Serena Lao, "L'abominevole diadema" (Ed. Thule) - di Saverio La Paglia

Soprattutto in tempi di pandemia e di lockdown, leggere è diventata quasi una necessità, un modo per rilassarsi, ritemprare lo spirito e rasserenare l’animo.

A me è capitato di ricevere il volumetto “L’abominevole diadema” di Serena Lao, dal buon Vito Mauro che è solito foraggiare le mie esigenze letterarie con volumi che soddisfano sempre queste mie necessità.

Il volumetto, che a prima vista è come tanti altri già letti, viene presentato dal Prof. Tommaso Romano, che ne è anche suggeritore e ispiratore.

L’argomento è quanto mai attuale, parla di ciò che da un anno a questa parte ha completamente mutato e sconvolto gli schemi, i ritmi e le aspettative, sociali, culturali, lavorative e sanitarie dell’autrice ma anche di una umanità che mai si sarebbe aspettata un così radicale e veloce cambiamento di quanto, fino ad ora, aveva conquistato.

La poliedrica autrice, (ha pubblicato silloge poetiche, racconti, romanzi) già a noi nota per il suo impegno culturale nel campo della musica, della letteratura per la salvaguardia e la diffusione della lingua siciliana, le tradizioni popolari ma, anche per la realizzazione di spettacoli, eventi, recitals, compact-disc etc. … con un linguaggio schietto, semplice e coinvolgente, traccia il suo percorso esperienziale sul fenomeno COVID-PANDEMIA che può essere quello di ognuno di noi, partendo dalle sue esperienze personali.

La Lao parte dallo stupore di questo evento che, in prima battuta, è stato poco capito, affrontato con una certa leggerezza, soprattutto nella sua fase iniziale, ma che gradatamente ha iniziato a minare le certezze soggettive ed oggettive di ognuno, costretto a soggiacere a nuovi ritmi di vita condizionati dalla impossibilità di potere condividere con i propri simili momenti di vita che fin qui facevano parte della normale routine sociale e familiare con “l’effetto devastante che è ormai sotto gli occhi di tutti”.

Secoli e secoli di storia e di conquiste, in ogni paese ed in ogni cultura, ci avevano insegnato ed abituato a fare e a sentirsi parte di un mondo sempre più divenuto “globale” con sempre meno confini, con frontiere sempre più aperte e con scambi commerciali e culturali alla portata di tutti, grazie anche ai mezzi di trasporto e di comunicazione.

Partendo dal senso di smarrimento, di solitudine, di angoscia, di prigionia che diventano giorno dopo giorno depressione, che annichilisce la nostra autrice, ma anche noi, mentre affacciandoci come fa lei dalle finestre di casa, dalle quali dapprima aveva anche paura di affacciarsi, l’autrice osserva con smarrimento strade deserte, senza veicoli rombanti, senza gente, senza vita, come in un film, un brutto film che non si sarebbe mai voluto vedere. Il racconto acquista via via una dimensione sempre più oggettiva e diviene cronaca viva e documento storico.

Invano l’autrice, giorno dopo giorno, mese dopo mese, si sforza di superare questo suo stato di torpore/abbandono, fino quasi ad annullare ogni sua forza di volontà.

L’autrice non può fare a meno di stupirsi e rattristarsi nel vedere le saracinesche dei negozi abbassate, in una “Palermo imbalsamata” dove con un megafono, su un automezzo della Protezione Civile, si invitano i cittadini a “non uscire e a restare nelle proprie case”. Notizie su notizie, giorno dopo giorno, arrivano dalla TV e inquietano non solo la nostra Lao mentre osserva la lunga fila di mezzi militari che trasporta fuori da Bergamo le tante salme delle vittime del Coronavirus destinate ai forni crematori di altre regioni.

Come non restare colpiti dall’assalto ai vari supermercati delle città spinti dalla paura che possano venire a mancare i necessari rifornimenti o ancora come non indignarsi nei confronti di chi, approfittando della situazione e, spacciandosi per operatore sanitario inviato dall’ASP, bussa alle porte di ignari anziani per derubarli saccheggiandone l’appartamento.

