“Nel segno di Nietzsche: Sossio Giametta” di Antonio Saccà

Non è minimamente un piacere scrivere sulla morte di chiunque, meno che mai di persone amiche o buone conoscenze con le quali si aveva possibilità di discutere   seriamente. Sossio Giametta non era un amico e tuttavia lo era in senso indiretto, non soltanto perché abbiamo discusso in Convegni ma  perché ci occupavamo entrambi di Friedrich Nietzsche, e questo  rendeva amici culturali se non amici personali anche se i rapporti negli incontri  furono cordiali e di intesa. Giametta era onesto vale a dire non non sfalsava i testi, quasi tutti coloro che si occupano di Nietzsche((e di Marx)lo riconducono a degli aspetti laterali, dovessi considerare le interpretazioni edulcorate o faziose di  veraci ne terrei in mezza mano, a parte l'errore decisivo di credere Nietzsche un pensatore asistematico solo perchè sceglieva  una scrittura oracolare o per frammenti. Di fatto è pensatore organicissimo, come accennerò. Giametta era, ripeto, onesto, i testi vanno non soltanto conosciuti ma conosciuti  tutti quanti. Lo ricordo in un Convegno a Palermo organizzato da Alfredo Fallicav e Tommaso Romano, un ciclo di convegni annuali in tempi lontani quando discutere Nietzsche era  sospetto. Giungevano dal mondo, di italiani, a ricordare, Eugenio Scalfari, Gianni Vattimo, Claudio  Mmgris , Emanuele Severino ed  altri che la memoria non  sovviene. Ho scritto la biografia di Nietzsche:”Ho ucciso Dio.Nietzsche”, Dino Editore,  1985,credo di conoscerlo sufficientemente ,il solo che mi diede l'impressione di rispettare  e sapere “tutti” gli scritti di Nietzsche e di riferirli tutti fu Giametta.Ne parlammo dopo le relazioni e davvero  non mascherava né ignorava il “tragico” Nietzsche. NIETZSCHE VA INTESO COME PENSATORE ESCLUSIVAMENTE AVVERTENDO L'ESISTENZA COME  CONDIZIONE TRAGICA. PERCHè ABBIAMO SOLTANTO “QUESTA” VITA. E| l'eterno ritorno all'identico è una fantasticheria illusionistica che Nietzsche riprende dagli Stoici e dagli induisti,  oltretutto supporrebe un'anima immortale, da Nietzsche nagatissima! Ma se abbiamo esclusivamente la vita terrena, come vivere? A tal punto Nietzsche è già impazzito prima di impazzire, la sua ragione è angosciata al grado di  fargli concepire la teoria più estrema concepita, se non in antichissime società:le caste, la schiavitù recintata. Vale a dire: se vi è un accordo(simpatia in termini smithiani) tra borghesia e proletariato per suscitare, la prima ,ed acquistare, il secondo, la merce ,la civiltà è al requiem,  verrà prodotto quello che soddisfa i desideri del consumatore volgare, l'artigiano viene sostituito dal proletario e dalla borghesia, alleati pur se conflittuali, in quanto la borghesia produce serialmente per un consumatore vasto e indifferenziato(il prodotto in serie, la fine dell'artigianato). Il consumatore volgare, il volgo, il ciandala, divengono i destinatari della produzione, il che avrà una risultanza obbligata: le società diventeranno serve del consumatore generico, aqualitativo, ed avremo  il borghese che vende più che può e viene incontro alla massa degradando la civioltà. Nietzsche capovolge questa prospettiva, uomini spietatissinmi dovrebbero, devono  sottomettere le masse, scardinare l'alleanza della borghesia con il proletariato, suscitare una durissima, salvifica reazione  dominante in favore dell'arte, della potenza , della grandezza, superando gli scrupoli moralistici ed affermando, appunto, il Superuomo, o  meglio, la Casta dominante, giacchè in un mondo che ha solo la vita, questa vita, non esiste risarcimento se non la si vive, sicchè la volontà di potentza è fondamento della nostra esistenza e la mediocrità(“meglio la morte che la mediocrizzazione”) è il suicidio delle civiltà, dovuto al venire incontro all'acquirente ammassato in tutto, anche, maleficio estremo, nell'arte. Giametta conosceva “questo” Nietzsche, spietatissimo, laddove pure nel Convegno e in varie manifestazioni  si discute di Nietzsche con termini dolciastri(l'oltreuomo di Vattimo), la volontà di potenza come metafisica(Severino) , non serve dire di altri.  Una classe sociale che ha come scopo la vendita per scopo la vendita quantitativa  vende anche la cultura e l'arte e le rende merce per il maggior numero. A differenza di Marx che reputava l'automazione liberatoria dal lavoro manuale e quindi il tempo disponibile per la cultura e l'arte ,pervendo  a ritenere, cessato il lavoro manuale,  che tutti avrebbero  animato arte e cultura, Nietzsche  era devastato da questra evenienza, il tempo liberato dal lavoro avrebbe condotto  gli uomini da nulla a pervadere l'arte trasformandola in divertimento (il filisteo colto) e la classe dei venditori sarebbe “venuta incontro” ai desideri plebei. Ma era possibile contrastare borghesia e proletario avvinti nella soddisfazione di bisogni discendenti, abbassativi? Era la sfida di Nietzsche: occorre suscitare una forza radicale che impedisse l'abbassamento dell'alto per accontentasre(vendere) al basso.  Il superuomo è colui che incarnaquesto dominio contro la volgarità diminuitiva della potenza vitale. Nietzsche tuttavia  non ha formulazioni chiare, il Superuomo è un singolo o un ceto, esattamente: una casta? Non è il momento di trattare questo aspetto ambiguo e non precisato ma rilevantissimo nel pensiero di Nietzsche, ne dipende la validità della sua concezione: impedire la mediocrizzazione specie estetica. Con Giametta si poteva discutere anche di analisi complesse, e la relazione tra casta e superuomo è determinantissima e rarissimamente, che io sappia, analizzata, come un ulteriore problema:al di là del bene e del male significa fare il male a piacere o è il dolorosissimo  prezzo di chi vuole compiere alcunchè di rilevante? Uomo superiore e superuomo in che differiscono?  E' una gioia musicale discutere  senza partire da condanne, nel caso di Marx e Nietzsche si scende spesso a tali  preclusioni.  Gravissimo, sono personalità decisive su una questione decisiva: l'automazione consentirà all'uomo liberato dal lavoro di attingere all'arte, alla cultura o se ciò avvenisse arte e cultura si adeguerebbero al maggior numero, regressivo?  Oggi non lo sappiamo, siamo tra Marx e Nietzsche, l'uno  crede al superuomo universale, l'altro  asuspica il suoerruomo contro l'uomo  comune che mette bocca nell'arte e la pretende al ribasso. Ma avanza una terza possibilità, un superuo artificiale che toglie presenza all'uomo ed al superuomo umani. Nel mio saggio narrativo “Il labirinto di Sisifo” concepisco un superuomo meccanizzato che elimina il superuomo universale di Marx, il superuomo castale di Nietzsche. Mi viene da pensare una passeggiata  nella magnifica, radiosa, Palermo, dal vasto cielo, parlare con Sossio Giametta, vicino al Teatro Massimo. Parlare di questo superuomo meccanico. Sarebbe un piccolo eterno ritorno. Chi sa, forse Tommaso Romano potrebbe animare un incontro :Quale superuomo? E chi è il  relatore al mio fianco?L'onesto, aperto, cordiale, amichevole Sossio Giametta|!

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