Le forme del regime politico in S. Tommaso d’Aquino e un suo interprete moderno: Augusto Del Noce - di Tommaso Romano

Ammoniva Platone nel Fedone: “La più grande delle sventure è quella di odiare la ragione”. L’opposizione di Cartesio con il dubbio sistematico all’unione fra pensiero ed essere, ha soprattutto con Kant ed Hegel e fino a Marx, all’immanentismo di Giovanni Gentile, e all’antimetafisica della Scuola di Francoforte, - provocato la perniciosa e sussistente pretesa di reinventare la realtà e con essa l’uomo nuovo.
San Tommaso si è inchinato di fronte alla realtà, parte del creato, preoccupandosi di spiegarla: “ciò che l’intelligenza innanzi tutto conosce sono le cose, poi, per riflessione, le idee che la rappresentano direttamente: idee che sono le cose stesse, non più in sé, ma in noi, che fanno sì che il soggetto diventi a suo modo, cioè idealmente, l’oggetto stesso, senza che quest’ultimo cessi di essere ciò che è in natura, forma impastata di materia. Mediante la conoscenza l’oggetto il quale, essendo immerso nella natura, è solo intellegibile impotenza, diventa intellegibile in atto. San Tommaso afferma che la ragione ha l’attitudine a conoscere le verità delle cose come sono in se stesse. La fiducia nelle forze del pensiero razionale non lo abbandona mai. Il pensiero deve conformarsi alle cose, all’esperienza, non svolgersi indipendentemente da essa”.
Esiste una precisa gerarchia nel Piano della Creazione e l’uomo ne è il culmine e questo perché dotato di anima razionale. Possiamo, per tale ordine di procedimento, parlare di una attualità della sua Dottrina Giuridica e Politica, con la sua Tesi come giustamente le nominò un Maestro del moderno Tomismo, il Padre domenicano e amico Raimondo Spiazzi.
L’alta figura di S. Tommaso, si ricongiunge – come è ben noto – a quella di Aristotele e alla speculazione greca, ma anche ai Padri della Chiesa, Agostino compreso, fino al suo Maestro S. Alberto Magno, erede come fu del suo spirito metodico e dei suoi criteri scientifici, partendo dalla filosofia aristotelica per adattarla e quasi plasmarla – con genio proprio, alla sapienza cristiana, interpretandola, rivedendola, perfezionarla e dandole completezza e organicità. Metafisica aristotelica e luce della verità cristiana, si incontrano. Anche per S. Tommaso la metafisica o filosofia prima, rappresenta l’apice del sapere, quella che pone i fondamenti del pensiero umano, e ne corona l’edificio. Principio primo, suo vero oggetto, è Dio, primo principio dell’Essere, sorgente anzi di questo. In San Tommaso le verità sovrannaturali, si accordano con le naturali. La fede fortifica la ragione e la supplisce. Dove infatti finisce la conoscenza per ragione, incomincia quella per fede, la quale non distrugge la prima, ma conferisce anzi ad essa nuove ali e nuovo vigore, e le apre ulteriori orizzonti. Ragione e fede hanno l’una e l’altra per loro ultimo punto Dio. S. Tommaso quindi riconosce l’autonomia della ragione, cioè della filosofia. Come dice Maritain S. Tommaso ebbe fede nella ragione e nel suo valore universale, perché la ragione col suo attivarsi, col suo libero esercizio, anche a prescindere da ogni presupposto religioso, può conquistare con la libertà, la verità naturale, del mondo, di Dio.
