Giuseppe Barraco, “Granelli di senape” (ed. Thule), racconto e ricordi del nipote Guido Barraco

Nell’anno 1992, in un giorno qualsiasi del mio primo anno di liceo scientifico entra in classe un docente supplente per trascorrere l’ultima ora scolastica. Mi guarda, mi scruta (…francamente ero un po' intimorito) … quando alla fine dell’ora, mentre eravamo già fuori dalla classe pronti ad uscire, mi richiede il mio nome e cognome e mi domanda se fossi nato a Salemi. Risposi di essere nato a Palermo, mentre mio padre e mio nonno erano salemitani. A quel punto, quello “strano” professore mi abbracciò commosso e, con le lacrime agli occhi, mi disse: “Tu sei il nipote di Giuseppe Barraco, il mio maestro di scuola elementare” e cominciò a raccontarmi di quanto era grato a mio nonno, che fu per lui “maestro” di vita e dello spirito con il quale aveva sempre mantenuto un rapporto epistolare e personale fino alla sua morte (il professore citato è uno degli alunni della foto riportata “Salemi 1950. Quarta elementare. Maestro Barraco e i suoi alunni”).
E come lui, tanti altri: alunni, compaesani, familiari ed amici, compatrioti e combattenti delle due grandi guerre e colleghi della Scuola di Dottrina Sociale della Chiesa che ha frequentato in Vaticano all’alba della nascente Repubblica insieme a personalità illustri che fecero la storia dell’Italia nel dopoguerra e anche dopo.
Sguardo profondo e intenso. Un uomo buono e pieno di Amore per Dio, per la Famiglia, per la Patria.
Nato alla fine del 1896 in una famiglia che dovette affrontare tante, forse troppe, vicende drammatiche. Non senza sacrifici economici conseguì prima il diploma di maturità classica e, tornato dal Fronte dopo la Prima guerra mondiale, il diploma magistrale che gli aprì la strada della sua vocazione professionale quella di “Maestro”. E tale fu per i suoi alunni, per i suoi concittadini di Salemi (detta anche la prima “Capitale dell’Italia Unita”) e per quanti lo vollero ascoltare. Insegnante, Maestro, con una “visione” del ruolo della scuola e delle sfide educative della stessa, (nel ricordo di tutti i contatti e gli scambi epistolari con l’allora Ministro della Pubblica Istruzione Gentile).
Medaglia d’Oro al V.M. dell’Ordine dei Cavalieri di Vittorio Veneto, Giuseppe Barraco, partecipò alle Due Grandi Guerre e durante la Prima esattamente “il 10 Giugno del 1916 gli avvennero fatti che lo determinarono a servire il Signore fino all’ultimo momento della vita” come riporta una sua biografia riportata in “Granelli di senape”, raccolta di testi e poesie del maggio 1982 che Edizioni Thule volle pubblicare essendo anche questo un libro connotato da una linea chiara per la libertà e la spiritualità nella cultura, in sintonia con le finalità proprie di questa Casa Editrice fondata da Tommaso Romano.
E così nel corso di tutta la sua esistenza e nelle pagine dei suoi manoscritti (tra i quali <<L’Amore Manca>>, <<LA MIA PATENTE DI INSEGNANTE>>, <<IN MORTE DI UN AGRICOLTORE>>) fu testimone della Presenza dello Spirito di Dio che, anche durante una Guerra Mondiale, può cambiare il cuore e la vita di un uomo di cultura che visse da “uomo vero” quel “pezzo di storia e di società” che il Cielo gli volle affidare. In tanti lo hanno ricordato come una persona che ha vissuto profondamente e concretamente una dimensione di carità solidale che si concretò attraverso tantissime iniziative sociali. Un esempio per tutti: fondò a Salemi la LIBRERIA AUDAX e il Doposcuola DIVINO AMORE anche per sostenere lo sviluppo culturale degli orfani di guerra e di coloro che meritavano un aiuto concreto nel percorso di studi. Fece della sua professione di maestro un servizio a Dio e al prossimo e della sua passione per la scrittura e per la poesia uno strumento di umanizzazione dell’essere.
Dalla Fede in Dio “con cui c’è l’amore, la grazia, la vita” scaturiva la sua fede nell’uomo, nella socialità aperta al divino, che ha permeato la sua opera letteraria. E proprio il manoscritto “Granelli di senape” testé indicato contiene un “programma di vita” personale e sociale che trae dalla Tradizione Cristiana le radici di chi crede in una socialità aperta al divino, di chi intuisce che la “fratellanza” non è il frutto di uno sforzo utopistico ma “…COMUNIONE / Che santa diviene / se Cristo ne forma / UN CORPO SOCIALE”.
In un momento storico in cui il rifiuto degli Ideali e della vita, il materialismo e l’odio sono, pur con nomi e connotati diversi, sono sempre attuali, rileggere le pagine di questo libro edito da Thule aiuta a riscoprire “la strada”, i valori di sempre, le radici indistruttibili per ricominciare a costruire una comunità di persone, ieri come oggi.
 
