IL NIHIL DELLA SOCIETA' DELLO SPETTACOLO DEL NIHIL

Chi si cimentasse per qualsiasi motivo tanto nella pratica giornalistica quanto in quella più ampia e generica dell’informazione con la ‘i’ maiuscola si troverebbe dinnanzi ad un compito che definire gravoso sarebbe sottacerne la reale portata. Difatti egli od ella si troverebbe di fatto difronte ad un bivio di non facile soluzione. Da una parte si prospetterebbe la ‘via maestra’ – chiamiamola così per pura comodità – dell’informazione, della stesura, del redigere, dell’elaborare del materiale, ecc. ecc., secondo i canoni che vanno per la maggiore e cioè quelli politicamente corretti, del cosiddetto mainstream, ben prezzolato, generoso nell’elargire a destra e manca laute prebende, oppure, la seconda via, quella alternativa – una soluzione certa per rendersi la vita scomoda quanto basta[1] – la quale consiste di trovare, proporre, indicare, seminare congetture, le quali diano una visione d’insieme meno banale, meno scontata, meno soporifera, meno stantia, meno agiografica insomma di quanto viene dato a vedere col primo tipo di informazione.

A questo proposito si potrebbe essere relativamente certi senza rischiare di scadere in un sociologismo d’accatto che la massiccia, incredibile, perdita di lettori che ha piagato almeno dallo scorso decennio e continua, imperterrita, a piagare le vendite della carta stampata ‘colta’ (si fa per dire…) sia sì da imputare a quella parte – certo non trascurabile numericamente - di lettori che sono scaduti, sono andati alla deriva, verso una raccolta d’informazioni più a basso livello, più spicciole, più stringate, più epidermiche [e qui la pletora immane di instant-info presenti sulla rete, caratterizzate quasi per la loro totalità dalla icasticità insita nei post di Twitter oppure ancora più semplicemente dal vero e proprio sbarramento di lemmi peculiare non solo a Facebook ma anche ed addirittura ai semplici commenti da apporre in calce ad un qualsiasi articolo che so io, di “laRepubblica” online o di altre corazzate dell’informazione nazionale….; da non dimenticare che in tempi di crisi strisciante ancorché negata da tali corazzate la (pseudo) informazione (apparentemente)  gratuita alletta e non poco la massa a rifornirsi[2], ad abbeverarsi, presso tali fonti (avvelenate)] ma anche ad una fetta di lettori non così tanto minoritaria che sono andati rilevando negli anni recenti la pressoché totale inconsistenza informativa proveniente da queste cosiddette ‘corazzate’ mediatiche.

A tal proposito basterà confrontarsi con un responsabile qualsiasi di una buona libreria – non un mero spaccio più o meno all’ingrosso di libri - per avere la conferma che se da un verso una maggioranza di persone non mettono nemmeno piede in libreria, dall’altro, un’esigua minoranza è bulimicamente affamata di buoni testi che cantino, soprattutto, al di fuori del coro, della claque ricorrente quanto pedissequa.

La seconda strada ci piacerebbe e verrebbe naturale farlo, definirla quale ‘cultura alternativa’ se non fosse che tale termine ci porterebbe a quelle reminiscenze negli ambiti della cultura underground, di marca sessantottina, che fu tutt’altro che ‘alternativa’ al Potere a dispetto della sua nomea; piuttosto le si attaglia in maniera più confacente il termine ‘altervista’, vista altra per modo di dire, facendo il verso ovviamente ad un noto provider che alberga gratuitamente svariatissimi siti di informazione, di blog più o meno personali, che hanno l’ardire di voler contraddire le verità ufficiali propalate dai media mainstream, sorta di neo Uffici della Verità che ci ricordano la vetrioleggiante satira orwelliana.