Le leggi eterne di Dio diventano leggi naturali che sgorgano dal fondo più intimo e della umana coscienza. Il ripudio di tutto questo è il sovvertimento, il nichilismo, la morte di Dio e quindi dell’umano, che è l’immagine e somiglianza, per creazione, di Dio. La morale quindi di San Tommaso, se da una parte si riannoda a premesse metafisiche, dall’altra pone le radici nell’essere stesso dell’uomo. San Tommaso pertanto non segue la suggestione della fantasia, non va dietro le chimere, ma rifonda sulla realtà. La morale quindi di San Tommaso, se da una parte si riallaccia a premesse metafisiche, dall’altra pone le radici nell’essere stesso dell’uomo. La morale diviene viva e operosa nel cuore dell’uomo, stabilita e consacrata dalla tradizione che fornisce, nova et vetera, le indicazioni necessarie per la vita individuale e sociale, da cui il filosofo trae i principi. Il metodo seguito da San Tommaso riguardo al problema morale è di indagine, scoperta, messa in evidenza. Dalla ragione che è in Dio, deriva la legge naturale per la quale noi sappiamo quel che dobbiamo o non dobbiamo fare. La legge naturale, universale, immutabile, inderogabile è – o dovrebbe essere secondo recta ratio – la condotta umana, è l’ordine morale che è così integrato in quello universale. Accanto alla legge eterna e a quelle naturali, vi è la legge umana che è prodotto dell’uomo, ma non è avulsa dalla legge naturale ma a questa si ricollega: fa il bene ed evita il male.
La legge naturale ci dà la condizione della giuridicità naturale di determinate azioni e comportamenti. La legge naturale è la ragione dalla quale si desume il diritto, non il diritto stesso. È la legge naturale che stabilisce il diritto. Anche il diritto positivo si presenta, per quanto imperfetto, come espressione del diritto naturale. Non è da confondersi con il diritto razionalista dal XVIII secolo e contro lo Storicismo empirico che “in nome del divenire storico del fatto, non intende saperne di valori assoluti, eterni, misconoscendo le ragioni profonde e ideali del diritto, a vantaggio di una oscura genesi psico-collettiva del diritto, o riconducendo il diritto alla volontà dello Stato. Diritto naturale che ha per scopo il ben vivere con l’affermare valori assoluti, oggettivi, trascendenti di diritto, validi ed inviolabili di fronte allo Stato e ad i suoi imperativi, San Tommaso si pone contro ogni misconoscimento della dignità umana, della personalità, del suo infinito valore, contro l’assorbimento di questa nel tutto sociale” (E. Di Carlo). La legge umana, e i suoi istituti, devono quindi tendere, come a suo modello, il diritto naturale del giusto, da ciò la valutazione del diritto positivo nella prassi, che non è tecnicismo o ingegneria istituzionale onirica.
Ecco perché il diritto naturale è stato ed è avversato al Positivismo, dall’idealismo e dal pragmatismo senza etica né riferimenti superiori del nostro tempo. La dottrina politica di San Tommaso si fonda sul concetto preliminare della naturalità della vita politica, sulla scorta del magistero originario di Aristotele (uomo per natura “animale sociale”).
La vita nella società non è una scelta casuale, ma una necessità intrinseca alla natura umana, essenziale per il suo primo sviluppo e far aspirare e raggiungere il bene comune, fine ultimo della comunità politica. Non è semplicemente la somma dei beni individuali, ma l’insieme delle condizioni morali, sociali, economiche e politiche che permettono a tutti i membri della società di raggiungere la loro perfezione e felicità. Il governo ha il compito di mantenere e perseguire primariamente questo bene (Siate perfetti).
