé: questa è la poesia di Tommaso Romano.
Un’opera unitaria di cui occorre mettere in luce il valore specifico e i riverberi sul lettore proprio in un tempo, come il nostro, in cui la ricerca della parola poetica  -che la società pragmatica sembra volere addomesticare o escludere-  è riportata in piena fiducia e responsabile chiarità.
L’esperienza temporale rapportata all’Io Poetico, uno dei nuclei portanti del volume, è preziosamente leggibile  -nell’insita  fluidità arcana-  nella poesia  “Intarsio nelle cose” (pagg. 23-25). Leggiamo: “…è il mio cercare/ che s’intarsia nel tutto/ …il tempo vive come noi vogliamo/ vivere il tempo/ controvento se il caso è amaro/ pari al lungo disfarsi”: si evidenzia una delicatissima ricerca etica del tempo calata nell’estetica ovvero una visione olistica dolente e amorosa di quanto è riconosciuto transeunte ma che si vuole abbracciare con l’anima rendendone eterno l’istante.  Prosegue: “conta l’arca di un’alleanza furtiva/…dove sacro e profano/ s’incontrano/ …è amato come perfezione possibile/ s’accresce/ come graal d’anima mia…”. Qui, è la sostanza-forma poetica, la sua precisa risonanza al contempo esistenziale e trascendentale; qui, l’armonizzazione delle manifestazioni universe e terrigene-temporali, interiorizzate ed esternamente conviventi.  Così, il tempo non delimita ma di esso il poeta prende a sé lo spazio storico, di e con esso si nutre ed esso nobilita sposandone la simbologia e l’incarnazione vissuta.
Una chiave orfica di ricerca inesauribile va intravista nelle sei poesie che portano in epigrafe versi di pura bellezza di Cristina Campo (vedi da pag. 59 a pag. 65). Una superba connessione va intravista tra i due poeti in nome della Bellezza e della Verità, non disgiunti e da cui non è possibile estraniarsi, ormai cibo perenne. Quanta sacralità in questi versi di Romano, di fecondissima luce dove i confini tra i cuori non sono o sono resi evanescenti… La Poesia sa fare di questi miracoli, sa essere rivelatrice, arcana, autentica di valori e sommovitrice d’esistenza…
La ricerca interiore, fortemente dinamica e ricolma d’intima e notevole energia, procede con lo spessore espressivo di versi inesorabilmente perfetti, con “coscienza labirintica” (pag. 39) verso l’essenza, il frutto interiore che porta certamente alla visione-consapevolezza della propria ombra-minotaurina esorcizzata tramite e grazie a quel filo conduttore che è sempre la Poesia-Arianna, distillato dell’anima del poeta in unità di sostanza con l’Anima Mundi.
Diventa ovvio che, operando e vivendo una materia così colta e sensibilissima, tante fugaci banalità nonché  le apparenze e i rumori cittadini si fanno dissonanti e disturbatori di quel silenzio euristico che è straordinario traguardo pur nell’ordinario respiro dei momenti di autentica riflessione. Momenti indelebili, non evanescenti, come certi ricordi che non sono sogni scritti “a matita” (pag. 46), memorie che affiorano porgendosi nell’istante atemporale dove radicano e dove è l’impronta primigenia del loro esserci.
Questo è l’airone celeste “meraviglia d’uno/ stupore inatteso” (pag. 59), metafora di Poesia che contiene in sé tutto, immaginazione realtà emozione pensiero vita e morte.
L’airone è fedeltà a se stesso e, istantaneamente, nella nominazione, risolutore d’enigmi, fuoco d’intimo ardore che  -come araba fenice-  rinasce divinamente sempre da se stesso, incipit d’ogni istante “…sillaba d’inizio/…donata” (pag. 60).
Incipit perenne, “mistero aurorale, infinito/…alito d’amore puro” (pag. 48).
Straordinario Poeta, Tommaso Romano.
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