Soprattutto verrebbe da pensare a quella branca della controinformazione che tambureggia pesantemente sul tasto del sensazionalismo pirotecnico – David Icke ne incarna il caso più sfolgorante – delle ‘trovate’ le quali ricevono un immane plauso da schiere di menti modernamente messe all’ammasso quindi facilmente ‘eccitabili’ – per prendere a prestito un linguaggio elettrotecnico – soddisfatte solamente ed unicamente per essere o meglio, ritenersi, ‘controcorrente’. Per non parlare di quella schiera della controinformazione dedita ad una sorta di decrittazione della simbologia o numerologia la quale costituisce per le tante misteriose propensioni dell’animo umano a far profonda presa si chi si vuol adagiare su un fondale di pensiero alternativo facile-facile, mirabolante, suggestivo, incantatorio. Mi riferisco a coloro che ‘spiegano’ o cercano di farlo, attraverso la decodifica di certi segni visibili, quali, facciamo solo un esempio, il numero civico in cui si sequestrò quel politico, quindi il significato astrale del giorno in cui successe l’evento, la presenza di un certo tipo di fiori lasciati sul luogo del delitto o dell’avvenimento e via di seguito in una sequela di concatenazioni che vanno ad assomigliare tanto ai rebus enigmistici qui finalmente rivelati e soddisfatti.

Honni soit qui mal y pense ci verrebbe da chiosare: tutti questi approcci appena citati di certo prestano il fianco alla perfezione per gettar fermo discredito su ‘tutto’ l’ambito del pensiero controinformativo, tanto che si pone oggi come oggi l’imbarazzo per ogni sortita controinformativa anche il semplicemente citare testi, articoli, siti, blog, dossier, fanzine che siano in qualche modo riferite o che portino ai termini complotto, Illuminati, cospirazione, Bilderberg, Trilaterale, Tavistock, dietrologie d’ogni risma, Pugwash,’11 settembre’ e chi più ne ha più ne metta.

Non vorremmo che gli approcci di cui sopra siano in ultima ratio tanto utili al Potere Opaco quanto furono utili I protocolli dei Savi di Sion oppure le ‘clamorose’ (?) rivelazioni di Léo Taxil in fatto di Massoneria. Tutto sarebbe possibile. Del resto non è una fola che i Servizi di tutto il mondo operano almeno almeno secondo uno schema principale di informazione/controinformazione, spionaggio/controspionaggio.

Cosa c’è di meglio che dire da parte di Sempronio che Caio pensa di Tizio che è un imbecille così Tizio se la prende con Caio mentre Sempronio sa perfettamente che è un falso?

Così va, se vi pare, il ‘Mondo’ (di Sotto, di Mezzo e di Sopra).[3]

Quindi per tornare a bomba con l’assunto primigenio con cui siamo partiti - il ‘bivio’ - sul come fare informazione diventa sempre più impervio: da un verso la congerie di cose scontate, dall’altra, un appuntire le sommità delle matite, un mettere i puntini sulle ‘i’, un sottolineare, che talvolta finisce di far indossare i panni del rodomonte a chi firma gli articoli, i pamphlet, i saggi, causa approcci strampalati alla questione.

Una stretta via in seno alla controinformazione è invero percorsa da coloro i quali hanno a cuore un tipo di disvelamento, d’illustrazione della storia o perlomeno della cronaca contemporanea, che si basa su quello che noi chiamiamo il taglio ‘geopolitico’. Insomma, la chiave di volta per costoro è il ‘cui prodest’: a chi giova alla fin dei conti tale mossa? Tale invasione bellica? Tale rivoluzione più o meno ‘colorata’? Quella conquista di quell’oleodotto? Quel tradimento? Quel passaggio di fronte? Questo attentato? Quell’annessione di quel territorio? E via di seguito così.

È sicuramente, inconfutabilmente, una chiave di lettura che ha un senso, una sua pregnante logica. Segui il denaro, come tu seguissi il filo d’Arianna di un labirinto, sembrano dire costoro, e scoprirai tutto e tutti; chi e perché; come e quando; dove e l’istante…

Infatti una pletora non di poco conto numericamente  di saggi, blog, autori, pamhplet, redatti in italiano, si è via via ‘affacciata’ alla ribalta (si fa per dire: in questi ambiti, con rarissime eccezioni, si parla sempre di Cultura Silenziata, ‘anecoica’, che gode di scarsissimo richiamo, con un’audience che definir esigua è dir poco…) della scena della controinformazione, quando solo a fine degli anni Ottanta, in Italia, s’era costretti a rivolgersi che so io, alle Éditions de Chiré, piccola casa editrice francese onde reperire saggi seminali di Henry Coston[4] e/o del suo ‘allievo’ Yann Moncomble per allargare la propria visuale prospettica, o in lingua inglese, i famosi testi del professore Anthony Sutton.

