Elio Corrao, "HEL e altri racconti" (Ed. Thule)

di Ciro Spataro

 

Devo confessare, dopo aver letto il racconto di Hel, come Elio Corrao riesca a conciliare una forma espressa scorrevole con un simbolismo intenso e una tensione emotiva di grande suggestione.

L’Autore ci propone un testo che mostra una costante proiezione introspettiva, partendo da un dialogo telefonico con un alieno e facendoci comprendere l’enorme influenza degli elementi non razionali nella vita umana.

Basti pensare al successo che ha avuto nelle scorse settimane la fiction televisiva “La porta rossa” proprio sull’introduzione del paranormale nella vita dell’uomo.

In tal senso è opportuno sottolineare come il filosofo francese Gaston Bachelard, nel 1960, ha pubblicato un libro davvero interessante intitolato La poetica della rèverie, in cui mette in risalto come l’uomo può esprimere le sue emozioni non solo nel sogno ma anche nell’immaginazione ad occhi aperti.

Ecco che Elio Corrao con il suo racconto ci propone la sua rèverie, la sua immaginazione ad occhi aperti con una narrazione bellissima, intitolata Hel; se ci facciamo caso l’autore chiama Hel, l’alieno. Hel è anche la contrazione del suo nome Elio, ma anche della divinità greca della Luce – Helios – proponendo così di saper riconoscere l’alieno che è in noi. Mi viene da pensare che forse, se Socrate fosse vissuto oggi invece di “conosci te stesso”, avrebbe detto “conosci l’alieno che è in te”.

L’alieno diventa cosi la voce della coscienza per ogni essere umano e con una lucidità impressionante, dal suo cantuccio mette a nudo gli errori dell’uomo o degli uomini con la seguente considerazione: “Hel –Ho constatato che sin dalle primissime organizzazioni tribali vi siete fatti la guerra per sete di potere contrabbandandola come utile alla collettività. In nome di un Dio ispiratore avete commesso i più atroci delitti della Storia”. Queste parole dimostrano la lucida autocoscienza di Elio Corrao  quando afferma soprattutto di “ non poter non considerare che Hel era nel giusto.”

Hel quindi viene chiamato “il maestro”, certe letture sulla filosofia Zen e sul Tao di cui l’autore si era imbevuto da ragazzo rappresentano l’universo stesso nella filosofia taoista cinese e l’eterno inesauribile divenire.

Nel contempo devo registrare che anche il filosofo Agostino ha avuto sicuramente una sfera di influenza su Corrao sulla metodologia dell’interiorità. Il suo pensiero che si esprime nella frase: “Noli foras exire in interiore homine habitat veritas” risulta  sempre attuale. L’Homo viator di Elio Corrao non può fare a meno dell’homo interior. Quindi per Corrao La Città di Dio cammina unita alla città dell’uomo.

Nel racconto si comprende bene come Dio per Corrao sia una presenza quanto mai necessaria, un’idea nuova, e insolita, quasi nascosta. Dio viene visto come un’energia spirituale, un maestro che sorregge, che ti fa uscire dalla quotidianità del nichilismo, per farci capire la bellezza ed i valori.

 Ecco l’aspirazione ultima di Elio Corrao: L’uomo ha bisogno di trascendenza e per dare un significato alla propria vita, cosi piena di inquietudini e di insoddisfazioni, ha bisogno dell’Essere.

 

 
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