Ogni evento, ogni circostanza prima vissuta quasi per abitudine, ora acquistano, per l’autrice e per ognuno di noi, una importanza ed un significato apprezzato solo ora nel suo giusto valore: il Venerdì Santo con la sua processione, la Pasqua con il Santo Padre solo sul Sagrato di San Pietro, il sostegno di veri amici, la ricorrenza della Festa del Lavoro senza cortei e senza lavoro…

Anche il dissennato comportamento di governanti, consulenti scientifici e responsabili di alcune RSA della Lombardia e non solo, viene disapprovato dalla nostra autrice che si chiede come siano stati trattati anziani e soggetti fragili ospitati nelle RSA duramente colpite e con i medici costretti a fare tragiche scelte su chi salvare in base all’età e ancora… con gli infermieri schierati in piazza a protestare per non avere avuto riconosciuto nessun beneficio economico a fronte del loro preziosissimo ed estenuante lavoro, magari senza avere avuto in dotazione le necessarie protezioni ed informazioni.

Piccole cose, azioni del passato che ora rimpiange e che solo ora apprezza nel loro giusto valore: le brevi uscite, gli incontri anche casuali con vicini di casa, amici, familiari.

Per fortuna, ottimi vicini di casa si offrono spontaneamente per alleviare disagi materiali ma anche psichici scaturiti dal forzato isolamento, e riescono a scuotere, anche se in parte, lo stato di abbandono in cui Ella è caduta.

Poi l’incontro con il professor Tommaso Romano che, suo amico fidato, riesce a smuovere l’autrice che inizia così a raccontare le sue giornate, i suoi momenti, le sue reazioni che in qualche modo raccontano anche le nostre stesse esperienze e che, giorno dopo giorno, diventano lo scorcio di una storia vissuta in un periodo al quale in futuro si potrà attingere per avere una singolare testimonianza di ciò che è avvenuto.

Il volume può costituire un prezioso forziere dal quale emergono le implicazioni, le domande, che l’autrice, come forse molti di noi, si è posta in questo periodo particolare in cui l’umanità si è venuta a trovare.

Domande alle quali in massima parte non ci sono state, né ci saranno, risposte, ma che comunque sono servite e serviranno per trovare quella forza della resilienza capace di scuoterci e farci rimettere in gioco, per riprenderci, anche se gradatamente, il ruolo, lo spazio, e la necessaria capacità di affrontare e vincere anche questa inaspettata e malefica pandemia, causata da un virus che, così come il titolo del volume evidenzia, si pregia di un diadema che non merita.

Inizia la fase 2, con le sue incongruenze e la gente che inizia ad andare in giro, la città che si risveglia con le saracinesche rialzate e i bar aperti… “tutto rinasce, forse… con la voglia di ricominciare, ma con tanti che fanno la fila davanti al Monte di Pietà per impegnare effetti preziosi”, mentre altri, sopraffatti dalla crisi economica legata alla pandemia, si sono tolti la vita, magari all’interno della loro stessa azienda, perché lasciati soli da una burocrazia lenta, disattenta e incapace di saper intervenire là dove occorre.

Con la fase 3, da giugno 2020, si abbattono le frontiere fra le regioni italiane, con i rischi che l’autrice paventa e che purtroppo diventeranno realtà: assembramenti incontrollati, arrivi dal Nord di trapiantati che vengono per riabbracciare parenti e amici, mentre la crisi economica fa dilagare la rabbia tra le masse senza più soldi…” per le tante promesse non mantenute dallo Stato che chiede, ma non dà…”.

Intanto si affaccia una nuova realtà sul mondo che tenta e che spera si possa ripartire grazie alle vaccinazioni che assumono la valenza di una panacea capace di ridare conforto e speranza anche se non a breve termine.

Grazie, quindi, all’autrice che con questo suo nuovo lavoro, getta le basi per una futura e preziosa testimonianza che potrà risultare utile per avere contribuito ad immortalare quanto oggi, non solo nella nostra realtà ma nel mondo intero, sta accadendo, costringendoci ad agire e pensare un futuro certamente diverso, dove ognuno sarà costretto a ripensare comportamenti e percorsi di vita nuovi ed inaspettati.

 

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