Questo tipo di impostazione solletica in maniera cospicua una fetta di aficionados della questione che in termini prosaici si può deliberatamente etichettare come quella del ‘borsellino’, del tornaconto spicciolo quanto evidente, il tutto unito talvolta last but not least, ad una sorta di lubrico interesse verso tutto quello che concerne sette segrete (vedi appunto il lavorio svolto da Sutton sulla ‘Skull and Bones’ di Yale), dietrologia, congiurati, massoni, iniziati, esoterismo, occultismo, clan di ogni genere e tutte le annesse e connesse mirabilia del caso.

La controinformazione di cui sopra benché abbia di certo il merito indiscusso di ‘allargare l’area di coscienza’ intellettuale si scontra col suo limite, come dire?, ‘fisiologico’: quella d’essere un’analisi esclusivamente basata sulla ricerca e sull’individuazione del mero tornaconto, così finisce più di una volta per parafrasare campagne stampa prettamente mainstream come ad esempio quella notissima iniziata da Rizza e da Stella dalle dubbie pagine de “Il Corriere della Sera” a proposito della polemica sulla casta politica: polemica che ha sempre omesso che pur malversando, pur corrotta, pur prezzolata, la classe politica è comunque eletta per suffragio popolare quando le élites le quali presiedono il mostro molochiano europoide non lo sono, come non lo sono i loro consigliori, chiamati appunto da questa stessa stampa mainstream, ‘governi tecnici’.

Non è solo questo il suo limite. Un altro viene dal fatto che la conta dello spessore del borsello è conta da occhio d’antiquario, per toglier le parole di bocca a Marx. A certi livelli, al livello degli Alti Gradi, nei loggionati di altissimo livello, il denaro non conta più nulla giacché ce ne è a josa. Un esempio tra i tanti? Quando le edizioni Adelphi tempo fa corsero il serio rischio di passar di mano da una holding ad un’altra, quest’ultima sotto l’egida para-berlusconiana, esse profusero denari in abundantia, cosa più unica che rara nelle condizioni miserevoli in cui versa la quasi totalità dell’editoria ai giorni nostri. Il denaro non è un problema a certi livelli (ce ne è per generazioni e generazioni successive a quelle di quello che un tempo si chiamava il ‘padronato’): quello che conta è il ‘senso’ della cosa, i fini ultimi. Ebbene è proprio il ‘senso di quella cosa’, i fini ultimi, che sfuggono sempre a questo tipo di analisi, di approccio: è come se vedessero un film attuale, attualissimo, indossando le lenti deformanti della visione 3d ma con un’ulteriore visione, prospettiva, che è destinata a non svelarsi mai a loro. Per costoro la parola escatologia è stata espunta dal vocabolario; la pagina che la riportava strappata di forza dal vocabolario.

Non da ultimo, per alcuni di loro, come si diceva, la fascinazione del coté misterico, trito e ritrito, il quale certamente esiste ma non esiste per esser spiegato, chiosato, come essi intendono, li rende tali e quali la canea di Pavlov: accendi la lucetta tale - ‘cospirazione’ - e si abbaia in un modo, accendi l’altra lucetta - ‘illuminati’ - e si abbaia di nuovo in un’altra guisa. Tutto qui.

Vogliamo qui ricordare che non un quidam ma niente di meno che James Jesus Angleton, capo in testa dell’intelligence statunitense, si sconvolse letteralmente la mente, fino a precipitare in un delirium tremens neurotico, per non riuscir a svelare la vera identità della talpa in seno al milieu  e cioè Kim Philphy, quando in realtà quest’ultimo era intimo di Angleton:[5] quindi in primis ogni scimmiottamento su base amatoriale, casalinga, domestica, dilettantesca, delle capacità di analisi di un Servizio è semplicemente risibile e ridicola; in seconda istanza, l’escatologia dei Pianeti dei Misteri, il Mondo dei Servizi, nega a essa stessa la soluzione finale in quanto è solo e soltanto la Mistificazione.[6]

Cosa si può dedurre da questa disamina dunque?

Niente di più che la maggior cautela possibile (nel vagliare, analizzare, cose, dati, avvenimenti, informazioni) unita saldamente ad un’onestà intellettuale (quando si effettua la sintesi e soprattutto quando la si espone): non da ultimo una sincera professione di fede attestante che nessuno – a parte Lui, Nostro Signore Gesù Cristo – ha la Verità né in tasca, né in nessun’altra saccoccia recondita.

