Pubblichiamo la nota di Franco Lo Piparo alla narrazione di Tommaso Romano "Oltre il sopravvivere" (CulturelitEdizioni)

«Solo la morte dà significato alla vita». Così scriveva nel suo diario Ludwig Wittgenstein il 9 maggio 1916 mentre si trovava in prima linea nella Grande Guerra. La morte la viveva quotidianamente e quella posizione l’aveva scelta volontariamente perché cercava un senso a cui aggrapparsi.
Il racconto di Tommaso Romano narra della «storia senza storia» di un «uomo senza qualità», dei suoi amori, della sua morte a partire dalla quale la sua vita assume un senso che la rende leggibile. La storia senza storia di Marco Colonna è metafora di tante storie. Tutte diverse e tutte uguali. Per questo ciascun lettore potrà leggervi se stesso.
La morte ci accomuna? La morte di Marco Colonna è tutta sua così come la mia sarà tutta mia. «Alla propria morte, ciascuno dovrebbe diventare unico come Dio. Un morto e un altro morto non sono due morti» (Canetti). E però nella morte ci riconosciamo uguali e universali. Senza la propria e individualissima morte vissuta da vivi non ci sarebbero le religioni. Ci sarebbe il sesso ma non l’Eros. Religione, Eros e Morte sono le tre presenze che governano l’esistenza di Marco Colonna. Nel racconto di Romano è impossibile separarli. Si giustificano e si rafforzano tra loro. Simul stabunt vel simul cadent.
Ma quando muoriamo? Non quando esaliamo l’ultimo respiro. Moriamo quando nessuno su questa terra si ricorda più di noi. Marco Colonna nel momento della morte consegna la sua vita all’amico e alle donne che ha amato e dalle quali è stato amato.
Questo ed altro si trova nel racconto di Tommaso Romano. È un racconto che richiede di essere letto una seconda volta a partire dalla fine.
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