Ricapitolando: la Teorie delle leggi si dispiega nella Legge Eterna: la ragione stessa di Dio che governa l’intero universo. Legge naturale è la partecipazione della Legge Eterna nella creatura razionale. Essa è iscritta nella natura umana, universale e immutabile. Ci permette di distinguere il bene dal male. La legge umana è la legge positiva, creata dal legislatore per regolare la vita quotidiana. Deve derivare, per S. Tommaso, dalla Legge Naturale: se una legge umana è in contrasto con la Legge Naturale o Legge Divina, non è una vera legge e non obbliga la coscienza. La Legge Divina è rivelata da Dio (come nei Dieci Comandamenti) ed è necessaria per guidare l’uomo verso il suo fine soprannaturale. E qui si pone il problema, certo non secondario, del Governo e della Forma Istituzionale dello Stato. Sull’origine del potere San Tommaso sostenne – con Romani 13, 1, 4 – che ogni autorità viene da Dio, ma questo potere non viene dato direttamente al governante, bensì alla comunità che lo delega poi al reggitore. Analizzando le forme di governo secondo Aristotele (monarchia, aristocrazia, democrazia), San Tommaso preferisce quale regime politico la Monarchia temperata e cioè la Monarchia come forma migliore in quanto garantisce unità ed efficacia, verso il bene comune, temperata da elementi aristocratici (governanti saggi e virtuosi) e con l’elezione democratica dei governanti da parte del popolo. Tale forma mista viene considerata la più stabile e la meno incline alla corruzione.
Il pericolo principale per la Monarchia è la tirannide, (che si può attuare anche nelle cosiddette democrazie che sfociano in dittature sanguinarie e/o demografico-profetiste) dove si persegue il proprio interesse anziché il bene comune. Peggiore fine di governo è questa per S. Tommaso, il quale ammette la possibilità di resistere al tiranno come estremo rimedio, anche con il tirannicidio. Purché la ribellione non causi un ruolo maggiore del male che si vuole eliminare. Potremmo dire che il rifiuto al voto – non in tutti i casi, è ovvio – può essere considerato oggi, con le grandi percentuali di astenuti e schede bianche e nulle, una forma di resistenza passiva, che può essere considerato un dissenso legale.
Cruciale, infine, è il rapporto tra potere temporale e potere spirituale che deve essere ordinato, secondo l’Aquinate, da una separazione funzionale: entrambi i poteri sono autonomi nelle loro rispettive sfere d’azione. Lo Stato si deve occupare del bene terrestre, a cominciare dalla vita sociale, dai costumi virtuosi, della pacificazione.
Esso Stato è autonomo, ma deve subordinarsi alle verità soprannaturali in quanto superiori a quelli temporali. Altro fine del potere temporale è creare un ambiente che favorisca la virtù e non ostacoli la via della salvezza. Cercare la verità, specialmente riguardo a Dio, è vocazione propria dell’uomo razionale, così come il vivere in società, evitare l’ignoranza e l’offesa al prossimo. Quindi per San Tommaso d’Aquino, come già detto, la Legge Naturale è il criterio di validità della Legge Umana e se una legge umana contraddice palesemente la Legge Naturale (ordinando, ad esempio, pratiche o atti gravemente ingiusti) essa perde la sua forza morale e non deve essere obbedita (anche se Tommaso raccomanda la cautela per evitare il disordine).
Se il bene comune è il fine dello Stato, tuttavia San Tommaso non ritiene che ad esso debba sacrificarsi completamente l’individuo, dato che l’uomo non è ordinato alla comunità politica secondo tutto sé stesso e secondo tutte le cose sue, ma che tutto ciò che l’uomo è e quello che egli può ed ha, deve essere ordinato a Dio. Resta quindi esclusa l’idea di un completo assorbimento dell’individualità che ha un fine più alto da raggiungere: Dio.
La vita politica pertanto non esaurisce la vita individuale, che ha un suo termine supremo, al quale deve mirare, e nel quale trova il suo primo appagamento, e cioè Dio. San Tommaso si eleva qui oltre il chiuso della concezione aristotelica, senza rinnegarla, integrandola però e trasformandola nel senso di una più alta finalità additata all’uomo.
È, in sostanza, la conciliazione del bene comune col bene dell’individuo, col suo vero bene. L’usura del tempo e l’ignoranza, hanno forse appannato anche le tesi politiche dell’Aquinate che sono invece dettate da una logica e persuasiva chiarezza dottrinale. È l’affermazione di un diritto assoluto, naturale ancorato a un supremo principio di giustizia, al quale resta subordinato, nella dottrina dell’Aquinate, il diritto positivo. Diritto naturale che ha, come detto, sua meta ultima Dio, che può essere la risposta alla crisi e al disordine planetario della nostra epoca, senza etica, senza ordine giuridico e senza giustizia sociale.