Il compito (umilissimo) di tutti noi, ogni per quanto gli concerne, da suo pari, può e dovrebbe portar testimonianza di Fede anche e soprattutto quando si accinge ad indicare questa o quell’altra causa quali origini di questo o quell’altro ‘scenario’.

Cautela si addice vieppiù in quanto decifrare, decatalogare dalle rubriche del dejà vu, discernere, è impresa ardua per tutti.

Un esempio tra i tanti lo vogliamo fare? Furio Jesi, un intellettuale assai dotato, il quale esordì giovanissimo nella scena culturale nazionale e non, germanista, sorta di filosofo, con esperienze d’archeologia e via dicendo, venne alla ribalta per un deciso penchant sinistrorso, pan-illuminista, iper-razionale, agnostico, il quale gli fece prendere di mira in maniera precipua certi stilemi della cultura di Destra, tipo il concetto di Patria, di Suolo, di Famiglia. Ebbene a fine anni Ottanta un lungo articolo apparso su “Studi Cattolici”[7] a firma di un tale Gianandrea Torre (forse potrebbe essere un nom de plume dietro cui si cela un’argutissima penna) lo smascherò in una maniera così decisa che lo Jesi apparve nudo reciso da ogni velo: egli era realiter un vero e proprio adepto della più bieca misteriologia, fortemente debitore verso il pensiero esoterico ed iniziatico.

Esempio granitico e cristallino che ciò che appare di primo acchito non è per forza la chiave di lettura né giusta né finale né veramente attinente al vero cuore del soggetto.

Infatti è (purtroppo) assai tipico riscontrare nelle manifestazioni degli adepti della Mistificazione un vero e proprio gioco degli specchi, volto a sfasciare ogni Logica, ogni traccia perseguibile con senno.

Anzi, proprio per innalzare sempre di più un labirinto, senza via d’uscita, costoro additano uno scenario, un mondo, colpevole di chissà quali orrori, quali nefandezze, quali peccati, mentre in cuor loro auspicano proprio quegli orrori, quelle nefandezze, quei peccati, agiti e compiuti sulla propria pelle.

Prendiamo Pier Paolo Pasolini. In quello che i nefandi corifei del Pensiero Unico Dominante hanno da sempre eletto come la pietra angolare, la summa atheologica di P.P.P., cioè il film Salò o le 120 giornate di Sodoma, notoriamente questo autore ascrive apoditticamente al Male Assoluto, il Fascismo nella fattispecie, i più efferati orrori, nefandezze e peccati: insomma tutta la panoplia delle più infime perversioni possibili ed immaginabili.

Lo fa e ciò non è, guarda caso, additato da nessuno degli onusti critici - né quelli cinefili né quelli addetti ai ‘costumi della critica’ – inserendo nella Loggia degli Aguzzini al Potere la figura di un Borghese quale epitome di tutta la società cosiddetta borghese in una parafrasi della realtà che non si sa se è più malevola o più grossier, più falsa che artefatta. È la medesima tecnica e non è un caso, adottata dalla Scuola di Francoforte[8] che ha tuonato sempiternamente contro questo simulacro della Borghesia, quando tale concetto ha sempre contenuto in sé sia, ad esempio,  il farmacista di paese, l’avvocaticchio del borgo come il grande magnate della finanza internazionale, il grande banchiere cosmpolita; ovviamente sia la Scuola di Francoforte che Pasolini avevano in estrema uggia ed astio il piccolo borghese e non il ‘grande’: la prima riceveva copiosi sovvenzionamenti niente di meno che dalle vette estreme della finanza già allora globalista americana, Fondazione Rockefeller e paraggi consimili, mentre il secondo era con grandissima probabilità il chiaro manutengolo di quell’ala dell’alta borghesia nazionale che finanziò da un canto, la Destra extraparlamentare del tempo come la Sinistra extraparlamentare, in consonanza perfetta col concetto così tanto ‘adorato’ dalle Logge massoniche worldwide: l’unione dei ‘perfetti contrari’.