“Responsabili d’oggi, abolite le leggi
che già da tanti anni per forze maggiori
ci han dato dolori
sociali e solventi
quei beni potenti
di civile union!
Davver solidali
saranno quei tali
che dicono e sono
propensi al perdono!
AMIAMO L’ITALIA?
PACIFICHIAMONE I FIGLI
INCARNAZIONE VIVENTE DELLA PATRIA!!!” (cfr. NATALE E NATALI)
 
Esaltava da una parte l’AMORE SOCIALE, non la lotta di classe in un’epoca in cui il comunismo e il socialismo andavano diffondendo un egualitarismo senza fondamento, e dall’altra il rispetto per il merito e per i ruoli di chi sa e deve esprimere talento e valori nella politica, nella cultura e nella gestione del potere ma sempre al servizio del bene comune. Credeva nella LIBERTA’ e nel CAPITALE al servizio della Società. L’amore per la Tradizione e per la Patria ce lo presenta come un conservatore, e lo è stato! Erano sempre presenti in lui sano equilibrio e sereno ottimismo:
 
“salvar il meglio del passato
santificare il meglio del presente
costruire il meglio del futuro”
 
e ancora
 
“L’amor de la PATRIA non è sempre uguale.
Sarà un orologio. Sarà nuova vita:
mattino mezzogiorno la sera
novella vicenda che segue con l’UOMO
CHE VIVE E MIGLIORA
L’UMANA CONVIVENZA
LA SUA
IN AMORE” (cfr CEMENTO PER LA PATRIA)
 
E ancora in SINDACALITA’ COSTRUTTIVA chiede:
 
“UN ALTRO SINDACATO? Sì!
Quello dell’AMORE SOCIALE!
Ridete?
Il Figlio Prodigo aveva sciupato un capitale.
Or più che noto.
Quando ritorna
offre il suo lavoro interessato
che produrrà quel capitale.
Oh! Non vi pare?
LAVORO GENEROSO E’ CAPITALE”
 
E nella poesia TRIADE UMANA troviamo una splendida e dolcissima sintesi di una visione politica profonda e intrisa di fiducia nei “valori” che rappresentano il capitale e il lavoro per la vita dell’uomo e nella speranza che il riconoscimento degli stessi possano promuovere una nuova pacificazione sociale. Oggi sempre attuale in un momento in cui ancora in tanti (che pur si ritengono liberali) credono che al contrario debba essere lo Stato (e non la creatività umana) attore del progresso economico e sociale dell’uomo e della società; vale la pena rileggerla:
 
Dal Capitale ne verrà Lavoro.
E sempre.
Lavoro ci darà più Capitale.
Or disunire questi due fattori
è danno
perché se uniti han generato
e sempre produrranno
AMOR SOCIALE.
Oh! Deh! Facciamo
Che questa triade umana:
CAPITALE LAVOR AMOR SOCIALE
divenga meta dell’età futura!
Che senza AMOR nessun progresso dura.”
 
Riconoscimenti? Tanti. Ha vinto a Roma il Premio <<Quercia d’Oro>> 1982.  “Accademico d’onore a vita dell’A.I.L.A.S.  di Bologna; premio ex-equo della Società “Ventesimo Secolo”. Due volte Premiato al Premio Borgo – Padre Giacomo Cusmano, etc..
L’amore per vita, per Dio, per la storia e la cultura che ha trasmesso in famiglia e in chi lo conobbe rimangono unici. Indelebili i ricordi nella mente e nel cuore dei suoi nipoti con cui amava trascorrere ore ed ore raccontando fatti vissuti durante le Due Guerre mondiali, leggendo le favole di Esopo con domanda finale sulla morale, organizzando gare sulla grammatica italiana. Da anziano insegnante in pensione, continuò a dedicare gli ultimi anni della sua vita alla scrittura e alla poesia, continuando ad aiutare chi aveva bisogno di lui (come ad esempio il portiere del palazzo in cui abitava, che grazie al suo aiuto conseguì un livello di studio più adeguato).
Un “Gigante”, mio nonno. Grande e piccolo al contempo, perché ha vissuto nella semplicità della vita ordinaria la sua umanità così profondamente permeata di valori e di visio
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