Ripensare l’uomo nella vita quindi come il culmine della vita morale, attraverso la carità, per cui l’uomo si inserisce con limpida coscienza nell’ordine eterno e divino del mondo e del cosmo, realizzando la Gloria dello Spirito, che è la Libertà nella Verità.
 

 
 
II
Se il magistero di San Tommaso è stato e resta un pilastro ineludibile per la filosofia e la Chiesa Cattolica, dobbiamo realisticamente chiederci qual è l’attualità riscontrabile dal suo pensiero politico, fermo restando il chiaro convincimento che la contestualizzazione e la revisione, sono fondamentali elementi, senza i quali la perennità degli assunti di fondo, perdono di valore pur essi. Mi pare che l’Aquinate ci porge spunti e riflessioni pregnanti nel tempo presente ed anche sulla visione complessiva degli assetti geopolitici mondiali e dei loro fondamenti.
Ora, un filosofo e politologo straordinariamente puntuale rispetto alle archetipali argomentazioni di Tommaso, è stato sicuramente – a parere del sottoscritto – Augusto Del Noce (Pistoia, 1910 – Roma, 1989), che ho avuto il privilegio di incontrare più volte a Roma e che è stato mio ospite illustre a Palermo per la consegna del Premio Mircea Eliade, che presiedevo, con indimenticabile Lectio Magistralis tenuta all’allora Facoltà di Giurisprudenza in Via Maqueda a Palermo.
Tutta l’opera e le fasi della formazione e maturazione di Del Noce vanno attentamente studiate, a cominciare da L’Epoca della secolarizzazione. Tuttavia, il testo di riferimento, che mi propongo brevemente esaminare, è la voce Autorità, redatta da Del Noce nel 1975 – mezzo secolo fa! – per l’Enciclopedia del Novecento edita, fra il 1975 e il 1990, dall’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani. Del Noce afferma che l’eclissi dell’idea di autorità è il tratto distintivo del mondo contemporaneo: «La crisi dell’idea di autorità è connessa con quella dell’idea di tradizione». E, riferendosi esplicitamente al Guènon, autore de Autorità spirituale e potere temporale, afferma che «la negazione dell’autorità non è un momento o una conseguenza del razionalismo; è, invece, una sua condizione, come rifiuto di un ordine superumano e di una facoltà di conoscenza superiore alla ragione individuale».
La differenza fra potere e autorità, fra forza materiale e autorità spirituale, rapporto fra l’uomo e l’invisibile, sono declinate con estrema lucidità perchè le connesse «conseguenze filosofiche della confusione tra autorità e potere sono incalcolabili. Solo, infatti, se ci poniamo dal punto di vista della loro totale distinzione, possiamo parlare di una metafisica distinta dall’ideologia. La loro indistinzione comporta invece l’assorbimento della metafisica nell’ideologia, intesa come atto pratico, destinato a legittimare, dal punto di vista dell’essere, una determinata forma di potere». E, riprendendo Rosmini ed anche le tesi dell’Aquinate già esposte, Del Noce sostiene giustamente che «l’idea di autorità, e con essa quelle di tradizione e sacralità, sono inseparabili dalla filosofia del primato dell’essere».
In polemica anche con la “Scuola di Francoforte”, Del Noce afferma che l’idea dell’autorità che scompare deve essere concepita come l’esito ultimo del progressismo, che si pone «come processo di liberazione dall’autorità teologica o umana, trascendente o empirica», in buona sostanza in «una specie di sincretismo delle negazioni, ognuna delle quali ha la funzione di impedire l’assolutizzazione di una qualunque forma di pensiero».