Un saggio assai rivelatore – l’intervista di Aldo Ravelli, verace deus ex-machina della finanza italiana dal Secondo Dopoguerra concessa al valente giornalista Fabio Tamburini – testimonia inequivocabilmente [Ravelli era un pro-sinistrorso dichiarato] che tale borghesia elargì notevolissimi fondi ai movimenti rivoluzionari di estrema sinistra. Ovviamente nessuno ha sviluppato questa tesi…

Ma torniamo a Salò. Nel romanzo incompiuto pasoliniano che costituisce l’apoteosi di quella sorta di anti-teodicea portato a termine da questo autore – Petrolio – si squaderna l’ultimativa quintessenza che fu il vero centro motore delle sue tematiche: la pratica parossistica, nevrotica, patologica, del coito forzato more ferarum, della fellatio, dell’accoppiamento in vase innaturali, il tutto – si badi bene – intimamente miscelato con una ferocissima, bestiale, anzi oltre-bestiale, dose massiccia di violenza e sopraffazione: vi ricorda qualcosa questo?

Certo. Lo scenario da lui allestito e proiettato in Salò. Tant’è vero che Giuseppe Zigania, uno suo carissimo amico, post mortem pubblicò un notevolissimo studio in cui dimostrò che Pasolini inscenò la sua scomparsa volutamente con quei chiarissimi crismi del tourbillon ostiense pregno di orrori, crimini, nefandezze e peccati capitali. La disamina di Zingania fu talmente pregnante e centrata che fece scatenare l’intera marea sinistrorsa contro di lui sino a costringerlo ad una larvata e sommessa sorta di abiura. Come accade quasi sempre per le verità scomode lo si liquidò presto colla coltre immensa del silenzio distesa su di lui e sul suo prezioso scritto.

Quindi attenti a ‘leggere’ di primo acchito cosa viene trasmesso in termini ‘semplici e chiari’: la chiave di lettura potrebbe esser ben altra. Marx, del resto, da vecchia talpa qual era, lapidariamente usava questa sentenza per definire quando il ‘sogno di una cosa’ si andava invece manifestando come il suo esatto e pervicace contrario: “la forma fenomenica del suo contrario”.

Del resto, per restare a ‘casa nostra’, più serenamente che in ‘casa Marx & C.’ noi tutti non possiamo non dirci santagostiniani e quindi rammentarci, tra gli altri suoi lasciti, quando accennava al ruolo delle cosiddette ‘potenze dell’Aria’: i ‘lasciti’ di Jesi come quelli di Pasolini sono veridicamente a carattere infernale.

Lasciamo P.P.P. - questo nume del nichilismo della Modernità - con un’ultima analisi. Nel video disponibile sul solito youtube[9], che è poi una sorta di sintesi di quanto scrisse Pasolini nei suoi Scritti corsari questa esposizione a forma fenomenica del suo contrario appare prepotentemente posta in essere. Infatti si è inizialmente sorpresi assai vedere e sentire Pasolini prendere le difese a spada tratta degli anti-abortisti, in una souplesse anti-sinistroide, ma poco dopo, con uno scatto, si incomincia a capire dove davvero stia puntando l’autore: verso l’inferno dissolutorio del Pensiero tutto. Pasolini fu l’erede in salsa cinematografica di Nietzsche.

Difatti per Pasolini la liberatoria per la pratica abortiva rappresentava il via libera, la luce verde, per una messa in atto della sessualità a carattere eterosessuale giacché non avrebbe più temuto la spada di Damocle della prole, del generare figli con tutto il carico di responsabilità che ne consegue. Ciò era visto da Pasolini come un autentico ‘orrore’, un katechon rovesciato – invertito -  una diga che non lasciava erompere la sessualità da lui auspicata: quella omosessuale. Impressionante l’apertissima constatazione da parte di Pasolini che la pornologia omosessuale dovesse esser un tutt’uno con un presunto ‘salutismo’ di una ideologia sociale informata dall’eugenetica depopolazionista, denatalista: qualcuno vi scorge un’assonanza coll’ideologia razzista sia del Terzo Reich che dell’eugenetica ango-americana dei vari Russell. Huxley, Toynbee, Churchill Houston Stewart Chamberlain?

Noi sì, di certo.

Ecco di nuovo, come nel caso di Jesi, la forma fenomenica del suo contrario: si addita la Luna del Fascismo, l’Astro della Borghesia, i Mali Assoluti, ma si vuol veder concretizzare de facto tutto quello che il dito accusatorio cela: orrori, crimini, nefandezze[10] e peccati capitali di cui ci si sollazza, ci si immerge consapevolmente e di cui si vuol addirittura una menzione speciale.

