"Il disagio" di Marcello Veneziani

Fingere, fingere, fingere, e fingeremo. Scusate la parodia, ma devo confessare al Direttore e ai Lettori tutti de La Verità un crescente disagio e una brutta tentazione. Il disagio di scrivere d’attualità e la tentazione di smettere. Mi frena solo l’insopprimibile impulso a scrivere o meglio l’impossibilità di tacere per continuare a vivere ed essere al mondo.
Di che si tratta? Mi sento ogni giorno di più distante, estraneo, schifato dallo scenario interno e internazionale che ci circonda, non ho punti di riferimento e siccome non ho la presunzione di sentirmi superiore a tutto questo, penso di essere io a sbagliare e a doverne trarre le logiche conseguenze. In fondo sono solo un marginale osservatore, uno che guarda da una fessura periferica le cose che accadono, e dunque sarebbe del tutto irrilevante, se non indifferente, continuare a farlo oppure smettere.
Arriva un momento in cui ti accorgi che hai superato la soglia che ti permette di distinguere i soggetti in campo, non dico il bene e il male, ma anche solo il bene minimo oppure il male minore, e perfino il male dal peggio. Finché era al governo interno e mondiale la Cappa con le sue dirette emanazioni, come avevo chiamato tre anni fa quel clima e quel potere che costituiscono l’establishment e il mainstream globale, era relativamente più semplice rivolgere il tuo sguardo critico sul potere interno e internazionale, sulla cultura dominante e le sue ideologie di supporto. Anche con tutte le conseguenze che ne derivano, inclusa l’emarginazione e il silenzio a cui sono ormai abituato. Ma oggi che in Italia governa ormai da tre anni la destra, oggi che negli Stati Uniti c’è Trump, oggi che la situazione internazionale è più controversa e meno uniforme, ci sarebbe da guardare le cose in maniera diversa, vedere profilarsi nuove prospettive, segnali di cambiamento, nutrire aspettative diverse. Invece la cappa perdura e non riesco a vedere nulla di promettente e di diverso rispetto a ieri. Anzi per essere più preciso, quello che è diverso rispetto a ieri non è promettente; tutto il resto prosegue come prima.
Nello scenario internazionale è desolante il ruolo dell’Europa ma non è affatto incoraggiante la politica ingaggiata da Trump; tantomeno puoi riconoscerti nella Russia di Putin o nella Cina. Una sensazione di totale anarchia nella solitudine globale. Trump, oltre la folle tiritera dei dazi, non è riuscito a fermare i conflitti nel mondo, e in questo, certo, una grave colpa è dei suoi interlocutori, da Putin a Netanyau; tutto prosegue, bombe e stragi incluse; e il mondo non fa nulla rispetto ai massacri quotidiani di Gaza da più di venti mesi, alla bestialità di uccidere bambini affamati e assetati, agli attacchi rivolti a tutti i vicini del Medio Oriente. E i primi a difendere tutto questo sono proprio quelli “di destra” o paraggi moderati.
Quanto alla Russia, oltre a sposare il riarmo euro-atlantico e a sostenere con nuovo ardore l’Ucraina, il governo italiano di destra prende le sue misure difensive, chiedendo col ministro della cultura Giuli di non far esibire un direttore d’orchestra russo a Caserta, pericoloso cavallo di Troia di Putin; e preserva la moglie ucraina del ministro Urso, facendole saltare la fila all’aeroporto perché altrimenti potrebbero attaccarla, presumo sempre i russi. Piccoli episodi, per carità, ma piccoli segnali di un modo furbetto di allinearsi al coro o di ripristinare in modo altrettanto furbetto i privileggi del solito, vecchio notabilato politico (lei non sa chi sono io). Ma il quadro complessivo che ne esce è desolante e non concede scampo. Gli avversari, gli oppositori di questo governo, sono forse peggio, comunque non sono migliori, anzi. Non sarebbe una soluzione un governo di sinistra, semmai la continuazione in altri modi della china discendente, magari un gradino più in basso.
Troppe cose non sono cambiate, e mai cambieranno, pur con l’avvento di un governo di destra. Anzi, mi fa ridere la critica rivolta da sinistra a questo governo in quanto sovranista, quando proprio di sovranismo non c‘è traccia. Semmai prosegue la linea del sottanismo, che è il suo esatto contrario e la vera linea di continuità del paese. Ho cercato e ancora cerco di giustificare con il realismo tutto quello che succede. E probabilmente è quella l’unica chiave di sopravvivenza, non solo per chi governa ma anche per chi osserva; ma diventa sempre più difficile attenersi a quello spirito, ingoiare tutto nel nome di questo. E la persistente, invincibile simpatia che proviamo per la premier, il riconoscimento delle sue abilità e del suo impegno, ci porta ancora a ripetere, come un atto di fede incrollabile: meglio lei che gli altri. Però non si va oltre.
Quando un realista, un uomo della tradizione, con forti passioni ideali e civili si scopre ogni giorno più estraneo a questo mondo interno e internazionale circostante, senza scampo, si scopre ogni giorno di più ribelle, anarca e autarca, alla fine si chiede: ma possiamo continuare a occuparci di queste cose con questo senso crescente di delusione? E a ogni critica rivolta al governo segue il rifiuto di rilasciare interviste a quei media che vogliono usare la critica “da destra” per attaccare il governo Meloni. Non voglio prestarmi al giochino.
Certo, La Verità è una rara postazione che ti consente di mantenere libertà di giudizio, non ti chiede di adeguarti o tacere, ti lascia la possibilità di esprimere il dissenso. Fuori di qui è decisamente peggio. Quel che avverto può essere anche frutto di un errore di valutazione, di uno stato d’animo, perfino di un’età, anche se mi sento mosso solo da amor del vero.
A questo punto per evitare si vorrebbe scrivere d’altro, occuparsi d’altro, per esempio di libri, di idee, di autori e temi del passato. Ma la cultura oggi è una pippa, poco seguita, poco capita, smorta, e uso la esse iniziale per non esagerare. Alla fine dunque scrivo perché non riesco a tacere, tacere è come morire. Però devo pure avvertire la direzione e i lettori di questa condizione. Se questo mondo non ti piace, è un problema tuo, non del mondo.

La Verità – 18 luglio 2025

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