S. Giovanni Bosco racconta la vita di S. Giuseppe - di Alberto Maira

In occasione dell’anno in onore di S. Giuseppe, indetto da papa Francesco con la lettera apostolica “Patris Corde”, per il 150° anniversario della dichiarazione del santo Patriarca quale patrono della Chiesa universale, don Carmelo Carvello, arciprete della città di Delia in diocesi e provincia di Caltanissetta, ha voluto celebrare l’avvenimento anche con un evento culturale e religioso meritevole di essere additato come esempio da imitare. Ha pubblicato, per la collana di libri “i quaderni del cerchio aperto” da lui curata, “La vita di S.Giuseppe”, una preziosa opera di circa cento pagine di S. Giovanni Bosco edita per la prima volta nel 1867 e che raccoglie materiale sullo “sposo di Maria”proveniente dai Vangeli  canonici, dai vangeli apocrifi (ne parlano tra altri il Protovangelo di Giacomo, il Vangelo dello Pseudo Matteo, il libro della natività di Maria, il Vangelo arabo dell’Infanzia, il Liber de Infantia Salvatoris), dai Padri della Chiesa antica ( Origene, Sant’Efrem, S.Ambrogio, S.Giovanni Crisostomo, S.Agostino, S.Pietro Crisologo)  e dalla tradizione popolare.  L’opera è introdotta dallo stesso don Carmelo Carvello, reca la prefazione di don Giovanni Bosco e consta di XXII capitoli che, partendo dalla nascita di Giuseppe, attraversano la giovinezza, il matrimonio, le molteplici peregrinazioni, una tradizione riferita da S. Bonaventura, la vita domestica, fino agli ultimi giorni, l’agonia, la morte e la sepoltura. Don Bosco nel parlare della potenza del padre putativo di Gesù presenta le ragioni della confidenza che dobbiamo riporre in Lui e la propagazione del culto fino alla istituzione della sua festa e, ponendosi da antesignano, per certi versi, a temi propri del magistero ecclesiastico a lui contemporaneo, quello del beato Pio IX, e, anticipando ancora, gli insegnamenti di Leone XIII, S. Pio X, Benedetto XV, Pio XI e Pio XII, S. Giovanni XXIII, S. Paolo VI, S.Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, per giungere fino a papa Francesco.

I grandi temi presenti nella “Patris corde” sono anticipati con il linguaggio e la semplicità propri dell’epoca di don Bosco nel testo adesso riproposto: quello della tenerezza di Giuseppe, quello dell’accoglienza e del lavoro, quello dell’obbedienza al piano di salvezza di Dio, nella proposta di entrambi i testi di accrescere l’amore verso il grande santo, educando i fedeli a implorare la sua intercessione, imitando i suoi comportamenti e le sue virtù.

S. Giuseppe – padre della grande carità - va implorato dalle famiglie, dai lavoratori e dalla Chiesa tutta per chiedere che sia liberata dalle “ostili insidie e da ogni avversità”. Ma in modo particolare – ricorda ancora don Bosco – deve essere implorato dai moribondi per “l’impero amoroso” che ha acquistato sopra il Cuore di Gesù, per il potere conferitogli da Gesù di vincere i demoni, per il sublime onore che S.Giuseppe ebbe di essere assistito in punto di morte da Gesù e da Maria.

Nell’ultimo capitolo dell’aureo testo viene tratteggiato l’iter di propagazione fino ai giorni di redazione del volume , del culto di S.Giuseppe dai Greci al calendario dei Copti, dall’antichità latina agli ordini mendicanti, dai francescani ai domenicani per opera di S.Alberto Magno, nel secolo XV nella chiesa milanese e toletana, una istituzione della festa il 19 marzo ad opera della principessa Isabella Clara Eugenia di Spagna che ottenne che si istituisse a Bruxelles e poi, dopo la sua morte, in Boemia nel 1655. Tra i primi pontefici che hanno concorso a  promuovere  il culto ricorda Sisto IV,  S.Pio V, Innocenzo X.

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