Andiamo a concludere con un altro, ennesimo, bizzarro personaggio: Furio Colombo. La ciliegina sulla torta (si fa aperdire…). Egli ebbe una buona stella dalla sua parte sin da giovanissimo tanto che ciò gli permise di gravitare nei giri che contano della RAI[11] – notoriamente giri ben retribuiti assai – e spaziare addirittura in un ruolo cinematografico in un film dedicato a Mattei (il che ci pare una sorta di contraddizione geopolitico/culturale visto e considerato che Mattei fu filo-arabo mentre Colombo è un fervente della ‘Stella a Sei Punte’). La sua figura capita a proposito qui, considerato che fu lui che raccolse l’ultima intervista rilasciata da Pasolini prima della sua tragica scomparsa. Autore che non si può neanche definire prolifico tanto è la sua produzione: vasta è dir poco. La sua stella personale porta le stimmate del win-win: la sua scalata agli empirei della Cultura (sic!) cosmopolita ebbe dell’inarrestabile: tanto per dire fu presidente della FIAT USA quando la FIAT non aveva punto da fare negli Stati Uniti[12] nonché, successivamente, ‘rettore magnifico’ dell’Istituto di Cultura Italiana a New York. Non finisce qua: Colombo fu parlamentare PDS, niente di meno che direttore de “L’Unità”, distinguendosi in un patologico, nevrastenico, isterico antiberlusconismo d’accatto, grossier a più non posso, stile il toro che si lancia sempre e comunque sulla muleta anche senza bisogno alcuno effettivo. Sicuramente un uomo ‘informato dei fatti’: lo dimostra il suo libello, misconosciuto, Il Dio d’America. Religione, ribellione e Nuova Destra edito per i tipi di Mondadori nel lontano 1983. Chi avesse avuto l’accortezza di scartabellarlo avrebbe avuto a fuoco, otticamente, lo scenario che si appresterà con estrema precisione nell’orizzonte politico economico americano nei decenni successivi con la presa di potere del movimento neo conservatore o neo-con che dir si voglia.

Ma il motivo per cui lo tiriamo in ballo è una ‘serie’ di romanzi – si badi bene – usciti per Mondadori sotto pseudonimo – quello di Marc Saudade.[13] Di nuovo qui si ripropone la tematica indiziaria che porta ad indicare congreghe della ‘buona società’, quali in teoria dovrebbero essere le Associazioni Governative con Scopi Umanitari[14] responsabili di perpetrare crimini orrendi, nefandezze, orrori indicibili, peccati capitali.

A questo proposito Maurizio Blondet ne dette conto in un mirabile capitolo del suo Gli ‘Adelphi’ della dissoluzione’. Strategie del potere iniziatico in cui ci racconta – seduto in un bar nell’amena cittadina tedesca, termale, di Wiesbaden - proprio di questi romanzi. Il dito accusatorio del Saudade alias Colombo pare essere puntato verso una ridda di satanici omosessuali di Destra celati dentro tali organizzazioni: anche qui emerge prepotentemente la capacità visionaria, anticipatrice, insita in questi scritti, tenuto conto di quanto si è andato denunciando mesi e mesi fa a proposito appunto di alcune Associazioni Governative operanti nel Terzo Mondo: solo ed esclusivamente capacità divinatorie?

Se fosse questa la spiegazione o un’altra od addirittura altre non ci è dato di sapere (anche e soprattutto per i motivi lungamente esposti qui): di certo c’è che né le supposte capacità divinatorie né le eventuali entrature che gli permisero di essere a conoscenza di quello che stava accadendo e di quello che sarebbe accaduto non ha fatto mettere nero su bianco quanto stava facendo quel vero e proprio mostro umano che risponde al nome di Jimmy Savile, in vari e vari decenni di quell’epoca, in Inghilterra; sarà stato perché Savile[15] era un lib-lab, un politicamente ultra-corretto, insomma un autentico ‘progressista’?

Ai lettori l’ardua sentenza.

