Il percorso di verità, con il rigore storico, su “Chi ha ucciso Gesù?” di Giuseppe Altamore - di Giovanni Teresi

Il testo “Chi ha ucciso Gesù?” di Giuseppe Altamore, interessante ed esaustivo, attraverso un linguaggio filosofico-religioso pone il lettore a chiarire l’iter storico dall’antigiudaismo all’antisemitismo.

Lungo un doloroso viaggio attraverso i secoli, l’Autore racconta come un messaggio sbagliato abbia potuto incidere profondamente nelle coscienze costringendo gli ebrei a vivere, senza diritti, nei ghetti, fino all’eliminazione fisica.

L’intervista di Giuseppe Altamore al teologo Paolo De Benedetti “Dialogo fra cristiani e giudei: come non si fa un’intervista” (pubblicato sul mensile Vita pastorale) ha cercato di orientare il lettore a farsi una propria opinione sulla base di dati di fatto e non di una ideologia precostituita specialmente su questioni culturali e spirituali.

I legami tra l’antigiudaismo e l’antisemitismo sono più intimi delle alleanze sostanzialmente politiche e riguardano l’antico rifiuto della Chiesa ad accettare l’uguaglianza degli ebrei, cioè la loro partecipazione a ogni genere di potere. Su questa si reggeva nei secoli la tradizionale convivenza tra minoranza ebraica e società cristiana. E sempre in nome di questa tradizione che la Chiesa prese a considerare l’emancipazione come un rovesciamento della condanna degli ebrei a vivere da servi, e quindi a combatterla. Si scoprì così che la semina dell’odio, sempre secondo l’Autore, è opera di santi e padri della Chiesa, forse vittime dello spirito dell’epoca, “come oggi la stessa Chiesa riconosce con la svolta del Concilio Vaticano II (1962- 64) e la dichiarazione Nostra aetate (28 ottobre 1965)” che ha cancellato l’accusa di deicidio e riabilitato il popolo ebraico, ancora depositario delle antiche promesse e dell’Alleanza.

Negli ebrei emancipati e lontani dalla religione la Chiesa vedeva un tramite privilegiato di secolarizzazione, quando non di ateismo. Così, a partire dal 1870, e dalla perdita del potere temporale, la battaglia della Chiesa cattolica contro gli ebrei si inasprì e assunse forme che consentono di catalogarla sotto l’etichetta di “antisemitismo”.

Attraverso l’attenta lettura del testo, il metodo del Nostro consiste nel non fare passare sotto silenzio o minimizzare la serie di obiezioni a ciò che egli si propone di dimostrare; ed è il caso delle poche ed evasive righe dedicate al giudizio su Cristo presente nel Talmud.

Così, non solo esistono sostanziali differenze di fondo fra cristiani e giudei, ma anche che i cristiani sono solo dei giudei che si sono scordati d’essere tali: il tutto citando il celebre aforisma di sant’Agostino: “Siamo tutti ebrei”ma guardandosi bene dallo spiegare il reale significato che non è affatto quello che viene sottinteso dal Nostro. Basti dire che “sant’Agostino giustifica l’antisemitismo perché i giudei che uccisero Cristo sono paragonabili a Caino che uccise Abele”.

L’antisemitismo si è manifestato in forme nuove che si adattano ai tempi; ed è innestato in una terribile spirale che vede gli ebrei passare in un percorso minato attraverso conversioni forzate, discriminazione, segregazione, espulsioni e pogrom, fino ad arrivare alla Shoah.

 Per i paesi europei, sconvolti dalla guerra e inclini a vedere nella Shoah solo uno dei tanti terribili aspetti, ci vollero almeno quindici anni prima che si dichiarassero contro ogni forma di antisemitismo. Il ruolo della Chiesa fu di rivedere radicalmente il rapporto con l’ebraismo e di iniziare un’opera di insegnamento del rispetto che sostituisse quello del disprezzo di cui si cominciavano ad additare i rapporti con la tragedia della Shoah.

 È del 1959,sotto  il pontificato di Giovanni XXIII, la cancellazione della liturgia dell’espressione tradizionale perfidis judais. Un passo fondamentale è stato compiuto dal Concilio Vaticano II e in particolare dalla dichiarazione Nostra aetate (approvata dal Concilio sotto il pontificato di Paolo VI nel 1965) che riguardava i rapporti con tutte le religioni non cristiane, dedicato all’ebraismo, e presentava un carattere fortemente innovativo.

Infine, Giuseppe Altamore, dopo aver messo in dubbio che il cristianesimo sia davvero una nuova religione, e non una sorta di ampliamento del giudaismo, insomma che il cristianesimo sia anche, come aveva osservato Hans Küng – anche ebraismo, arriva alla conclusione che Israele siamo noi. Così, l’Autore vuol farci credere che quella giudaica e quella cristiana non sono due alleanze distinte, ma la stessa alleanza e che ricevendo “il Battesimo” i cattolici contraggono un doppio impegno: quello di servire La Chiesa di Cristo e il Dio d’Israele.

“Bisogna sempre gettare ponti e mai alzare muri – come dice Papa Bergoglio – Non resta che una cosa da fare concentrarsi sulla fede di Gesù che è la stessa dei giudei”.

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