Il democratismo contemporaneo, aggiunge Del Noce, è votato al cedimento, al permissivismo e sostituisce alla libertà “di” la libertà “da”. La liberazione coincide con l’affermazione della libertà istintuale, intaccando radicalmente il pensiero religioso-trascendente, ma anche il pensiero laico-illuministico, giungendo al nichilismo. È la perdita della recta ratio di Tommaso invocata, unitamente alla perdita di Maestri e guide morali.
A sugello di quanto si è voluto stabilire come ponte fra Tommaso e Del Noce, stanno proprio le nette dichiarazioni del filosofo pistoiese: «Tutto questo scritto è incentrato nel significato del Tomismo e sull’attualità di ciò che lo caratterizza». Del Noce, infine, indica nel giurista e filosofo Giuseppe Capograssi (Sulmona 1889 – Roma 1956) e in modo particolare il suo testo Riflessioni sull’autorità e la sua crisi, (1921 e 1959), «come una delle opere migliori che siano state scritte sull’argomento», richiamando una linea di continuità fra San Tommaso, Vico e Rosmini. Linea che pure negli anni settanta del novecento aveva indicato il filosofo del diritto spagnolo Francisco Elias de Tejada nei convegni italiani dell’Associazione dei Giusnaturalisti Cattolici e che sono compresi nel volume da me curato per Thule (con il compianto Piero Vassallo), Per una cultura giusnaturalista. Non vi è dubbio che l’intuizione di Capograssi e de Tejada, ripresa con efficacia da Augusto Del Noce, possa essere proprio segnavia di una attualizzazione non reazionaria delle Tesi di San Tommaso D’Aquino.
 
Testi consultati
 
- Antonio Rosmini-Serbati, Filosofia della morale e del diritto, Roma, 1865;
- Luigi Taparelli d’Azeglio, Saggio teoretico di diritto naturale, appoggiato sul fatto, Roma, 1900;
- S. Tommaso d’Aquino, L’anima umana, a cura di Giuseppe Mazzoni, “La Scaligera” casa editrice, Verona, 1941;
- Jacques Maritain, Umanesimo integrale, Roma, II ed., 1947;
- Eugenio Di Carlo, La filosofia giuridica e politica di S. Tommaso, Palumbo, Palermo, 1945;
- V. Gillet, Thomas D’Aquino, Paris, 1949;
- V. A. Entreves, Natural Law, Hutchinso’s University, Library, London, 1951;
- Eugenio Di Carlo, Attualità della Dottrina Giuridica e Politica di S. Tommaso, Libri Tip. G. Onorato, Agrigento, 1952;
- Bertrand de Jouvenel, Della sovranità. Alla ricerca del bene politico, Giuffrè, Milano, 1955;
- Lucien Laberthonnière, La notion chètienne de l’autoritè, Vrin, Paris, 1955;
- Gianni Baget Bozzo, Tomismo e filosofia della storia, Edizioni Thule, Palermo, 1980, 1° ed., “Aquinas”, Roma, n.9, 1966;
- Raimondo Spiazzi, Politica e morale, città nuova, Roma, 1967;
- Jean Servier, L’uomo e l’invisibile, Rusconi, Milano, 1970.
- Renè Guènon, Autorità spirituale e potere temporale, Rusconi, Milano, 1973;
- Daniele Fazio, Ètienne Gilson. Metafisica dell’actus essendi e modernità, Orthoty, 2018;
- Augusto Del Noce, Autorità, introduzione di Massimo Bray, Treccani, Roma, 2024;
- Raimondo Spiazzi, Tesi politiche di San Tommaso d’Aquino, 1° ed. Thule, Palermo, 1980; 2° ed. Fondazione Thule Cultura, a cura e con un Saggio biografico su P. Spiazzi di Tommaso Romano, Fondazione Thule Cultura, Palermo, 2025;
- Sergio Fabiocchi, La teoria della Conoscenza in San Tommaso, in “Traditito”, edizioni Thule, Palermo, anno II, n.5;
- S. Tommaso d’Aquino, La Morale, introduzione in note a cura di Mario Casotti, “La Sonda” Editrice, Brescia, s.i.d..
 
 
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