 

 

 

[1] Non entriamo nel merito della famigerata e famosa ‘questione’ che risponde al nome di Robert Faurisson ma è senza tema di smentita che sostenere teorie ed idee contrarie alla vulgata corrente del P.U.D. – il Pensiero Unico Dominante – non è posizione affatto priva di rischi, ammende, pene, persecuzioni, dileggiamenti et cetera et cetera. Ad esempio è di poche settimane fa che la rivista online www.tablemag.con, sorta di “il Manifesto” in versione ‘stella a sei punte’, riporta con malcelata soddisfazione la pronuncia dell’Alta Corte francese la quale statuisce la legittimità di appellare Faurisson con l’epiteto di ‘bugiardo professionale’ nonché di falsificatore della storia’, cfr. Paul Berman, The Grand Theorist of Holocaust Denial, Robert Faurisson nel sito citato poc’anzi. Per non parlare del caso di David Irving. Al di là di che abbia torto o ragione, vorremmo rilevare che la libertà di opinioni, di espressioni, procede invero a scartamento ridotto: chi è d’accordo col Potere Opaco può esprimere tutto e più di tutto, chi no, può esprimersi solo essendone censurato e limitato.

[2] Già il verbo rifornirsi la dice lunga sulla qualità intrinseca di questo tipo di informazione; non per nulla in certi software bluetooth in dotazione a certe automobili si menziona la parola infotainment che sta a significare un coacervo di intrattenimento e informazione, autentico ossimoro in pratica: da sempre informarsi vuol dire crescere e la crescita non avviene mai senza fatica, un qual che di dolore, di impegno.

[3] Un caro conoscente della Capitale ci ha recentemente fatto dono prezioso di un volume che è sotto nostro studio al momento attuale e che risponde al titolo Un manuale per conoscere la Massoneria a firma del valentissimo Padre Paolo M. Siano, FI, per i tipi della Casa Mariana Editrice fa chiaramente capire, riportando parola dopo parola lacerti da una congerie vastissima di documenti massonici, che gli anatemi punitivi riservati a chi tradisce la ‘Vedova’ sono tali e quali, la coincidenza millimetrica è impressionante, a quelli messi in atto sia da associazioni criminali organizzate che dai Servizi, segno inequivocabile della condivisione della stesse ‘basi iniziatiche/esoteriche’. Quindi Mondo di Sotto, di Mezzo e di Sopra –, è cronaca ‘romana’ recente, sono la stessa, identica, cosa.

[4] Pure Coston pagò coll’imprigionamento il diffondere delle sue idee; Gary Webb fu messo così in corner tanto da esser spinto a suicidarsi (o quello che apparve un suicidio); più recentemente il coraggiosissimo giornalista tedesco Udo Ulfkotte è morto prematuramente – solo, isolato, reduce da diversi attacchi cardiaci – dopo aver denunciato pubblicamente il fatto che gran parte dei soloni dei media mainstream germanici fossero de facto al soldo degli apparati d’intelligence statunitensi, tanto da arrivare a far pubblicare articoli scritti di sana pianta dai Servizi colla sola firma apposta in calce del giornalista prezzolato, cfr. questo interessante video: https://www.rt.com/news/196984-german-journlaist-cia-pressure/. Uno dei suoi principali libri uscì in lingua inglese ed è tutt’ora introvabile a meno di non pagarlo centinaia e centinaia di euro essendo stato misteriosamente raccolto ovunque e fatto sparire dal mercato, salvo, appunto, poche copie. La versione disponibile è solo quella in lingua tedesca.

[5] Devo a Roberto Buffagni - fine pensatore - autore teatrale di lungo corso, e contributore della rivista online “Il Covile”, questa riflessione.

[6] Adelphi insegna (purtroppo!): ne L’eremita di Pechino è sottolineato chiaramente che solo gli stolti – vado a braccio – credono che dietro ogni mistificazione si celi un mistero quando in realtà il mistero ultimo è soltanto la Mistificazione grandiosa!

[7] Riproposto negli anni Duemila dalla rivista online “Il Covile” nel volume digitale collettaneo AA.VV., Figure adelphiane. Cristina Campo, Furio Jesi, Jacob Taubes, Simone Weil, collana I Sei Pollici.

[8] Cfr. il volume collettaneo La personalità autoritaria, ‘massima’ (sic!) espressione dell’idiozia ideologica francofortese.

[9]

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[10] In altri scritti avevamo ‘radiografato’ la terribile figura di Mario Mieli, saltimbanco/capostipite di una formazione di ‘liberazione omosessuale’ ante-litteram come il F.U.O.R.I.: l’attrazione ‘magnetica’ verso le deiezioni umane assume in questo soggetto delle ‘vette’ inaudite, tipicamente riscontrabili nelle pratiche delle Via della Mano Sinistra. Non c’è purtroppo da sorprendersi più di tanto: è cosa ‘comune’ in certi ambiti. Il duo artistico (?) quotatissimo – Gilbert & George – fecero fortuna rappresentando le ‘fatte dell’umano’ in prestigiose gallerie d’arte (?) come quella di Gian Enzo Sperone. In sintesi: quando l’Intero Universo della Civiltà e del Nomos costruito dall’antica Grecia, la parte sana di essa, sino all’avvento dell’Occidente – la sua parte sana -viene decostruito, dismesso, dimidiato, dall’Opera al Nero del Nichilismo Sovrano quello che resta in mano ultimativamente è solo una boite à merde. Mario Mieli insegna!

[11] In particolare nel Gruppo 63 che vide militarvi pure Umberto Eco, Alberto Arbasino ed Enrico Filippini. Fu quest’ultimo a ‘svelare’ che dietro a Saudade si celasse in realtà Colombo.

[12] In ciò ravvisiamo una similarità con la vicenda di Aurelio Peccei, plenipotenziario FIAT in Cina, quando, appunto, la FIAT all’apparenza non aveva nulla da fare in Cina (la Cina dell’epoca era quella della liaison Mao-Kissinger: tenuto conto dell’intimo legame tra Gianni Agnelli e Kissinger forse fu questa la leva della presenza di Peccei là?). Peccei fu un ‘profeta’ della feroce ideologia denatalista/ecologica/sterminatrice  (aborto docet!) avendo patrocinato col tramite del suo Club di Roma il famoso rapporto I limiti dello sviluppo del M.I.T. statunitense, vero e proprio manifesto nihilista della cronaca contemporanea. Molto curiosamente un serio e profondo studioso della galassia Agnelli a cui ha dedicato svariati tomi – Gigi Moncalvo, boicottato ed ignorato dai più – non nomina quasi mai Colombo nell’éntourage dell’Avvocato… chissà come mai?

[13] Bersagli mobili del 1983, L’ambasciatore di Panama, 1985, e El Centro, 1987: alcuni di questi sono introvabili se non a caro prezzo. Questi romanzi sono un’estensione in realtà di un suo precedente lavoro apparso per Garzanti nel 1976 – Agenti segreti -: serie di racconti brevi incentrati sulla ripetizione di cliché narrativi ‘magnetici’, ossessivi, ‘incantatori’ ove spesso e volentieri un singolo od una coppia professionalmente ineccepibile si trovano apparentemente per caso coinvolti in loschi giri a base di una mélange composta da terrorismo, sadismo, sfruttamento sessuale, commerci illeciti di varia natura, agenzie spionistiche.

[14] Questa titolazione ci ricorda forse qualcosa ai giorni nostri? Le varie ONG responsabili della deportazione in massa di immigrati…

[15] Jimmy Savile, inglese di nascita, è stato forse il più noto disc-jockey della pop music dalla sua genesi sino alla sua scomparsa avvenuta pochi anni fa. Quando diciamo noto intendiamo che era di casa niente di meno che alla BBC come nella Real Casa britannica. Alla sua scomparsa – come ad un segnale convenuto – si è ‘magicamente’ tolto il coperchio all’immondo vaso di Pandora che la questione Savile mascherava. Infatti Savile è stato – lo provano rapporti svariati delle forze dell’ordine inglese come diversi studi apparsi da parte di giornalisti investigativi – uno stupratore seriale per decenni, lo ripetiamo: per decenni!, accanendosi infernalmente, diabolicamente – a chiave anche e soprattutto omosessuale - pur su minorenni quanto addirittura su infermi. Nessuno ha mai parlato. Ha goduto della stessa identica rete protettiva parlamentare, giornalistica, giuridica, poliziesca, che protesse saldamente Marc Dutroux in Belgio, che si operò alla stessa Oeuvre au Noir di Savile. Aspettiamo ancora fiduciosi, che un Travaglio, che so io, uno Scalfari, anche uno Scalfarotto, un Sorrentino, un Furio Colombo?, un Walter Siti?, Umberto eco quando fu in vita, un chiccosissimo Alberto Arbasino? nostrani dicano qualcosa a proposito: eh no, ci correggerà qualcuno, e…erano e sono impegnati a biasimare il Satrapo di Arcore per via dei suoi festini eterosessuali tra persone maggiorenni, consenzienti (Ruby fu minorenne allora anagraficamente parlando ma senza dubbio in età di intendere e volere liberamente!).

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